Juggernaut: Trama! (2014, Subsound Records)
Tra i numerosi gruppi che emergono dalle nebbie dell’underground romano, Juggernaut si segnala per particolare talento e originalità, realizzando un album totalmente strumentale, “Trama!”, nel quale attraverso un suono denso, corposo, pieno di arcana fascinazione, ci propone un viaggio riuscito tra diversi, quasi antitetici, linguaggi musicali, e lo fa con cognizione di causa e talento compositivo, realizzando un’opera rock di autentico splendore.
Una piccola gemma, destinata a rimanere tra gli annali della musica di questi anni. Il nome scelto dalla band è esoterico ed impegnativo, e trae origine da leggende ancestrali, riferibili alla tradizione sanscrita, che nella parola Jaggnatha, cioè Signore dell’Universo, raffigura una delle modalità di essere di Krishna, ed indica una forza che può divenire malvagia, potente, irresistibile.
Venendo al progetto culturale sotteso alla tematica di Juggernaut, “Trama!” Si snoda come un vecchio film drammatico, di quelli che negli anni settanta erano considerati di “impegno civile”: tutto parte da un misterioso invito a cena che un giornalista di una testata conservatrice riceve, alla fine degli anni settanta, in una villa appena fuori Milano. Entra, pertanto, con oscuri presentimenti, in una realtà conviviale inquietante, kafkiana, misteriosa, ove un potere occulto e fascinoso dispiega i suoi rituali, sino a svelare un disegno semplice, inclusivo e corruttore, dove il giornalista si smarrisce e perde la sua identità, diventando complice di trame occulte ed eversive. Come in un film di Elio Petri o di Francesco Rosi, il potere è disvelato nella sua cruda, avvolgente, criptica, incomprensibile realtà.
L’ensemble romano esprime queste suggestioni con un suono potente, ipnotico, avvolgente e misterioso, in un crescendo drammatico originale, mescolando abilmente, con spirito sincretistico, e con grande suggestione, atmosfere e suoni cupi ed aspri, ma dotati di un nitore assolutamente inusuali nel nostro panorama underground. C’è rigore compositivo, forte senso di pathos, progressivo straniamento, in uno con una visionarietà che segue passo dopo passo l’affievolimento progressivo dell’io del protagonista, la cui identità si frantuma, il cui giudizio critico si sfalda, abbracciando il rassicurante, avvolgente nuovo potere, fondato sul privilegio e la discriminazione.
Un viaggio nell’incubo, significativo e paradossale, una progressione allucinatoria che musicalmente attinge a piene mani dal “prog” d’avanguardia dei primi King Crimson e degli straordinari, epocali Van Der Graaf Generator, con le loro atmosfere d’incubo ed i loro viaggi gotici e psichedelici nell’abisso dell’animo umano, dal geniale delirio sperimentale dei Neurosis, nonché dalla straordinaria creatività degli Opeth migliori, mirabile mescolanza di stili, attraverso brani che costituiscono contorti percorsi cerebrali, perfettamente in sintonia con l’universo “filmico” che vogliono rappresentare. Il tutto, però, con padronanza ed originalità di linguaggio. Un talento compositivo che, anche a causa delle ripetute citazioni, non ci sembra, però, ancora espresso al massimo delle sue possibilità, pur denotando una profonda conoscenza della molteplicità e della complessità delle culture musicali.
Un gioco di specchi, criptico, labirintico, ossessivo, un crescendo pulsante e drammatico di suoni ancestrali, profondamente avvolgenti, che trovano in un chitarrismo ora inquieto ed intriso di intenso lirismo, ora compatto, convulso ed allucinatorio, l’espressione più efficace.
Come in “Todo modo” o in “Cadaveri Eccellenti”, la realtà viene trasfigurata in un piano di inquietante, ipnotica visionarietà. Ci sembra di vedere la lugubre sequenza di mummie della cripta dei cappuccini dell’incipit di “Cadaveri Eccellenti” di Rosi, autentico presagio di morte, o gli allucinatori, obliqui intrighi del cupo, grottesco ” Todo Modo” di Elio Petri, che sembrò, suo malgrado, anticipare la tragedia di Aldo Moro.
Attraverso i brani di “Trama!” assistiamo, come davanti allo schermo, ai mutamenti dello stato d’animo del protagonista, che cade in una rete massonica da cui non riesce a liberarsi, in un labirintico, malinconico, allucinante percorso di progressiva sottomissione. E’ straordinaria la capacità dei giovani musicisti di realizzare un’opera calandosi efficacemente in una realtà drammatica che essi non hanno direttamente conosciuto, e di trasfigurarla, rendendola adeguata, per atmosfere e pathos, anche ai giorni nostri.
“Via del Serpente 13. Ore 20” l’incipit, su un leggero tema di bossa nova, l’invitato arriva con ansia al palazzo; “Pietra Grezza”, al convivio le presentazioni, le personalità potenti, la trama comincia a disvelarsi, con labirintica inquietudine, con sonorità liriche ed avvolgenti. “Ballo Excelsior”, il potere manifesta la suo avvolgente capacità di seduzione, la rete è già estesa, i potenti, appartenenti alle categorie più disparate, sembrano legati da una indicibile complicità, il suono si fa potente, convulso.
“Egregoro” (concetto spirituale, di radice gnostica, raffigurante una serie di pensieri univoci, atti a raggiungere una determinata finalità, anche maligna), è intensamente drammatica, in una progressione sonora aspra e tumultuosa, che alterna mirabilmente momenti di pacatezza e di furore, la trama si disvela, il potere occulto, attraverso i rituali preposti alla iniziazione, rivela le reali sembianze dei suoi protagonisti; in “Crapula”, ove le sonorità assumono le vesti di una tradizione “prog” fortemente intensa ed emozionale, si raffigura, invece, la arroganza, la volontà di sottomissione, mentre “V.I.T.R.I.O.L.”, si rivela quasi solenne, melodrammatica, intrisa di pathos e di malinconia esistenziale, nella drammatica rappresentazione del cedimento del protagonista, che piega la testa, e si assoggetta a pratiche esoteriche che svuotano la mente in un progressivo, irreversibile percorso di disconoscenza e decostruzione del sé. “Tenet” esprime, invece, con toni inizialmente soffusi, poi via via lancinanti, la dolente consapevolezza dell’ormai avvenuta corruzione, il rimorso, la solitudine, la sensazione dell’irreparabilità.
Le immagini della copertina dell’album sono estremamente originali; nel loro grottesco simbolismo esoterico richiamano la forza ancestrale del potere che assume sembianza ora accattivanti, ora mostruose, e si disvela, nel corso del tempo, nella sua spietata, avvolgente terribilità.
Juggernaut: autentici scultori di suono, viaggiatori interculturali, autori di creazioni autenticamente psichedeliche, nonché evocatori di arcani passaggi d’incubo, che si realizzano negli stilemi di un’avanguardia creativa ed insolita nel nostro paese, mediante rapidi stacchi e differenze di suoni e tonalità, utilizzando modalità metal non invasive e prive di cliché, in un linguaggio “prog” d’avanguardia, che non dimentica la tradizione, ma anzi ne trae forza, autenticità e spessore.
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