Evì Evàn: Rebetiki Diadromi – FuoriLuogo, 2014
Per poter parlare degli Evì Eván è necessario fare una breve premessa su che cosa sia il Rebetiko. Quando e come sia nato è difficile da sintetizzare in poche righe. L’epoca in cui è apparso, se pur vicina non è nota, si suppone che ciò sia avvenuto alla fine del XIX sec. e che Smirne, Costantinopoli, Alessandria, Ermoupoli, Nafplio, Salonicco e la vecchia Atene siano i primi luoghi dove è nato. Di sicuro i kafè-aman dei primi anni del novecento, delle grandi città come Smirne e Costantinopoli, hanno avuto una enorme influenza sulla sua evoluzione.
I profughi della grande immigrazione dall’Asia Minore alla Grecia avvenuta a seguito della Katastrofi del 1922, sono stati i principali diffusori del Rebetiko.
La sua musica è fatta di canzoni semplici nate dalla spontaneità, che parlano della vita di tutti i giorni, di amori maledetti, politica, povertà ed emarginazione, di droga, di prigione e di malavita. I rebeti improvvisavano con voce aspra e roca i loro versi, spesso riferiti a episodi recenti accaduti a famigliari o persone presenti. Si iniziava sempre con un introduzione per uno strumento solo (taxim) di solito il buzuki. Questo permetteva oltre a dimostrare la propria abilità, nella maggior parte dei casi si tratta di musicisti autodidatti, di stimolare il sentimento più adatto all’ascolto. Oltre ad accompagnare il cantante con lo strumento, il rebeta nel pieno coinvolgimento poteva alzarsi ed eseguire una danza, assorto con gli occhi semichiusi cominciava a girare in tondo lentamente cercando l’equilibrio con le braccia aperte. Il contesto di emarginazione, le tematiche trattate nelle canzoni e l’atteggiamento libero e anticonformista, ha fatto sì che i colonnelli e anche i post colonnelli considerassero i rebeti sovversivi e pericolosi, oltre a perseguitarli misero al bando le loro canzoni.
Oggi i rebeti come entità sociale non esistono più, e di conseguenza la sua musica. Rimane una sconfinata ricchezza musicale prodotta soprattutto nel suo periodo d’oro, e uno stile musicale che si offre come ispirazione per le nuove composizioni.
Gli Evì Eván mantengono viva questa tradizione, seguendo il percorso tracciato dal rebetiko arricchendolo con elementi popolari contemporanei. La loro musica è un insieme di pezzi storici e brani originali. Il loro ultimo lavoro Rebetiki Diadromi (Fuori Luogo) racchiude in se già dal titolo l’essenza delle sue tematiche, un percorso di viaggio che parte dai luoghi del rebetiko in cui confluiscono come compagni di strada, musicisti che hanno in comune una profonda passione per questa musica.
Nei tredici brani che compongono “Rebetiki Diadromi” si sono aggiunti cinque straordinari musicisti che hanno arricchito il lavoro grazie alla loro sensibilità.
Vinicio Capossela e Moni Ovadia prestano la loro voce rispettivamente in “Vadizo Kai Paramilo” e “Kai Giati Den Mas To Les”, Daniele Sepe suona il sax soprano in “Tha Xatho Mikri Moy”. Gli altri compagni di viaggio sono Nikos Nikolopoulos all’oud e Sofia Lampropoulou al kanonaki, due strumenti dal suono magico, che ci riportano in asia minore. Merita citare il bellissimo hassapiko fatto su una canzone popolare romana “La stringa”, a conferma di come il rebetiko sia una musica capace di assorbire altri generi e svilupparsi.
Rebetiki Diadromi è un lavoro emozionante, ricco di suoni e colori, che lo rende unico e che sicuramente sa soddisfare gli appassionati di questa musica.
Gli Evi Evàn sono spesso e volentieri sulle scene romane, in piccoli club o sul prestigioso palco dell’Auditorium, come recentemente avvenuto nell’ambito della serata ‘Primavera Musicale Romana’ in cui hanno condiviso il palco con Lavinia Mancusi, vecchia conoscenza di Slowcult insieme alla Takadum Orchestra. Il loro è uno show davvero unico ed imperdibile e di certo la miglior maniera per avvicinare il Rebetiko e comprendere a fondo l’essenza e la poetica.
recensione del Signor Giù
foto di Fabrizio Forno