Nov 012021
 

burrell 1Il grande pianista e compositore Dave Burrell, figura di spicco della scena d’avanguardia newyorkese nella seconda metà degli anni ’60, a fianco di grandi nomi come Archie Shepp (con cui ha collaborato per almeno venti album), Pharoah Sanders, Roscoe Mitchell e Marion Brown, è giunto in Italia e nello specifico a Roma, per una Recording Session all’Auditorium, che sfocerà nella pubblicazione di un album per la Parco della Musica Records.

Slowcult lo ha intervistato in esclusiva, scoprendo un artista vero, profondo, genuino e ancora pieno di entusiasmo nonostante la non più giovane età. Ecco il risultato della nostra chiacchierata.

Grazie a Paolo Locatelli di AKAMU. Ph. Mario Coppola.
Caro Mr Burrell, è un onore e un privilegio avere la possibiltà di intervistarti. Direi per iniziare di lasciarti libero di raccontarci la tua esperienza in questi giorni in Italia, magari con un riferimento particolare alle registrazioni dell’altro giorno al Parco della Musica di Roma…

Credo si sia trattato di una delle squadre più professionali al mondo, avere uno staff così qualificato è davvero importante e ogni volta che vengo qui per esibirmi da solista col piano mi sento perfettamente a mio agio. Ricordo anche, mi sembra fosse una ventina d’anni fa, sin dalla prima volta che ho fatto qualcosa di analogo da queste parti, che qui il pubblico ti restituisce quello che gli dai dal palco e quindi ti senti molto più in contatto con l’animo delle persone

E’ stato lo stesso anche per noi l’altra sera, un forte legame tra gli spettatori e il palco..e sempre restando a quell’esibizione, ho avuto l’impressione che si sia trattato di un perfetto bilanciamento tra atmosfere bluesy e ballate romantiche, interrotte improvvisamente da brusche irruzioni di una forma di caos organizzato, a destabilizzare e stravolgere l’iniziale sensazione calma e rilassata nell’ascolto…

La tua interpretazione rappresenta esattamente quello che speravo venisse fuori dalla mia esecuzione: volevo effettivamente farmi sentire romantico e blues, ma anche gospel, radicato nel romanticismo ma non volevo al contempo che il pubblico pensasse “sì, tutto ciò è molto bello, ma è tutto qui ciò che sentiremo stasera?” e in alcune circostanze la cosa può andar bene, ma ciò che ho imparato, soprattutto in Europa, è che le persone vogliono una scossa, vogliono scoprire tutti i lati della mia personalità…per certi versi è come la relazione con una donna, ci si incontra, si è timidi, ci si innamora e quando ci si conosce meglio si mostrano tutti gli aspetti del nostro carattere, si commettono degli errori e si corre ai ripari, un po’ come le stagioni: ci sarà la pioggia, poi torna il sole, la morale è che le composizioni prendono una certa direzione, ma a un certo punto bisogna provare a fare qualcosa di nuovo, di diverso. Quando mi accorgo che il pubblico sta metabolizzando un brano e inizia a sentirlo vicino, sento la necessità di modificare qualcosa in modo da renderlo diverso e stimolante, con intonazioni diverse, oppure differenti livelli di intensità…credo che così mi renda molto più credibile, senza salire in cattedra ma dando al pubblico la possibilità di ragionarci sopra liberamente e spontaneamente.

Parliamo delle tue esperienze di registrazione in Italia, già nel passato eri venuto da noi per lo stesso motivo…

Sì è vero, anni fa mi trovavo in Sicilia, esibendomi in alcuni spettacoli insieme alla mia collaboratrice, scrittrice, compositrice e compagna di vita Monika Larsson, poetessa nata in Svezia, mi fu chiesto di suonare con Alessandro Nobile al contrabbasso, che aveva un modo di organizzare la musica molto simile al mio e insieme al batterista Antonio Moncada e registrammo un album (Reaction and Reflection, al Teatro Vittoria Colonna di Vittoria in provincia di Ragusa, ndr), che so essere uscito, ma non l’ho mai ascoltato….e si trattò di un’esperienza piena di soddisfazioni per noi, così come quella con Rai Trade (per l’album Dave Burrell plays His Songs del 2010 ndr).

Sempre rimanendo ai tuoi legami con l’Italia, so che hai approcciato in passato la musica di Giacomo Puccini, dandone la tua interpretazione ad alcune arie della Boheme..

Sì, lo volli studiare perché mia madre era una cantante d’Opera, quindi sono cresciuto ascoltando l’Opera, la Turandot per esempio, apprezzando quanto commovente fossero quelle arie e quindi quando arrivai alla Berklee School of Music di Boston iniziai ad approfondire la sua conoscenza e capire meglio cosa fosse in grado di fare Puccini con la sua musica.

L’altra sera dopo il concerto ci raccontavi di un particolare episodio legato a un tuo precedente live a Roma..

burrell 3Sì, ricordo che alla fine di un concerto in un Jazz club molto cool in centro, all’uscita vidi schierate molte auto sportive, c’erano un po’ di celebrità tra il pubblico. Non avevo mai visto tante Ferrari e Lamborghini tutte insieme e qualcuno mi chiese se avessi voglia di fare un giro. Io accettai volentieri e facemmo un breve ma emozionante tour notturno ad alta velocità per le strade del centro di Roma, fu davvero indimenticabile!

Facciamo un altro salto nel passato, avendo partecipato alle registrazioni del capolavoro Attica Blues del tuo grande amico Archie Shepp, album del quale nel 2022 ricorrerà il 50° dalla pubblicazione: c’è qualche ricordo particolare che puoi raccontarci di quell’esperienza?

Sì, si tratta di qualcosa di ancora molto attuale, visto che la situazione carceraria negli USA è ancora per certi versi rimasta la stessa.
Quando il Governatore Nelson Rockfeller ci contattò per farci suonare la nostra musica per i detenuti del penitenziario di Attica, un’idea per cercare di ricondurre a una sorta di normalità la situazione all’interno dell’istituto di detenzione dopo le tensioni conseguenti ai tragici accadimenti di poche settimane prima, credo che un dio decise di proteggerci: l’atmosfera era particolarmente elettrica, tra i detenuti molti erano stati feriti durante la rivolta, ma Archie per fortuna era in totale controllo della situazione, lui era stato all’università, conosceva bene la storia degli afroamericani meglio di tutti noi e quando iniziammo a suonare lo spirito di quei brani che avevamo in precedenza suonato a New York prese tutto un altro sapore: le grida presenti in quei brani assunsero un’altra valenza, si trattò di un’esperienza davvero intensa per tutti.

Visto che sei un giovane artista di soli 81 anni, ancora molto attivo, dopo aver scritto musica per balletti, canzoni d’amore, musica d’avanguardia, che cosa possiamo aspettarci da te nel futuro?

Ho una cattedra di Musica Americana permanente presso l’Università di Pittsburgh, c’è un’organizzazione internazionale che sta curando l’archivio di Erroll Garner (pianista nativo di Pittsburgh ndr) che ora vuole occuparsi del mio archivio insieme a quello di Monika, ormai cittadina americana e mia musa ispiratrice; non si limiteranno alla raccolta e alla conservazione, ma si occuperanno della condivisione e della distribuzione tra gli studenti, i musicisti e gli appassionati di tutto il mondo. Il prossimo step sarà suonare nella biblioteca dell’università per il dipartimento di Jazz dell’università, ovviamente sanno che essendo ancora attivo, gli archivi saranno da aggiornare!
Si tratta di gente molto seria, consapevole dell’importanza della musica americana nella storia culturale del paese.

burrell 4Tornando alle registrazioni dell’altro giorno, hai idea di quando ne verrà pubblicato l’album?

Questa è una bella domanda: io sono in partenza e lascerò al management e all’agenzia AkaMu, più specificamente a Paolo Locatelli il compito di seguire gli sviluppi della faccenda, ovviamente spero che ciò accada molto presto.

Grazie Mr Burrell, per il tempo che ci hai dedicato e per le emozioni regalate

Grazie a te, sono lieto di avere un nuovo amico, ho apprezzato le domande che mi hai posto.

Intervista di Fabrizio Forno.

 

 

 

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