Tempesta Dischi, 2017
Pubblicato a otto anni di distanza dal precedente Lovesongs grazie all’ormai consueto crowdfunding, arriva il nuovo disco di Claudio Lolli ed è subito Targa Tenco per il miglior album.
Riconoscimento alla carriera, certo, ma giunto grazie ad un lavoro ricco di sfaccettature, inno alla malinconia, crepuscolare come è inevitabile che sia, una profonda riflessione sulla solitudine alla quale siamo condannati dall’indifferenza e dall’isolamento in cui siamo imprigionati.
Impreziosito dal contributo di alcuni collaboratori di lungo corso come Danilo Tomassetta ai sassofoni e Roberto Soldati alle chitarre, storici membri del Collettivo Autonomo Musicisti di Bologna e compagni d’avventura sin dall’epoca de Gli Zingari Felici, l’albun si apre con la title track, in cui l’inconfondibile voce dell’Artista, sostenuto dal lirismo del sax soprano di Nicola Alesini, presente in cinque brani della raccolta, ci parla di Un grande freddo, un lago gelato senza frangiflutti, che si può sciogliere solo con le lacrime dei nostri furori, oppure, come più realisticamente afferma pochi versi dopo, sempre con le lacrime, ma quelle dei nostri amori.
Tra gli altri brani, segnaliamo l’omaggio a Montale nel brano Non chiedere, in cui oltre ai versi di Ossi di Seppia emerge un’affermazione che potrebbe essere il sottotitolo dell’intero album “Invecchiare va bene sì, ma adulto mai”
L’apice sonoro del disco arriva col finale di 400.000 colpi, grazie a un crescendo di fiati e chitarre che ci riporta addirittura al John Lennon di Walls and Bridges.
L’album è talmente denso che più volte mi sono trovato a schiacciare il tasto pause per soffermarmi su alcuni versi particolarmente significativi, come ad esempio “eccoci qui, che ci proviamo, a sapere chi siamo, da dove veniamo, negli occhi il ricordo di un futuro lontano“, che suscitano riflessioni e spingono ad una sorta di autocoscienza, meccanismi al giorno d’oggi ormai rari se non obsoleti nell’attuale ascolto di musica sbrigativo e fagocitato al quale siamo oggigiorno addestrati.
L’album si chiude col recitativo/strumentale di Raggio di Sole, una sorta di favola, un racconto della buona notte che ci congeda lasciandoci con una visione onirica e rarefatta, degna conclusione della raccolta, non completamente riuscita, ma intensa, sincera e corente..
Un’ultima menzione speciale per la bellissima copertina, opera dell’artista salentino Enzo De Giorgi, autore anche delle illustrazioni del libretto interno. Una grafica preziosa, un’opera d’arte nell’opera d’arte che invita l’acquisto della versione in vinile per meglio apprezzarne la delicatezza e l’intensità del tratto in un artwork raffinato, prezioso scrigno per le nove pietre preziose della raccolta.
Recensione di Fabrizio Forno