L’anno della musica italiana si era già chiuso male, vista la scomparsa di Mango, e purtroppo si apre peggio, con la dipartita di Pino Daniele, altro figlio del sud anch’egli tradito da un cuore assai malandato all’alba non ancora scoccata dei sessant’anni. Incredibile a dirsi, stesso nome di battesimo, stesso destino. Pino Daniele era nato nel 1955, era innamorato della sua Napoli e dei suoi napoletani, amava il blues che con il passare degli anni aveva contaminato in un’azzeccata fusione di folk melodico e pop d’autore, attorniato da uno stuolo di superbi musicisti ed ingentilito da decine di collaborazioni prestigiose (Eric Clapton, tra i tanti) che hanno permesso al cantautore campano di ritagliarsi un posto non certo marginale nel panorama internazionale, smitizzando il carattere esclusivamente popolare delle sonorità partenopee contraddistinte da quel falsetto divenuto marchio di fabbrica dell’intera produzione. Impossibile citare in rigoroso ordine cronologico tutti i successi di Pino Daniele, ma di certo restano imprescindibili vere e proprie chicche come Napule è, contenuta nell’esordio di Terra Mia (1977), proseguendo con Je sto vicino a te, Appocundria e Quando quando; ed ancora Annarè e Sarà, senza ovviamente dimenticare l’inno generazionale di O’ Scarrafone e la critica sociale ironica ed accorata di Je so pazzo, per un percorso che man mano ha visto crescere la notorietà di Daniele a dismisura consentendo così all’artista napoletano di portare la sua musica nei palazzetti e nei teatri di mezza Europa, fino alla partecipazione al famigerato Crossroads Festival sempre su invito dell’amico Clapton. Indubbiamente, lo stile ed il cantato di Daniele rappresentano in pieno l’essenza mediterranea della canzone d’autore italica, seppur con qualche limite riscontrabile esaminando la quasi quarantennale carriera dell’artista, senza meno più ispirato e viscerale nella prima parte di essa e divenuto poi più manieristico e “radiofonico”, ad esempio nei meno riusciti Come un gelato all’equatore (1999) o Passi d’autore (2004). Forse proprio per rinvigorire i gloriosi fasti di un tempo, aveva ripreso in mano il progetto dello storico Nero a metà, pubblicato in origine nel lontano 1980 e riproposto integralmente live con un tour che era in piena attività e che faceva registrare sold out ovunque, grazie anche alla partecipazione degli storici musicisti di allora. Pino Daniele si presentava al suo pubblico coadiuvato dal batterista Agostino Marangolo e dal percussionista Rosario Jermano, assieme ad Ernesto Vitolo alle tastiere ed a Gigi De Rienzo al basso. A completare il quadro, le ospitate a sorpresa (ma solo in alcune date) degli storici Tullio De Piscopo e Rino Zurzolo, oltre allo strepitoso sax di James Senese, per una sorta di reunion dei Napoli Centrale in pieno XXI secolo. Col senno di poi, questa decisione di Pino può essere letta come una sorta di testamento, un ritorno alle origini ed alla primissima fase del proprio percorso musicale, con la ferrea volontà di rispolverare un gioiello del pop italico arricchito dalle jam di questi eccellenti musicisti che nel live si divertono ad improvvisare sulle note I say I’sto cca o di Musica musica fino alla splendida A me me piace o’ blues, vero connubio dell’anima latina del cantautore con il blues amato in gioventù e qui riamalgamato in una formula che diverrà peculiare nel prosieguo della carriera del cantautore. Poi, sul più bello, Pino Daniele se ne va una sera di gennaio, tradito da quel cuore napoletano (di nascita) che aveva raccontato storie per trentasette anni e che lascia orfana la sua amata popolazione di uno dei propri cantori monstrum, certamente il più rappresentativo da un punto di vista qualitativo ed il più noto oltre i confini nazionali. Lui, che salutava il suo pubblico con l’ormai immancabile “Cia’ Guagliò”, stavolta non ha fatto in tempo a congedarsi come avrebbe voluto. Lo ha fatto con un tour che raccontava una bellissima storia datata 1980. Purtroppo, senza ulteriore seguito.
P.s.: mentre rileggo l’articolo, m’imbatto per caso in uno speciale di Canale 5 che ricorda proprio Pino Daniele. Vengono riproposti quasi esclusivamente filmati di repertorio riguardanti recenti Festivalbar e consimili, in pratica la porzione di carriera meno ispirata e più commerciale di Pino Daniele. E dulcis in fundo, per ricordare la figura del cantautore, interventi di “star” come Kekko dei Modà, Gigi D’Alessio, Enrico Brignano, Gerry Scotti, Paolo Ruffini (…!!!) ed altra gentaglia di tale lignaggio. Quando si dice divulgare la cultura…
Recensione di Fabrizio ‘82