Ardecore, Vecchia Roma, 2015 Goodfellas
Chi frequenta Slowcult da qualche anno sa benissimo che abbiamo gli Ardecore nel cuore. Sin dagli inizi abbiamo seguito ed apprezzato il percorso musicale intrapreso ormai più di dieci anni fa dall’ensamble guidato da Giampaolo Felici, col quale abbiamo avuto modo di collaborare in due tra le più riuscite edizioni delle nostre Slowfeste (Aromaderoma e slowfesta di primavera 2014), organizzate all’Init, quartier generale e seconda casa di Giampaolo, dove è stato registrato il nuovo album “Vecchia Roma”. Che per certi versi ci riporta alle atmosfere dell’ album di esordio, ovvero a scegliere tutti brani in dialetto romanesco presi dalla tradizione, stavolta rielaborati con un gruppo di musicisti più ristretto che asciuga il risultato sonoro esaltando la liricità ed il romanticismo delle canzoni scelte. Il lavoro di selezione ed arrangiamento dei brani appare subito molto curato e rigoroso che spiega il lungo intervallo intercorso tra questo album ed il precedente San Cadoco risalente a ormai quattro anni fa. La cura e la meticolosità sono evidenti, anche nel packaging; sette brani passionali ed appassionanti, a partire dalla ‘chicca’ d’apertura Girasole, canzone pressoché inedita ma che sembra da sempre far parte del repertorio Ardecore, per poi passare ad una vera perla, tra i brani migliori mai interpretati dagli Ardecore, una splendida, struggente Signora Fortuna, dal repertorio di Claudio Villa, i cui contrappunti chitarristici alla Desolation Row di dylaniana memoria ad opera di Geoff Farina arricchiscono il lirismo e lo struggimento della canzone. La title track parte sorniona, come un lento giro in botticella sui sampietrini, degenera in un intermezzo noise e si chiude con la voce soave di Sarah Dietrich, presente anche nel brano più malinconico e drammatico della tracklist, Pupo Biondo, tristissima canzone del periodo tra le due guerre mondiali, un melò che ci riporta alle tragedie di Lupo de Fiume e Barcarolo Romano. Un album breve ma intenso: mai come in questo caso è valida la formula ‘less is more’; un’ulteriore prova di maturità di un progetto musicale il cui potere di suggestione ed intensità non finiscono di sorprendere.
La tournée di lancio del disco presenta una formazione essenziale ma dal suono pieno ed imponente, grazie alla presenza oltre a Felici di Riccardo Del Monaco alle tastiere e Giulio Caneponi alla batteria. Il live set è suddiviso in due parti: dapprima viene riproposta la tracklist seguendo l’ordine di ascolto dell’album, con l’eccezione di Vecchia Roma, scelta per chiudere il primo tempo: la seconda parte raccoglie brani del precedente repertorio, in cui brillano vecchi cavalli di battaglia come Madonna dell’Urione o la più recente Per quella lei ci muore, a nostra memoria unico brano originale presente in scaletta.
Immediatamente dopo il concerto di presentazione del CD al teatro Vittoria, abbiamo avuto modo di formulare alcune domande relative al nuovo disco e più in generale sugli Ardecore; ecco qui di seguito il testo dell’intervista rilasciata da Giampaolo Felici:
Parlaci del progetto “Vecchia Roma”, sette brani come i sette colli, i sette re di roma, le sette chiese.. se non ricordo male nasce proprio dall’idea di proporre sette cartoline di Roma, magari da suggerire ai turisti come uno speciale souvenir della loro vacanza. Pensi ancora ad una distribuzione anche attraverso le edicole del centro storico?
Si appunto, l’album, soprattutto nella veste grafica, è concepito come un souvenir turistico di Roma. é un omaggio alla città o a noi stessi che comunque ne siamo totalmente compenetrati. Le cartoline descrivono in modo sottile gli ambienti dei testi che ci sono contenuti, ma soprattutto sono delle cartoline turistiche nella concezione piu canonica possibile.
Dieci anni di Ardecore: pensavi che la tua idea del 2005 potesse essere ancora così viva e se vogliamo ancor più significativa dopo tutto questo tempo?
Non proprio. In effetti la cosa buona sta nel fatto che saranno sempre di più i musicisti che si rifaranno alle proprie radici musicali per sperimentare nuove vie, probabilmente con maggiore convinzione ed orgoglio delle proprie origini musicali. Diciamo che potrebbe essere la strada per vivere meno complessi nelle proprie stesure originali, rispetto alla musica che arriva dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra.
Come sono stati scelti i brani?
Personalmente ho fatto una scelta legata a temi fondamentalmente sentimentali rispetto al passato in cui le scelte erano probabilmente piu varie e centrate sull’ aspetto storiografico della nostra cultura.
Vecchia Roma ha una veste marcatamente gospel, nel senso piu spirituale del termine.Anche negli arrangiamenti ci siamo basati sul gospel nero. L’organo è quasi sempre al centro dei brani, sostituendo la fisarmonica che ha sempre conferito nei nostri brani una dimensione piu folk.
Il disco ed il live dimostrano che la scelta di asciugare l’organico non ha impoverito il risultato sonoro, anzi l’essenzialità sembra esaltare la qualità delle canzoni scelte per l’album. Come sei arrivato a questa scelta stilistica?
In passato Ardecore è quasi sempre stato un combo di musicisti molto numeroso. L’esigenza è stata quella di dare maggiore spazio agli strumenti e di conseguenza maggiore liberta di esecuzione. Questo aspetto è significativo in questo lavoro e ci permette di sperimentare maggiormente nelle esibizioni live.
In dieci anni sono tanti gli artisti che seguendo le orme di Ardecore si sono mossi, anche con successo, nella direzione di una riproposizione della musica popolare romana. Ne sei lieto o infastidito?
E’ un dato oggettivo. Personalmente ne sono orgoglioso anche se non sempre mi sembra sia stato colto il vero senso di questa azione. Ho la sensazione che in troppi casi si vada a ricreare un folklore rispetto al tema che invece dovrebbe dare il la ad una innovazione significativa. Non è importante che si suoni il folk, quanto più che stia alla base dell’approccio alla stesura. Non tutti percepiscono questa differenza che è sottile solo in apparenza.
Per tua stessa ammissione, il disco ha un’impronta più gospel, mentre dal vivo, soprattutto nei brani del vecchio repertorio, emerge maggiormente un’idea più blues, con accenni di Tom Waits e addirittura alla Screamin’ Jay Hawkins. E’ inevitabile che l’esecuzione live comporti un risultato del genere?
La differenza tra il blues ed il gospel puo essere molto sottile. Se ascolti le incisioni di Blind Willie Johnson o del Reverendo Gary Davis, te ne fai un’idea chiara. Noi dal vivo esprimiamo sempre una musicalità molto più forte ed aggressiva, figlia del nostro background più moderno e legato agli ascolti con cui siamo cresciuti che vanno dal punk hardcore al metal, dalla no wave al post punk. Con queste basi abbiamo affrontato le nostre radici, cercando di combinarle con la musica afroamericana che suonava nello stesso periodo storico, quello delle prime incisione che vanno dagli anni 20 agli anni 40. Le radici della musica contemporanea.
Sul palco del teatro Vittoria hai affermato che un album di poco più di mezz’ora non corre il rischio di annoiare l’ascoltatore; l’impressione è però che qualche altro brano non avrebbe di certo guastato. Possiamo sperare in un “Vecchia Roma vol.2”? O per estendere il discorso, San Cadoco presentava molti brani in lingua italiana, con scelte musicali molto distanti da quelle degli altri album; nel cassetto di Ardecore ci sono altri nuovi brani più riconducibili alla poetica di San Cadoco? Come pensi proseguirà il tuo percorso musicale?
Il prossimo lavoro in studio arriverà con molto meno tempo di distanza di quanto sia accaduto finora. Sarà probabilmente un album con brani originali in lingua romanesca. In fondo, tranne che per alcuni titoli, quando abbiamo scritto brani originali lo abbiamo fatto in italiano. Poi magari cambieremo idea in corsa, come succede spesso. Vediamo.
Prevedi un tour estivo? Se sì, sempre in trio o pensi di allargare la formazione (magari con qualche data con Geoff Farina)?
Cercheremo di suonare in modo più costante possibile. Non è semplice portare in giro per l’italia la canzone romana. Le altre band sul tema hanno molte difficoltà ad uscire da Roma e questo accade, anche se in maniera minore, anche per noi. Con Geoff abbiamo suonato piu di qualche live in passato e questo probabilmente accadrà anche in futuro.
Recensione, foto ed intervista di Fabrizio Forno
Wonderful!Came with my family of about 20 of us (including 3 and 5 year old). Beautifully set table, a suntning array of bread to munch on as we choose our food. Half of us opted for the sharing menu and the others went on the Set Menu, while the kids even got menu’s of their own.I don’t know where to start, the variety was incredible and the food just suntning, the service was spot on and the background music played a mixture of Italian classics, Italian-American classics and current music that created a perfect setting.Difficult to find restaurants like this these days, everything seems to be moving to white decor, wooden tables and squashed seating.Long live the Vecchia Roma, you have mastered the art of dinning!