Tristissimi giardini, di Vitaliano Trevisan, pp.135, € 10.00 – Laterza, 2010
Il pensiero di Trevisan parte dall’analisi di anonimi giardini, tirati su nell’altrettanto anonima provincia veneta ed è diretto a conclusioni e prese di posizione nette riguardanti la le classi dirigenti attuali e il degrado culturale di cui sembra impregnato il nostro paese.
Dalle indiscutibili venature polemiche, l’autore non termina mai le sue dissertazioni con cinismo, auspicando, al contrario, una rinascita culturale.
Caratteristici sono i transfer che l’autore fa per calarsi nella mentalità del Nord-est nel periodo storico attuale: oltre a constatare, ad esempio, come, sebbene la popolazione di quell’area sia una società per lo più composta da over-70 apparentemente insofferenti agli extra-comunitari, non possano prescindere da essi e dalle loro preziose badanti..
Nel cuore del romanzo parla dell’età media degli abitanti di Vicenza e provincia, asserendo che essi “vivono,ma dovrebbero esser morti” e che sono una popolazione anziana, costituita da “né poveri, né ricchi che hanno lavorato tutta la vita per la cura di una casa, un orto, un giardino”: tristissimi appunto. L’attaccamento viscerale che hanno verso queste significative, ma modeste cose, viene paragonato all’affermazione del celebre storico Alexis De Tocqueville, il celebre autore de La democrazia in America, che parla di coloro che abitano le democrazie come di uomini che attribuiscono alla proprietà privata un valore tale che “l’idea di cederne una minima parte è per loro insopportabile, e ne considerano la perdita totale come l’ultima delle sciagure”.
Interessante e degno di nota è il passo in cui l’autore fa un paragone parlando del “territorio come disco fisso”: in sostanza parla della sua amata provincia vicentina come di un grande hard disk, nel quale sono compressi i suoi abitanti, come piccole schede di memoria…il problema è che essi sono tutti “formattati” e contenuti nei loro piccoli giardini, tutti uguali, anonimi e senza un’identità ben precisa.
Questo pensiero è esplicitato con l’affermazione “Io non so bene come prendermi, in ogni caso, non troppo sul serio. C’è il rischio di appesantirsi,di interpretare un ruolo,di diventare quel ruolo.
Essere formattato, niente mi fa più orrore”.
Nelle sue pagine c’è un’orgogliosa rivendicazione delle proprie origini e, al contempo, una netta presa di distanza da atteggiamenti e slogan, spesso in voga da quelle parti, così evolute e contrapposte a un Meridione ritenuto arretrato e spendaccione.
Le riflessioni finali sull’Unità d’Italia e sui milioni di morti della I Guerra mondiale, svelano un rammarico e un senso di impotenza di fronte allo stato delle cose..Decisamente degno di essere riletto, dalle Alpi alla Sicilia
Recensione di Davide Stadirani
[…] d’inchiostro – Novembre 2010 Tristissimi giardini, di Vitaliano Trevisan Nel cuore del romanzo parla dell’età media degli abitanti di Vicenza e provincia, asserendo che […]