Stanley Kubrick e me. Trent’anni accanto a lui. Rivelazioni e cronache inedite dell’assistente personale di un genio. Di Emilio D’Alessandro, Filippo Ulivieri. Il Saggiatore, 2012, pag. 354
Questo libro narra di un rapporto di amicizia profondo tra due persone, legate indissolubilmente da affetto, stima e reciproco rispetto, maturato dopo oltre trent’anni di stretta collaborazione professionale. Fin qui nulla di strano, se non la particolarità che uno dei due personaggi in questione è stato una delle più acclamate e idolatrate figure di riferimento del cinema mondiale, nonché uomo schivo e misantropo, di cui sinora poco si è saputo della sua sfera privata se non aneddoti al limite della leggenda e cioè sua maestà Stanley Kubrick. E qui già per i cultori del regista diventa un libro imprescindibile, che travalica la sua essenza di genio trasportandoci al cospetto della sua parte più intima e umana, con risvolti di infinita dolcezza e insicurezze miscelati, certo, alle paranoie proprie che contraddistinguono il genio. Ma la sorpresa sta anche dall’altra parte, poiché il suo curioso interlocutore altri non è che il signor Emilio D’Alessandro, emigrato da Cassino in Inghilterra, pilota mancato e di umili origini, diventato per puro caso dapprima l’autista e poi l’assistente personale del grande regista. Confesso che quando ho ricevuto il libro in regalo (da una carissima amica) ho pensato alla solita speculazione post-mortem di una persona mediocre sulle spalle dell’altrui celebrità. Mai giudizio si è rivelato più infondato. È una storia appassionata, curiosa, divertente, vera e sincera. In qualche modo l’alchimia che si crea tra uno dei massimi esponenti della cinematografia mondiale e una mente semplice come quella del sig. Emilio è la vera chiave di volta del libro. Sicuramente è il presupposto che ha portato il regista a fidarsi ciecamente di una persona che in qualche modo ignorava del tutto chi avesse davanti e che anche in seguito, quando ormai anche a lui era chiaro con chi aveva a che fare, ha continuato a vederlo solo come un essere umano, un caro amico. Aiutato nella stesura da Filippo Ulivieri, già curatore dell’archivio Kubrick, prende vita un libro che racconta i due protagonisti in modalità paritetica, con ampi squarci di intimo familiare dall’una e dall’altra parte. Ci affezioniamo così al Kubrick più meticoloso e allo stesso tempo trascurato, amante degli animali in maniera maniacale, che schiva la mondanità ma non disdegna la compagnia della sua cerchia di collaboratori stretti, ormai loro malgrado parte della sua famiglia allargata. Allo stesso modo ci affezioniamo ad Emilio e al suo essere discreto, devoto e ligio al dovere nell’assecondare le richieste di un datore di lavoro sui generis che finisce per fagocitarne anche la sua sfera privata. Nonostante ciò mai un rancore o un rimpianto nel lungo tempo passato al servizio di quest’uomo che tanti temono e tutti riveriscono, ma solo la consapevolezza di non poter fare più a meno l’uno dell’altro. E con la stessa discrezione veniamo a conoscenza di tutti gli aneddoti legati alle varie produzioni: dalle aspettative, alla spregiudicatezza, ai timori dei vari protagonisti quali Jack Nicholson, Ryan O’Neal, Malcolm McDowell, i coniugi Cruise e gli altri, che erano soliti affidare preventivamente al Signor Emilio durante i viaggi da e per Childwickbury, la residenza nella quale il genio Kubrick viveva e lavorava e dove tutto il (suo) mondo finiva per confluire. Particolarmente toccante la parte finale in cui viene narrata la prematura e improvvisa scomparsa del regista, proprio grazie alla forte empatia che questa biografia ai limiti del romanzo riesce a creare tra il lettore e i due protagonisti. Ci rammarichiamo per la scomparsa del genio quanto per il lutto dell’amico più caro, un amico che inaspettatamente dalle prime pagine del libro è diventato anche il nostro.
Recensione di Claudia Giacinti