L’ultima parola, di Hanif Kureishi, Bompiani 2013, 302 pagg., 18 euro
Finalmente un evento di levatura internazionale ospitato dalla nostra capitale, putroppo, tranne casi sporadici come questo, sempre più ai margini della cultura e della divulgazione letteraria. In anteprima mondiale, infatti, è stato presentato l’ultimo romanzo dello scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi, autore di opere che hanno segnato un importante momento della fine del novecento e dell’inizio del nuovo secolo, in special modo per quanto concerne l’integrazione culturale in Inghilterra delle comunità indopakistane. La penna de “Il Budda delle periferie” di “Londra mi uccide” nonchè l’autore di sceneggiature di importanti film come ‘Sammy e Rosie vanno a letto” e di “My beautiful laundrette” è arrivato per presentare il suo più recente libro “L’ultima parola” assieme ad Ivan Cotroneo, traduttore di gran parte dei suoi lavori ma non di quello di stasera. La trama è presto detta: Harry è un biografo che entra in contatto con Mamun, scrittore indiano in disgrazia, la cui bìiografia potrebbe rilanciarne la carriera. L’incontro/scontro tra i due e tra le culture da essi rappresentate, il loro rapporto, scandito dalle donne e connotato da dialoghi strepitosi, non è che un pretesto per ribadire il potere della parola, della scrittura e del desiderio, temi molto ricorrenti nella bibliografia di Kureishi. La seduzione della parola e le riflessioni sull’utilizzo della stessa sono al centro del libro: la parola può essere diabolica, viene ricordato: nel 1989 venne pronunciata una fatwa contro lo scrittore Salman Rushdie (all’epoca della pubblicazione dei suoi “Versetti satanici”) in quanto giovane scrittore che si scaglia contro la religione e per questo da odiare e condannare a morte. Le parole possono essere salvifiche, ma possono causare guai in politica, in famiglia e nel modo in cui si parla a se stessi. Quanto possono essere disturbanti le parole? La parola scatena desiderio, Mamun ha avuto molte donne ed è consapevole di quanto la parola possa innescare il desiderio. Il libro parla di come usare le parole, ma anche di come esse possano essere male utilizzate. Altro tema centrale è quello della fedeltà, i due scrittori ne parlano e dal loro confronto emerge che l’unica fedeltà è quella veso se stessi: il tradimento altro non è che la fedeltà a qualcos’altro. Il bambino per crescere come individuo deve tradire i genitori. Dobbiamo vivere a modo nostro, ed è da qui che nascono i romanzi, sostiene Kureishi. In ultima analisi, il rapporto tra i due scrittori è iscrivibile al rapporto tra padre e figlio, proprio per la particolare condizione che sta vivendo l’autore, ormai quasi sessantenne, che si trova in questo momento a ricoprire entrambi ruoli. Ci piace concludere questo breve resoconto dell’interessante serata con un’ultima riflessione che distingue lo scrittore dal moralista: quest’ultimo ha tutte le risposte, mentre lo scrittore ha tutte le domande.
Fabrizio Forno
Caro Fabrizio! Finalmente ti ho trovato, o no?
Leggerò senz’altro il libro di Kureishi, presentao molto bene da te.
Non mi dulingo perchè non sono sicura che mi leggerai, casomai rispondimi in qualche modo.
Un abbraccio con affetto.