Ago 192021
 

Napule’s power. Movimento Musicale Italiano (Tempesta Editore 2021)

E’ un fiume in piena Renato Marengo quando ci racconta a ruota libera gli anni che diedero vita al grande movimento musicale del “Napule’s Power”, un movimento non solo italiano, ma che è risultato fondamentale per la musica mondiale, viste le influenze, le collaborazioni e le emozioni che ha portato nello scenario culturale dei primi anni Settanta, ma facciamo parlare il giornalista e produttore:

R.G: “Salve Slowcult e grazie! Allora iniziamo col dire che negli anni 70, ma anche negli anni precedenti, diciamo la  metà degli anni 60, a Napoli ci fu  un grande fermento musicale.
Io ero giornalista, scrivevo  anche per i quotidiani locali e seguivo le tendenze del momento.
Noi avevamo un grande rispetto per i grandi classici napoletani dell’800 e del primo novecento e la musica popolare autentica. Non amavamo le canzoni napoletane degli anni 50/ 60 divenute canzoni del tira a campare, neomelodiche, spesso tolleranti con la malavita, melense e non in linea con i tempi; non c’era fermento che non fosse quello legato image002ai giovanissimi che ascoltavano band come i Beatles, i  Platters o Paul Anka. Ricordo Carosone, lui fu il primo che formò una band rock and roll, divertente in Napoletano. Anche Renzo Arbore si dava da fare con il jazz, un jazz che tendeva a rinnovare le canzoni napoletane.
Invece Roberto Murolo era sulla scia dei chansonnier francese, molto raffinato anche nella tradizione che veniva rinnovata.
Ma Renzo Arbore aveva un sound più moderno come in seguito Peppino di Capri e Fred Bongusto.
Ricordo anche Bruno Martino e Buscaglione.
Ci stava anche Il Giardino Dei Semplici che modernizzavano il sound, ma fu con gli Showmen che tutto cambiò! Era una band rhythym and blues che non aveva nulla da invidiare a James Brown, c erano due figli della guerra: James Senese e  Mario Musella americano, ma nato a Napoli;
Dagli Showmen arrivarono poi in seguito Napoli Centrale e gli Osanna uno delle prime prog band;

Durante gli anni 70 a Napoli c’erano i giovanissimi nati dalla guerra e questi ragazzi iniziarono a suonare nei locali dove si faceva musica, li si ritrovavano i militari della Nato, gli americani che arrivavano dalle portaerei, tutti ragazzi che cercavano musica e ragazze e si portavano dietro gli strumenti;
In questi locali andavano i Senese, Tony Esposito , Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo, tutti i musicisti contaminati dalla musica Usa;

Ma prima di questo, io ero poi diventato giornalista rock, sono andato a Milano a scrivere per testate come Ciao 2001 e e lavoravo con le case discografiche.
Torno a Napoli per caso e scopro da critico musicale che c’era tanto rock prog e tanta voglia di riscatto, i Negri del Vesuvio: negri perché figli della negritudine, Senese, Musella e altri facevano una sorta di ribellione musicale e il termine “Napule’s Power” viene dalla Napoli contaminata.
E’ questo un termine inventato: Power viene dal Black Power: i neri che volevano la parità dei diritti;
Napoli era saccheggiata dalla camorra ci stava una destra becera, era piena di gang, vendevano la città ai costruttori e speculatori
Erano gli anni di Rosi e de Le mani sulla città, il film.
Volevamo una Napoli migliore e la musica migliorava, progrediva; Si era portavoce di un nuovo modo di vivere, questa svolta napoletana veniva dalla musica rock, cosi feci pubblicare dai discografici i loro dischi che nulla avevano da invidiare agli artisti Usa, con il pregio di avere il Mediterraneo nelle vene mischiato con il rock arabo, pensa a Pino Daniele;
Io fui ispirato da tutto questo e i discografici mi chiesero di produrre quella musica che amavo tanto, imparai cosa voleva dire produrre. Ho prodotto Tony Esposito uno dei più grandi inventori di suoni nuovi che viene da Napoli, lui viene dalla zona del Vomero, dove c’era grande fermento, e poi Osanna e Jenny Sorrenti; Ricordo un incontro negli studi a Roma con un grande poeta brasiliano Vinicio de Morales, lui era in studio con Toquinho.
Mi parlava della musica brasiliana che era conosciuta nel mondo come folk carnevalesco, ma era invece uno stile, un modo di vivere che esprimeva la ribellione con uno stile raffinato quasi jazz.
Vinicio mi disse  “Io ho raccolto tutti i musicisti con me per far conoscere al mondo la musica brasiliana” fu lui a inventare il termine bossanova.
Così io mi chiesi il perché non inventassimo anche noi un nuovo nome e uscì fuori appunto “Napule’s Power”;
Un Movimento nazionale che poi esplose con Teresa De Sio, Bennato, Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Erano tutti musicisti che provenivano da anni di studi, ma allo stesso tempo non avevano perso di vista la strada

50 anni dopo e Napoli è ancora fucina di commistioni musicali e influenze culturali molteplici, penso ai Massive Attack che si uniscono agli Almanegretta, o che l unica opera presente sul territorio italiano di Banksy è “La madonna con la pistola” donata proprio a Napoli;
Cosa percepisci nel territorio e cosa ci puoi consigliare di ascoltare che proviene da quel mondo?

R.M: Ci sta una continuazione da parte di tutti questi artisti come Senese, Napoli Centrale, Tony Esposito, tutti loro continuano a fare la loro musica rinnovandola suonando con musicisti stranieri, però mantenendo la loro identità;
Dietro a O’Zulu e Raiss nascono i rapper che raccontano i fatti quotidiani ci identifichiamo con Rocco Hunt, Jovine, Clementino, rapper che sono rapper metropolitani, senza riferimenti a pistole crimini o quant’altro;
Il 2020 non è il 1970 sono passati 50 anni, abbiamo fatto tesoro di tanta musica ed esperienze, il Napule’s Power era contaminato all’inizio dalla musica Usa e dalla musica del Mediterraneo, ma ha sua forte identità.
E’ un movimento musicale, a Cuba ci sta la rumba, in Spagna il flamenco, in Argentina il tango e da noi è sempre piu vitale il Napule’s Power;

Anche gli artisti che non producevo li inserivo alla pari di quelli che producevo nei miei programmi nel corso degli anni. Per esempio Alan Sorrenti, Gragnaniello….Pino Daniele è stato allievo modesto di tutti. ricordo che suonava il basso con Napoli Centrale, poi suonava la chitarra con Jenny Sorrenti
Ma nel libro troverete molto altro, anche il rapporto di Napoli con il Living Theatre, con Andy Warhol. troverete molti racconti di come gli artisti d’ avanguardia americana venivano a Napoli.
Vi invito a cercare il libro e a scoprire tante cose avvenute e che avvengono in questa città. Grazie!

Intervista di Fabrizio Fontanelli

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