Elena Ferrante, L’amica geniale
Edizioni e/o, pagg. 327, euro 18
“L’amica geniale” avvince, come tutte le storie che si rispettino, ma sembra avere una marcia in più: quella della vita “vera”, vissuta nel quotidiano, in una condizione all’apparenza terribile, violenta e al tempo stesso intensa, così riconoscibilmente umana.
Il mistero inizia dal nome dell’autore: Elena Ferrante è uno pseudonimo, dietro il quale alcuni ritengono che ci siano Domenico Starnone e la consorte Anita Raja, altri che si riferisca a Goffredo Fofi. Andando oltre le varie ipotesi, la Ferrante preferisce lasciare il dubbio sulla sua vera identità, l’importante è che parlino le sue opere. Grande successo per la quadrilogia de “L’amica geniale”, ricca di episodi che accomunano le due donne protagoniste e che sono ambientati prevalentemente nella periferia di Napoli. I quattro libri – “L’amica geniale”, “Storia del nuovo cognome”, “Storia di chi fugge e di chi resta”, “Storia della bambina perduta” – tracciano le vicende di un’amicizia stretta e sofferta tra due donne, di un rapporto che non si affievolisce mai, a dispetto di ciò che gravita attorno e delle debolezze di ciascuna comprimaria.
Al lettore capita di riflettere, di quando in quando, sulla vera identità della protagonista, di quell’amica geniale che per un certo tratto di cammino appare l’una e che improvvisamente prende le sembianze dell’altra, per poi tornare di nuovo alla prima, in un incessante gioco di attribuzioni e di sottrazioni. Il testo più convincente è proprio il primo, “L’amica geniale”, quello che narra la storia delle due compagne in epoca infantile, del loro piccolo mondo pieno di miseria, eppure ricchissimo di spunti, di idee, di grandi impulsi al cambiamento e all’uscita da una condizione imposta dalla vita, per entrare in situazioni che sembrano comportare un’evoluzione, ma che spesso si rivelano lontane dalle aspirazioni di ciascuna. Come spesso accade nella vita di tutti i giorni, ciò che appare non è vero e la realtà sta al di sotto, si nasconde; per farla emergere, occorre amare, soffrire, gioire, scontrarsi con vicende e con persone, sforzarsi di capire e di perdonare. In una parola, vivere. Per le due amiche, Elena e Lila, si tratta di oltre cinquant’anni di percorso accidentato; sullo sfondo, una città che, come le sue protagoniste, ama e respinge, alterna bellezza a violenza, serenità a sofferenza. Emblema di un Meridione che cerca da sempre il riscatto, che alza comunque la testa e che, nonostante tutto, riesce spesso a vincere, sebbene debba fare i conti, incessantemente, con la propria storia e con i suoi lati in ombra.
recensione di Daniela Delli Noci