Lug 162009
 

Educazione siberiana, di Nicolai Lilin, Einaudi 343 pagg., Eur 20.00

★★★☆☆

educazione siberiana.jpgOliver Twist di fine novecento in una terra dimenticata da dio e dagli uomini, ennesima scheggia impazzita dell’universo creato dal big bang dell’ex impero sovietico, frantumato in decine di stati, di etnie, regioni tutte accomunate dal dominio della violenza, del caos e dall’assenza di una qualsiasi idea di legge sopranazionale.
Transnistria, ma dove diavolo si trova? Ma esiste davvero un posto così? Ma cosa centra la Siberia?
Sono disposto a scommettere qualsiasi cifra che chiunque abbia iniziato a leggere questo romanzo non possa aver fatto a meno di farsi queste tre fondamentali domande.
Il piccolo Nikolaji Kolima cresce in un mondo in cui i concetti di bene e male hanno un valore ed un significato del tutto particolare, in cui esiste il rispetto per la natura, per gli anziani, per le donne, per i disabili e per la religione, ma con un’interpretazione ed un’applicazione ben distanti da quella del mondo occidentale, quello cosiddetto civile. In un percorso che a volte ricorda il linguaggio cinematografico dei bravi ragazzi di Scorsese (senza mai raggiungerne la statura epica e melodrammatica, però) entriamo in contatto con la realtà di Fiume Basso, microcosmo dominato dalla legge criminale ‘onesta’ trasmessa dai padri Urca, sistematicamente costretti in ogni epoca, dagli Zar così come dai Soviet, ad abbandonare la natia Siberia per poi ritrovarsi in una terra senza pace e senza controllo.
Il romanzo procede in maniera non omogenea, ma riesce a tener viva l’attenzione del lettore.
Indubbiamente la particolare ambientazione e l’apparente candore con cui vengono narrati episodi di estrema violenza e di particolare crudeltà sono due colonne su cui si basa la riuscita di questo romanzo. Lo stile risulta a volte infantile, con tutti i pregi ed i limiti di un aggettivo simile. Il quasi trentenne autore vive da pochi anni in Italia ed ha scelto di scrivere il suo esordio letterario nella lingua di adozione, probabilmente allo scopo di rendere più lineare, essenziale e diretto lo stile della sua narrazione. In più interviste Linin ha infatti ribadito che la sua esigenza principale era quella di raccontare i fatti sfrondandoli da qualsiasi sovrastruttura culturale ed etica da lui accumulata negli anni, limitandosi al racconto di un ragazzino degli anni novanta che ricorda la propria infanzia ed adolescenza senza pregiudizi ed interpretazioni.
Non si può non provare simpatia per il giovane protagonista ed appassionarsi alle incredibili vicende da lui vissute o raccontate, così come non si potrà fare a meno di leggere il seguito di questo romanzo, la cui uscita è prevista ad inizio 2010, in cui si racconteranno gli anni del servizio militare e, probabilmente, le ragioni che hanno spinto l’autore/protagonista a trasferirsi in Italia.

Recensione di Fabrizio

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