Ott 042007
 

Assassino senza volto di Henning Mankell

Per l’ennesima volta il consiglio del mio vecchio amico cartolibraio Stefano ha colto nel segno: ogni libro che mi segnala si rivela una piacevole sorpresa e la scoperta di un grande autore. Così era stato in tempi non sospetti per Javier Marìas, per Paul Auster e per Joe R. Lansdale, molto prima che venisse recensito fin troppo entusiasticamente in tutte le rubriche di libri, quotidiani e riviste.
Stavolta, ben conoscendo la mia particolare predilezione per i gialli, l’indicazione ha riguardato Henning Mankell, scrittore svedese che spesso vive in Africa, e la sua creatura, il commissario Kurt Wallander.
Trattandosi appunto di una serie di romanzi che hanno per protagonista lo stesso personaggio, ho pensato bene di iniziare con il primo, intitolato ‘Assassino senza volto ’.
Non si fa fatica a simpatizzare col protagonista, uno svedese che, lasciata la nativa Malmoe per intraprendere contro la volontà del padre la carriera di poliziotto, si ritrova, passata la quarantina, ad affrontare molti dei problemi che lo accomunano a tanti coetanei di qualsiasi latitudine e professione: la monotonia di un piccolo centro, l’improvvisa ma certo non inaspettata richiesta di divorzio della moglie, una figlia cresciuta troppo in fretta e ormai quasi un’estranea, nonché un vecchio padre la cui demenza senile avanza a passi da gigante. L’inchiesta riguarda un efferato duplice omicidio che sconvolge la quiete del villaggio che scatena la reazione di chi vuole farsi giustizia da sé. Senza entrare nei dettagli della vicenda, che appassiona già dal primo capitolo, ciò che colpisce è lo sguardo incredulo con il quale il protagonista osserva la realtà che lo circonda e le trasformazioni della società che lo colgono impreparato e attonito: per usare le parole dell’autore, si ha l’impressione che i giovani che commettono un crimine vengano più o meno incoraggiati a continuare a farlo, nessuno si cura delle vittime della violenza in continua crescita, e si va sempre peggio.
Gli occhi di Wallander, spesso annebbiati dai fumi dell’alcool, osservano un mondo che, sotto un’apparente perfezione sociale, non è preparato all’incontro con lo straniero (profugo o lavoratore dell’est) e non sanno più riconoscere cosa sia giusto.
Un altro elemento di grande interesse è l’ambientazione nella campagna svedese, fuori dai luoghi classici del giallo americano o del noir francese; il freddo penetra nelle ossa, l’ossessiva speranza che il maltempo tardi ad arrivare, i lunghi appostamenti notturni evitando l’assideramento rendono ancora più intrigante ed affascinante la vicenda; la meticolosa precisione temporale del racconto, “Wallender giunse 19 minuti dopo…” ci dipinge un quadro della società scandinava in cui tutto sembra essere esatto e pianificato, e nella quale gli avvenimenti che sconvolgono gli equilibri del quotidiano sembrano avere un effetto ancor più devastante.
Il precario equilibrio con il quale si muove Wallender, goffo ed imbranato con le donne alle quali si aggrappa per ridare un senso alla sua vita, viene miscelato ad un grande intuito ed all’istinto che lo spinge ad agire cambiando improvvisamente direzione, dando al racconto spinte inaspettate e scarti narrativi molto stimolanti.
In conclusione, si può affermare che la lettura di Mankell potrà essere un’ottima maniera per avvicinarci all’inverno, sia con i gialli di Wallender, sia con gli altri suoi libri di diversa ambientazione, tutti pubblicati in Italia da Marsilio.

Recensione by Fabrizio

  One Response to “Assassino senza volto”

  1. […] Reichs con Temperance Brennan, Fred Vargas (o come si chiama davvero) con il commissario Adamsberg, Henning Mankell con l’ispettore Wallander, Michael Connelly con il suo poliziotto (non ricordo il grado) che si […]

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