ACAB – All Cops Are Bastards, di Carlo Bonini.
Einaudi Stile Libero-Big, pp. 191, Euro 16,50
Prende il titolo dall’acronimo di un celebre refrain di un motivo skinhead anni 70, All Cops Are Bastards! , il libro dell’inviato di Repubblica Carlo Bonini che, come un pugno nello stomaco, va diretto alle radici dell’odio.
Stilisticamente ibrido, a cavallo tra romanzo e inchiesta, parte da fatti documentati e ci conduce, accompagnati dalle testimonianze di tre “celerini bastardi”, attraverso le vicende di cronaca più sconvolgenti degli ultimi sette anni.
Michelangelo, lo “sciatto” e il “drago”, ci portano per mano dalla Diaz di Genova agli sgomberi degli immigrati nei CPT, dalla discarica di Pianura all’omicidio Reggiani, dalle manifestazioni degli operai del Sulcis alle sommosse da stadio, culminate con l’assalto ad una caserma per opera degli ultras dopo la morte di Gabriele Sandri.
Leggendo, veniamo letteralmente scaraventati all’interno di una realtà che vede i protagonisti ora antagonisti, ora accomunati (“padroni a casa propria” nel caso emblematico della levata di scudi contro i rom) ai vari schieramenti che si trovano a dover contrastare. È evidente la reciproca contaminazione soprattutto leggendo le fedeli e inquietanti trascrizioni delle chat messe a disposizione dal Viminale e accessibili dalle questure, in cui viene dato sfogo ad un odio neppure represso più di tanto, che scaturisce da un’ideologia di bassa lega fascista, rozza e violenta, che purtroppo, all’interno del reparto, non costituisce certo una minoranza deviata.
“Tutti sono colpevoli”. Una conferma a questa condanna è evidente leggendo il capitolo relativo ai fatti della Diaz, dove ai reparti viene dato in dotazione uno sfollagente rigido “il tonfa”, molto simile ad un arnese di arti marziali. Quindi, con sapiente maestria, Bonini intervalla elenchi di agghiaccianti referti medici dei no-global contusi con le istruzioni d’uso del suddetto sfollagente, denotando una precisa volontà di far andare le cose proprio nel verso in cui sono andate.
È proprio di Michelangelo Fournier, vicecomandante del VII nucleo antisommossa operativo alla Diaz, la tremenda quanto efficace espressione “macelleria messicana”, tirata fuori durante il processo che lo ha visto imputato e per il quale è stato condannato a due anni di reclusione per concorso in lesioni.
I racconti dei protagonisti, dalla quotidianità delle loro vite private alle vicende legate al servizio, prendono più i connotati di una seduta analitica liberatoria che di una confessione. Ne esce un ritratto di uomini disadattati, ingranaggi di un meccanismo che prima li usa e poi li abbandona al loro destino, trovandosi ad essere alternativamente incudine o martello.
Uomini odiati che a loro volta odiano e che trovano conforto aggrappandosi ad un’idea di cameratismo e appartenenza, in un quotidiano segnato da sangue, da vetri rotti, da lacrime e sudore, in cui Bonini ci cala riuscendo a farci ragionare su dinamiche assolutamente non giustificabili ma quanto meno comprensibili, nell’ottica di coloro che vedono ormai l’Italia non più come uno stivale, ma come un anfibio di celerino!
Recensione by Claudia
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