Roma, Galleria Gagosian, fino a sabato 8 novembre 2014
A poco più di 4 anni dalla scomparsa, la sede di Roma della prestigiosa Gagosian Gallery omaggia l’attore, cineasta e fotografo, tra i simboli della controcultura di fine anni sessanta, icona dell’altra Hollywood, le cui opere sono presenti al Moma di NYC e in altre importanti istituzioni museali statunitensi.
Il luminoso ed accogliente spazio di via Crispi raccoglie in due sale un’ampia selezione di scatti dell’artista originario del Kansas. La prima è essenzialmente composta dalla raccolta Drugstore Camera, in piccolo formato risalenti al 1971 e scattate a Taos, New Mexico, residenza di Hopper dall’epoca di Easy Rider fino agli anni ottanta: foto semplici raffiguranti il paesaggio desolato, amici, nudi femminili, viaggi On the Road, quasi un diario fotografico effettuato con fotocamere non professionali, suggestivo ed evocativo dello spirito anticonformista del personaggio e dell’ingenuità, dell’energia e dell’ottimismo di quegli anni.
La foto di ampio formato Double Standard, un paesaggio urbano in bianco e nero degno dell’omonimo pittore Edward, rappresenta nel percorso della mostra un ponte ideale con la raccolta della sala ovale, comprendente tra le altre opere una ricca serie di ritratti di alcuni dei personaggi protagonisti dell’America a cavallo tra sessanta e settanta: Andy Warhol, James Brown, Grateful Dead, Buffalo Springfield, il compagno di Easy Rider Peter Fonda, la sua splendida sorella Jane ritratta in bikini ma lontana mille miglia dalle immagini patinate e glam delle foto di moda.
Atmosfere alla Jim Jarmush o alla Wenders di Paris, Texas sono invece quelle che si respirano nella lunga serie di foto di reportage, che ritraggono la provincia americana, i suoi personaggi borderline, cowboys al rodeo, l’inevitabile riferimento al funerale di JFK: l’autore gratta la superficie dei luoghi e delle situazioni ritratte, scartavetrando la realtà apparente e facendo affiorare l’inquietudine ed il presagio per l’imminente fine dell’American Dream.
Una raccolta imperdibile che permette di comprendere più di mille parole l’esplorazione artistica e umana di un personaggio chiave degli USA di fine XX secolo, molto celebrato per le sue numerose pellicole di culto (oltre al già citato Easy Rider, basti pensare tra le tante, alle sue interpretazioni in Blue Velvet ed Apocalypse Now) ma meno conosciuto, almeno dalle nostre parti, per le sue attività parallele in ambito fotografico. Una mostra ben curata, ben illuminata e, valore aggiunto non trascurabile, assolutamente gratuita, al contrario della strapubblicizzata antologica di Cartier-Bresson all’Ara Pacis, dall’allestimento discutibile e dal prezzo d’ingresso esagerato.
recensione e foto di Fabrizio Forno