Gen 262015
 

Venezia, Palazzo Fortuny, 4 ottobre 2014 – 8 marzo 2015

★★★½☆

machesa casati q“La divina marchesa” – arte e vita di Luisa Casati dalla belle époque agli anni folli – si trova in questi giorni a palazzo Fortuny a Venezia. Sarà possibile visitare la mostra inaugurata il 4 ottobre 2014 fino all’8 marzo 2015 quando chiuderà i battenti proprio in questa data simbolica della festa della donna. Lei che era una donna impareggiabile, amata e amante di così tanti artisti e uomini speciali che hanno fatto la storia del novecento e che ancora la loro eco si sente nell’arte e nel gusto contemporaneo.
Nella mostra sono visibili sculture di Boccioni, quadri di Balla, di Depero, di Martini, di Alastair aventi tutti la marchesa come soggetto, ritratta in tutta la sua straripante sensualità più che vera bellezza; ci sono fotografie di De Meyer o di Man Ray che ritraggono l’anima scura di Luisa Casati più che il suo volto; si può leggere l’intensa corrispondenza con D’Annunzio o le dichiarazioni di lei stessa sul senso della vita come la famosissima frase “voglio essere un’opera d’arte vivente”.
Decadentismo a gogo che può anche un po’ infastidire chi non ama particolarmente certe atmosfere crepuscolari o le manifestazioni dell’altissima società di quel periodo storico attraverso le sue feste, i suoi salotti letterari, i suoi incontri assolutamente inavvicinabili per i comuni mortali. Alcuni quadri sono sorprendentemente innovativi come quelli di Alberto Martini ai quali i fumettisti dovrebbero essere e probabilmente lo sono, molto grati e le fotografie di Man Ray che aprono la strada agli effetti speciali e sperimentali di oggi.
Tutto questo è esposto nelle sale che furono l’atelier di Mariano Fortuny, artista molto interessante certamente poco conosciuto dal grande pubblico, che operò a cavallo tra la fine dell’ottocento e il novecento e che costituisce un ponte tra le due diverse concezioni dell’arte. Nasce pittore di soggetti piuttosto classici ma poi si occupa di fotografia e di scenografia specialmente per il teatro Wagneriano sua grande passione. Ma è nei tessuti che forse dà il meglio di sé sia per quel che riguarda i disegni tipici dell’art noveaux che per la qualità delle stoffe e la loro lavorazione: Fortuny è l’inventore del plissé.
La mostra è nel complesso interessante anche se un po’ disomogenea ma ha il pregio di aver unito in un unico spazio due personalità quasi antitetiche. Se Fortuny cerca di coniugare l’arte e il gusto del bello con la funzionalità (basta pensare alle sue scenografie, vere e proprie opere ingegneristiche come la cupola Fortuny da lui brevettata) la Luisa Casati insegue il totale narcisismo, l’essere oggetto e soggetto delle sue creazioni che coincidono con le sue azioni.
Sono l’impersonificazione di due diverse estetiche in auge negli stessi anni: l’una che guarda al proprio ombelico con gran compiacimento e l’altra proiettata verso la modernità e la funzionalità.
Si trascorre una buona ora in un bel palazzo al centro di Venezia immergendosi nelle vibranti atmosfere di quegli anni speciali stracolmi di fermento e di contraddizioni; nulla di quel che facciamo o pensiamo ora non poggia le sue radici in quell’humus denso di creatività ed eccentricità.

recensione di Claudia Pignocchi

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