Gen 022008
 

Lunedì 31 dicembre 2007 dalle ore 22.00 alle 8.00
Ex Fiera di Roma – Via Cristoforo Colombo, 293 – ROMA

La quarta edizione dell’AmoreFestival di Roma si è svolta alla presenza di decine di migliaia di persone, venute da tutt’Italia, e persino da altre capitali europee; perché di questo si è trattato: di un avvenimento che, attraverso il tam tam di Internet, è diventato negli anni una tappa fondamentale per la cultura giovanile facente capo alla dance music ed alla musica elettronica.

La rassegna, che nel nome vuole emulare la famosa Love Parade di Berlino, che si svolge ogni anno, è stata organizzata, nella Fiera di Roma, in cinque grandi punti nodali, corrispondenti ai grandi capannoni della medesima, dove si sono svolte le performances di alcuni dei D.J. più famosi d’Europa; ciascun capannone conteneva una particolare specificità musicale coordinata da uno specifico D.J.

Abbiamo potuto così assistere, nell’area “Cocoon,” alla suggestiva performance del cileno Ricardo Villalobos, residente in Germania, il quale ha assemblato una splendida commistione di techno-trance elettronica di natura ambientale, che tra l’altra riprendeva in tema dance la colonna sonora di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, e di altri films di fantascienza, mentre sul palco una donna si esibiva con gesti lenti e solenni in una sorta di danza moderna, e su di uno schermo retrostante, suddiviso in tre parti, scorrevano magnifiche immagini trattate elettronicamente, con un effetto complessivo di spettacolo multimediale di grandissima suggestione, concreto esempio di “Visual Art”, che avvicina Roma a capitali europee come Berlino.

Parimenti la performance di James Holden, successivo D.J., accentuava l’elemento melodico, nell’ambito della trance music, con forti venature psichedeliche, certamente influenzato dalla musica di Aphex Twins e dei Massive Attack, mentre sullo schermo scorrevano splendide immagini elettroniche virate all’arancione ed al rosso, che ricordavano, ma con tecnica ben più evoluta, certi film dell’avanguardia statunitense degli anni sessanta, in particolare Stan Brakhage.

Nell’area “Goa-Ultrabeat”, pur rammaricandoci di non aver potuto assistere all’esibizione di Jeff Mills, D.J. statunitense d’avanguardia, abbiamo partecipato alla performance di Rino Cerrone, napoletano, uno dei maggiori inventori ed esportatori italiani di musica techno trance; il suo approccio al suono è molto minimale e si basa sull’iterazione dei suoni, con effetti fortemente ipnotici.

Nell’area “Minus” si è esibita la gelida e robotica Magda, di Berlino, considerata la massima esperta di techno-minimale; la sua performance, peraltro fortemente apprezzata dai presenti in sala, rappresenta un incrocio tra lo stile house e minimal, ma tiene sicuramente conto della new wave anni ottanta, e del Kraut Rock stile Klaus Schultze e Kraftwerk.

Nell’area “House”, la performance di Krakatoa ha forse realizzato il suono più aspro e cupo, e forse più congeniale al ballo, mentre su piccoli schermi circostanti venivano proiettate immagini fortemente stranianti.

Nell’area “Hip Hop”, infine, l’ensemble italiano Cor Veleno ha realizzato la performance più tradizionale, coniugando hip hop e reggae, con forti accenti di protesta politico-sociale, corredati da splendide immagini di vita e di degrado metropolitani.

In definitiva, se anche dobbiamo ammettere che la musica techno, soprattutto nelle sue varianti house, non incontra le nostre preferenze, dobbiamo riconoscere che l’elettronica ambientale, che trova i suoi padri spirituali in geni della musica come Brian Eno, Terry Ryley, e nei teorici dell’ iterazione Philip Glass e Steve Reich, non è priva di suggestione; le moderne performances di “Visual Art”, prima descritte, e coordinate da artisti del calibro di Ali Demirel, o Pintaycolorea rappresentano certamente forme di moderna, o se vogliamo, postmoderna avanguardia nel campo dello spettacolo.

ALCUNE CONSIDERAZIONI

Certamente questo genere di spettacolo, assolutamente assimilabile ai “rave-party” che si tengono semi clandestinamente, rimane attualmente confinato nel mondo dei giovani, soprattutto giovanissimi, anche teenagers, che comunque, in questo importante appuntamento del Capodanno romano, rappresentavano stili, modalità di espressione, e a loro modo, voglia di comunicazione, così come in passato avveniva per i grandi concerti.

Alcuni di loro erano fortemente incuriositi dalla presenza di persone più mature, ed hanno fraternizzato con noi, compiacendosi della nostra attenzione per la loro cultura ed il loro stile di vita.

Naturalmente non è mancato qualche sporadico caso di “sballo” a causa di stupefacenti, prontamente risolto dal servizio medico presente.

Ciò che ci preme sottolineare, e non certo per spirito moralistico, che ci è assolutamente estraneo, è una certa mancanza di “consapevolezza” circa la valenza di queste moderne e sofisticate performances multimediali; ci è capitato di chiedere molte volte chi fosse il D.J. che si stava ascoltando, ed il più delle volte la risposta era ”non lo so”; sostanzialmente si viene per il ballo (e a volte per lo “sballo”): tutto ciò è positivo se libera energie e voglia di comunicazione, ma riteniamo, tuttavia, che se uno spettacolo venisse fruito più attivamente, potrebbe contribuire più in profondità a far crescere nuova “cultura” e nuove “identità”, di cui il mondo giovanile sembra avere disperatamente bisogno.

Quanto poi agli adulti, che giudicano con superficialità, o con sufficienza tali eventi, spesso condannando certi stilemi e modi di essere di quel mondo, dimostrano un limite culturale ancora maggiore, ed un’incapacità di calarsi nelle realtà diverse dalle proprie abitudini, che impediscono spesso una corretta comunicazione intergenerazionale.

Recensione by Dark Rider

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