Giu 082009
 

Regia di Marco Bellocchio con Giovanna Mezzogiorno, Filippo Timi, Fausto Russo Alesi, Pier Giorgio Bellocchio, Michela Cescon, Corrado Invernizzi, Paolo Pierobon. Durata 128 min. – Francia, Italia 2008

★★★★☆

vincere.jpgInizi del secolo. Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno), ragazza della borghesia trentina, incontra un giovane e fervente sindacalista socialista, in seguito direttore dell’Avanti, Benito Mussolini (Filippo Timi), del quale subisce il carisma e ne rimane letteralmente folgorata. Travolta da autentica passione, come testimoniano le scene di sesso sulle quali il regista più volte indugia, Ida non esita a votarsi anima e corpo alla causa di Mussolini vendendo tutti i suoi averi pur di finanziare la nascita del “Popolo d’Italia” e avallare così la nascita del futuro Partito Fascista. Ne segue una relazione che porterà i due a celebrare un matrimonio religioso (che però nel film viene volutamente rappresentato in chiave ambigua, lasciandolo tra sogno e realtà) e alla nascita di un figlio, Benito Albino, quest’ultimo dapprima riconosciuto dal padre ma in seguito messo da parte, così come la madre, per lasciare spazio al nichilismo personale e al disegno di potere che porteranno Mussolini a sedurre non più solo donne, ma un intero popolo. Nel frattempo la Grande Guerra separa i due amanti, e quando Benito viene ferito al fronte la Dalser si reca all’ospedale dove, in una delle scene più suggestive del film, si scontra con Rachele, sposata con rito civile e già madre di Edda.
Entrambe le donne rivendicano il proprio ruolo, ma Mussolini ha già fatto la sua scelta e alla Dalser vengono attribuite le prime accuse di follia. Lei non si da per vinta, mai, e prosegue incessantemente con ogni mezzo e in ogni occasione ad urlare la sua verità. Diviene quindi un personaggio troppo scomodo, a rischio scandalo per un sistema in ascesa e per il suo leader. Viene quindi separata dal figlio e internata in un ospedale psichiatrico dove rimarrà fino alla fine dei suoi giorni pur non smettendo mai di lottare in tutti i modi per far valere le sue parole che si disperderanno, però, come lettere nella bufera che mai nessuno leggerà. Il giovane Benito Albino, seppur con qualche anno di distanza, ne seguirà la medesima sorte.

Dopo essersi confrontato con gli anni bui del terrorismo nel bellissimo “Buongiorno notte”, il regista Marco Bellocchio ci racconta una pagina altrettanto controversa della nostra storia, quella del ventennio fascista, con rara maestria cinematografica, in un sovrapporsi di scene girate e filmati d’epoca, con chiari riferimenti stilistici che rimandano alla corrente futurista come le musiche roboanti e le scritte ripetitive che invadono lo schermo inneggiando all’azione e alla guerra. Il film ha una struttura che si snoda seguendo i canoni del melodramma, con la storia dei due protagonisti al centro di un contesto ben più ampio che percorre in parallelo due binari: quello politico, con l’ascesa del fascismo quale forza motrice di un Paese che si avvia verso un futuro epico e tragico come la guerra, e quello psicologico, dove l’affermazione dell’ego di Mussolini da una parte e quello della Dalser nella sua lotta indefessa per il riconoscimento del suo ruolo di moglie e madre porteranno entrambi ad un finale di autodistruzione.
Ottima la raffinata fotografia di Daniele Ciprì, così come il ritmo incalzante dato al montaggio da Francesca Calvelli e le musiche curate da Carlo Crivelli, che in molti passaggi ci trasmettono un’intensità da opera lirica. Ma è la prova degli attori protagonisti, Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno, che regala al film quel valore aggiunto di credibilità nel rappresentare due personaggi così intensi, pieni di eccessi e teatralità, che avrebbero potuto facilmente scadere nel macchiettismo e nella caricaturalità, peraltro molto più presente sui filmati storici del vero Mussolini piuttosto che nella rappresentazione offertaci da Filippo Timi.
In ultimo, il tanto anelato parallelismo tra il Duce e Berlusconi, a mio avviso, non è tanto nel fine quanto nel mezzo. Infatti mentre il primo è fermamente convinto della grandezza del suo disegno come unico cammino perseguibile per una nazione protesa verso orizzonti epici ed espansionistici, l’altro abbindola le menti meno evolute, o quantomeno prive di senso critico, al fine di perseguire tornaconti a beneficio puramente personale. Per far questo adottano entrambi una tecnica che si avvale di forte presenza scenica, teatrale, proiettando un’immagine di se artefatta. Il Duce intuendo la potenza della cinematografia e avvalendosi dell’allora nascente Cinecittà e riempiendo gli schermi dei cinegiornali con la celebrazione delle sue gesta; il Cavaliere con la capillare presenza su scala nazionale delle emittenti televisive di cui da sempre, e oggi più che mai, ne detiene il monopolio.

Recensione di Claudia

  4 Responses to “Vincere”

  1. Letto
    Complimenti

  2. La recensione è certamente ben articolata ed esauriente: aggiungerei solamente un paio di osservazioni.
    Nella drammatica storia di Ida Dalser e del suo sventurato figlio Bellocchio recupera la dimensione psicoanalitica, a lui molto congeniale, già espressa, con diversa valenza, in quasi tutte le sue opere, in partcolare negli intensi “Gli occhi, la bocca”, “La visione del Sabba” e nel bellissimo “Salto nel vuoto”, con Michel Piccoli.
    Questa donna, che rivendica i suoi sentimenti e la sua storia d’amore, cancellata per la naturale evoluzione di Mussolini da rivoluzionario ad uomo d’ordine, che lo porterà a sposare la ben diversa ed istituzionalmente affidabile Rachele, diventa un’eroina che combatte caparbiamente, atraversando momenti di lucida follia, contro le strutture manicomiali che la contengono. E’ evidente il recupero, da parte del regista, dell’antica polemica antipsichiatrica. Va, inoltre, sottolineata la capacità visionaria dell’Autore, che descrive il manicomio avvolgendolo in una luce livida, quasi innaturale, ove si muovono figure simili a zombies, ed i drammatici tentativi di comunicazione con l’esterno della protagonista, come quando sale sulla recinzione per gettare lettere all’esterno, in una suggestiva sequenza di grande pathos.

    Dark Rider

  3. […] bellissimo; a parte quel palazzo comunale stupendo; … Mail (will not be published) (required) …Vincere SlowcultNel frattempo la Grande Guerra separa i due amanti, e quando Benito viene ferito al fronte la Dalser […]

  4. […] ed onirica del rapporto tra Moro ed i brigatisti carcerieri, e meno recente, con il potente “Vincere”, ove un magnifica interpretazione di Filippo Timi ci regala un intenso ritratto del giovane […]

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