Nov 072016
 

Piacere, Ettore Scola

 

Roma, Museo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese fino a domenica 8 gennaio 2017. Ingresso gratuito.

 

★★★★☆

 

piacere_ettore_scola_largeLa città di Roma omaggia uno dei suoi figli adottivi del novecento più illustri e culturalmente significativi. Dopo aver accolto la camera ardente all’interno della Casa del Cinema e intitolato alla sua memoria l’arena estiva all’esterno della stessa Casa del Cinema, Villa Borghese ospita nello spazio espositivo del Museo Bilotti una mostra monografica dedicata al grande cineasta, scomparso all’inizio di quest’anno.

La mostra si sviluppa sui due piani dell’edificio; al piano inferiore la biografia di Scola viene illustrata in ordine cronologico, dalla nascita fino agli ultimi lavori per il teatro che arrivano proprio a ridosso della sua morte. Questa sezione è a sua volta divisa per argomenti, ovvero l’infanzia e gli inizi al Marc’Aurelio, nota rivista satirica a cui collaborarono tra gli altri anche Fellini, Scarpelli Age e Steno, passando da ‘battutista’ ad apprezzato vignettista. Si passa poi alla lunga prolifica ed importante attività di sceneggiatore (basti pensare a Il Sorpasso di Dino Risi a Un Americano a Roma o alla maggior parte dei film di Antonio Pietrangeli, compreso il capolavoro Io la conoscevo bene).

A causa delle insistenze di Vittorio Gassman e di Mario Cecchi Gori, Scola esordisce alla regia con Se permette parliamo di donne; alle regie è ovviamente dedicata la parte più corposa della mostra, con pannelli, contributi video e cimeli che illustrano la consistente filmografia che partendo dagli anni sessanta arriva ai giorni nostri, con l’ultima opera, tra fiction e documentario, dedicata al ‘maestro/amico’ Fellini, ovvero Che strano chiamarsi Federico del 2013.

Tutto il cinema italiano più importante è passato per le mani di Scola: Sordi, il già citato Gassman, Manfredi, Mastroianni, Tognazzi, Giannini, Troisi, Abatantuono, Castellitto, Trovajoli, Vitti, Ralli, Sandrelli, per non parlare dei grandi attori francesi, come Fanny Ardant e Jean-Louis Trintignant, che devono anche alle pellicole di Scola una parte rilevante della loro popolarità, visto il grande successo riscontrato oltralpe dal cineasta, nativo della provincia di Avellino, ma romanissimo d’adozione.

Grazie anche alle numerose chicche da collezionista, costumi di scena, bozzetti di scenografie, rarità e video ormai dimenticati, la mostra rende bene la complessità e la statura artistica di un grande uomo di cultura, non solo di cinema, protagonista e testimone della rinascita culturale del Paese nel secondo dopoguerra, trai padri della commedia all’italiana ed erede del Neorealismo (tra le tante didascalie, colpisce quella a fianco al poster di Ladri di Biciclette, in cui Scola confessa che, andando a scuola ed imbattendosi casualmente nel set del film, rimanendo colpito dalla figura di Vittorio de Sica che dominava il cast, non solo rinunciò per quel giorno ad andare a scuola per  assistere alle riprese, ma proprio in quel momento decise che avrebbe fatto del cinema la propria ragione di vita).

trintignant [800x600]Al piano superiore viene dato spazio alle persone che hanno collaborato con il Cineasta: attori, colleghi, musicisti e più in generale gente dello spettacolo, con testimonianze e ricordi che ne esaltano la grande umanità, la comunicativa ed il raro dono della leggerezza. Altro rilevante spazio viene dato all’impegno politico che ha caratterizzato l’intera carriera di Ettore Scola, all’interno e all’esterno del PCI, con immagini, foto e articoli di giornale che testimoniano la profonda passione civile e la costante attenzione al sociale. Dopo un’interessante sala dedicata ai numerosi disegni schizzi e vignette originali, l’ultima sezione raccoglie i premi ed i riconoscimenti raccolti in quasi cinquant’anni di una carriera davvero unica e speciale.

Si esce dal Museo con l’urgenza di andare a rivedere i numerosi capolavori del Maestro, sia quelli più celebrati (Brutti, Sporchi e Cattivi, vincitore a Cannes, Una Giornata Particolare, C’eravamo tanto amati, La Terrazza) sia quelli meno rivisti in TV, (tutta la filmografia degli anni sessanta, i documentari ‘politici). Merito della mostra, ma soprattutto di un grande Artista, vero uomo del suo Tempo, un esempio di coerenza e di profondità intellettuale unica ed inconfondibile.

 

reportage di Fabrizio Forno

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