Maria Grazia Di Mario, “La Roma di Moravia tra narrativa e cinema”, Aracne Editrice, pag. 261, euro 16,00
L’autrice, Maria Grazia Di Mario – giornalista e pluripremiata scrittrice di prosa e di poesia – ci dà l’opportunità di riscoprire un grande scrittore in parte dimenticato, Alberto Moravia, e di visitare i luoghi di Roma che fecero parte della sua vita, che ispirarono i suoi romanzi e che furono poi trasposti nelle pellicole cinematografiche. Una lettura che rivela le fasi più intime e delicate della vita dello scrittore, i ricordi d’infanzia, le case in cui visse, le passeggiate con il nonno, le frequentazioni di locali nei quali si riunivano i personaggi più in vista del mondo della cultura e del cinema, tra cui Flaiano, Visconti, Fellini e Pasolini.
Fu stretto il legame fra Moravia e il cinema. L’inizio della sua attività creativa coincise con la vera ascesa in Italia di questo mezzo di espressione, nel 1929, anno di pubblicazione del romanzo Gli indifferenti; la Roma scenografica, che lui considerava un set naturale, fece da sfondo a molti suoi libri e sceneggiature. Per anni fu critico cinematografico e frequentatore di sale, non solo per ragioni professionali, ma per intima convinzione che il cinema fosse autentica arte popolare contemporanea, più del teatro. Come sottolinea l’autrice, “l’influsso cinematografico si coglie nei dialoghi asciutti, nell’immediata visività delle scene, nell’attenzione ai particolari ambientali che si manifestano attraverso descrizioni quasi documentaristiche […] e nella capacità di tratteggiare realisticamente, nella loro intima essenza, personaggi caratteristici dell’epoca.”
Viene descritto nel libro, dunque, un Moravia narratore, ma anche sceneggiatore – collaborò con Mario Soldati e con Luchino Visconti, rispettivamente per l’elaborazione delle sceneggiature de “La tragica notte” e “Ossessione” – e perfino regista, sebbene per una sola occasione, il cortometraggio “Colpa del sole”. Si recò sui set dei film ispirati alle sue opere, girati sul Campidoglio (La romana, del 1954), a Ponte Sisto (Risate di Gioia, 1960) e sull’Appia Antica (Il disprezzo, 1963).
Italo Calvino gli disse, un giorno: “Smetti di scrivere Racconti romani, che ne hai scritti troppi”. Ma lui, sottolinea Maria Grazia Di Mario, non smise mai di cogliere gli spunti che la sua città e la gente intorno a lui gli offrivano. Il suo vissuto biografico, precisa l’autrice, è fondamentale per capire appieno la sua opera; il personaggio principale dei racconti e dei romanzi è sempre il popolo romano alla ricerca di un senso dell’esistere. Le parole dello scrittore (tratte da “Moravia allo specchio”) descrivono pienamente i suoi sentimenti e il suo vissuto: “A Roma sono nato e vissuto sempre, e perciò è superfluo dire che sono oltremodo attaccato a questa città amandone non solo le parti belle e antiche, ma anche quelle moderne e mediocri. In Roma non solo i monumenti, ma anche il clima, il variare della luce, gli aspetti più banali, hanno, per me, un valore che non esito a chiamare poetico e autobiografico. Questo amo chiamare e conoscere veramente Roma.”
Recensione di Daniela Delli Noci