Mammuth, regia di Benoît Delépine e Gustave Kervern.
Con Gérard Depardieu, Yolande Moreau, Isabelle Adjani, Benoît Poelvoorde, Blutch – Durata 92 min. – Francia 2010.
La provincia francese un po’ sgranata dai colori rarefatti, dialoghi succinti e lunghi silenzi e una nutrita sfilza di personaggi borderline è quello che lo spettatore si porta con sé a casa dopo aver visto “Mammuth”; ultimo film di Benoît Delépine e Gustave Kervern, distribuito dalla Fandango, nei cinema dal 29 ottobre.
Nel cast figurano oltre un immenso (nel senso del peso) Gérard Depardieu accanto a Yolande Moreau, anche Isabelle Adjani, Miss Ming e Anna Mouglalis.
Il film racconta la storia di un uomo che con la scusa di recuperare i documenti mancanti alla sua pratica di pensionamento, affronta un viaggio sulla sua motocicletta Mammuth, da cui prende il titolo la pellicola e il soprannome il protagonista. E’ una storia on the road quindi, in cui come in ogni film di questo genere che si rispetti, il nostro eroe non troverà quel che va cercando ma qualcosa di molto più prezioso e utile alla sua crescita personale.
Lungo la strada Mammuth/Depardieu (un po’ scioccante per chi pensa a lui come a un sex simbol) capirà che la sua vita ha bisogno di innalzarsi verso espressioni più alte, verso la poesia e l’amore. Incoraggiato dal fantasma della sua prima amante, stimolato dal folle candore della sua nipotina e sostenuto comunque dalla certezza dell’amore di sua moglie, riuscirà a progredire anche se ormai vecchio, riscattandosi da una vita di bisogni semplici per giungere ad un senso profondo di libertà e amore verso se stesso e verso ciò che lo circonda. E’ interessante che il passaggio e la rinascita avvenga per mano femminile, come a dire che soltanto questa metà del creato ci può salvare e ci può far evolvere.
Da un punto di vista stilistico il film è molto particolare. Girato con una 8 millimetri rende tutte le immagini come appartenenti ad un’altra epoca, e a detta degli stessi autori, era questo il solo modo per rendere la bellezza del bianco e nero pur usando i colori!
Inoltre non c’è sceneggiatura e di questo ci si rende conto sin dai primi minuti, così come dell’aver affidato tantissime scene a dei non-attori. Tutto questo conferisce al film un che di lirico ma risulta essere un po’ lento come certo cinema francese.
Pur mantenendo sempre un che di irreale, la narrazione talvolta si avvale di una certa volgarità gratuita ma nel suo complesso “Mammuth” è un’opera riuscita dove lentamente, man mano che le immagini scorrono, si fa strada la colonna sonora composta da Gaëtan Roussel che si rivela essere quella che maggiormente rispecchia il desiderio dei registi. Quello cioè di divertire e commuovere allo stesso tempo.
Recensione di Claudia Pignocchi
[…] del film) del popolo napoletano attraverso la musica e le canzoni. Leggi tutto l’articolo Mammuth, regia di Benoît Delépine e Gustave Kervern Da un punto di vista stilistico il film è molto particolare. Girato con una 8 millimetri rende […]