SOURCE CODE, di Duncan Jones. Con Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright, Brent Skagford. Durata 93 min. – USA, Francia 2011.
Un ufficiale americano pilota di elicotteri si trova improvvisamente catapultato dal fronte su un treno di pendolari diretto al centro di Chicago. Il suo disagio è evidente, nonostante la brunetta ammiccante che gli siede di fronte e che gli mostra una confidenza ed una complicità che lui non sa spiegarsi. Ancora peggio quando si reca al bagno del vagone ed allo specchio vede riflessa l’immagine di un’altra persona. Non fa in tempo a tornare al suo posto quando una spaventosa esplosione investe il convoglio. Al suo risveglio, imbragato ad una cintura di sicurezza, a testa in giù in una specie di claustrofobica capsula, riceve gli ordini impartiti in video dal capitano Goodwin: in qualità di prescelto quale protagonista di un’importante innovazione dovuta all’applicazione della fisica quantistica in un programma di sicurezza e lotta al terrorismo, dovrà essere nuovamente rispedito a bordo del treno dove avrà solo otto minuti per completare la ricerca dell’autore dell’attentato che ha investito il treno in arrivo alla stazione centrale della città dell’Illinois. La mission impossible si ripete svariate volte ed ogni volta il Capitano Colter fa sempre più fatica ad accettare la realtà, anzi non riesce proprio a capire quale essa sia e soprattutto se le sue azioni a bordo del treno potranno modificare il corso delle cose.
Se due indizi possono già fare una prova, possiamo sbilanciarci ed affermare tranquillamente che Duncan Jones, al secondo film dopo lo splendido esordio di Moon, con un relativamente modesto dipiegamento di mezzi e di risorse, riesce a fare della grande fantascienza d’autore. Ed anche stavolta mette in scena la solitudine dell’uomo alla ricerca di affetti, riuscendo pertanto a parlarci d’amore e di relazioni umane partendo da premesse tecnologiche e scientifiche, volendo affermare che il progresso e l’evoluzione tecnologica possono portarci a pericolose derive al limite del disumano, quando invece occorre riportare urgentemente al centro dell’attenzione l’uomo ed i suoi sentimenti più profondi. Il film si dipana con il ritmo tipico dei migliori thriller e come nella precedente opera di Jones è quasi totalmente incentrato sulla figura del protagonista: Jake Gyllenhaal passa con disinvoltura dal cowboy gay di Brokeback Mountain alle dune di Prince of Persia, ma anche quando non è aiutato da scenari sontuosi e spettacolari riesce a dare alla sua interpretazione una profondità ed uno spessore davvero encomiabili. Non da meno, Vera Farmiga, qui quasi immobile dopo aver seguito in lungo ed in largo George Clooney Tra le nuvole, riesce a volte con un solo sguardo ad emozionare e commuovere lo spettatore, così come d’altro canto succede all’altra protagonista del film, la dolce ed intensa Michelle Monaghan, che arricchisce la vicenda con il giusto romanticismo che fa da sfondo a questa adrenalinica e complicata storia a lieto fine. Onore al merito di Duncan Jones, autore unico ed originale che non smette di sorprenderci ed emozionarci profondamente.
Recensione di Fabrizio