Il Cigno Nero, regia di Darren Aronofsky, con Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Barbara Hershey, Winona Ryder
Durata 108 min. U.S.A., 2010.
Il tema del “doppio” è stato più volte affrontato nel cinema, anche con opere mirabili, come il “Dr. Jeckyll e Mr. Hyde”, nelle versioni di Ruben Mamoulian e di Victor Fleming, nonché “Il Ritratto di Dorian Grey” di Albert Lewin o più recentemente nella versione di Oliver Parker, o come lo splendido “Tre Passi nel Delirio” di Fellini, Malle e Vadim, ove nell’episodio di Malle William Wilson uccideva William Wilson, o nell’allucinante “Operazione Paura” del nostro maestro del terrore Mario Bava, nel quale il protagonista si trovava a rincorrere se stesso nelle stanze di un castello, ritrovandosi sempre al punto di partenza.
Questo allucinatorio film di Darren Aronofsky, già autore del bellissimo “The Wrestler” vincitore di Venezia Cinema 2008, ha consacrato la maturità artistica di Natalie Portman, che ha giustamente conseguito un Oscar per la sua magnifica interpretazione della ballerina dark Nina Sayers, del New York City Ballet.
La pellicola racconta l’allestimento de “Il Lago dei Cigni” di Tchaikowsky da parte della citata compagnia, il cui coreografo e direttore, Thomas Leroy (un Vincent Cassell fortemente seduttivo) decide di sostituire la prima ballerina Beth, allestendo una competizione per il ruolo principale. Dopo accurate selezioni, rimangono in lizza la brava ma introversa Nina e la meno tecnicamente dotata ma più sensuale Lily. E’ infatti previsto che nell’ambito dell’Opera la medesima protagonista debba interpretare le due parti dell’angelico Cigno Bianco e del demoniaco Cigno Nero.
Da queste premesse parte questo bel thriller psicologico che si dipana nei meandri della psiche della protagonista, evocando forti pulsioni sado masochiste, veri passaggi d’incubo in una grande eleganza formale, in cui il genio visionario del regista si esprime con pienezza di contenuti. I primi piani valorizzano il bel volto della Portman, proteso ad accogliere la sfida lanciata dal direttore che la propone per il ruolo fondamentale, ed il contrasto con la sfrontata e disinibita amica nemica Lily (una efficace Mila Kunis), che la inizia alla droga ed alla trasgressione con la quale vive anche un’intensa esperienza erotica, forse solamente onirica.
Ed è la confusione tra sogno e realtà la più affascinante cifra stilistica del film; Nina, aggraziata e perfetta nel ruolo del Cigno Bianco, attraverso la estenuante competizione con Lily, sensuale e spregiudicata, inizierà il suo angoscioso percorso fisico e psicologico per conquistare il suo lato oscuro, liberandosi della tutela dell’oppressiva madre (Barbara Hershey) e diventare un perfetto Cigno Nero che, a seguito di una drammatica e fantastica performance, la sera della prima incontrerà il suo destino, in una fusione mirabile di Arte e Vita.
Non preoccupandosi troppo di scivolare nel kitsch, Aronofsky fa penetrare lo spettatore nell’animo di una donna fragile ed insicura, con tendenze fortemente autolesioniste, svelando l’inquietudine e la sofferenza di una psiche malata.
Le scenografie sono molto suggestive, soprattutto nelle scene di danza: ispirate ad una splendida classicità e fortemente inquietanti, seguono con momenti di grande tensione il percorso disturbante delle allucinazioni della protagonista, come quando Nina totalmente sola si ritrova a vagare per i corridoi dell’Accademia e la sua immagine allo specchio la osserva minacciosa, o come quando durante il ballo dalla sua schiena ferita in una metamorfosi anche fisica promana una pelliccia nera di piume e penne.
Drammatica opera sulla solitudine e sulla ricerca della perfezione, il “Cigno Nero” è pienamente convincente, sia nella magnifica visione delle scene di danza, che nelle sue espressioni macabre e fortemente visionarie, che evocano forti emozioni legate a suspence, magia, ossessione, che generano nello spettatore un forte senso di straniamento.
Recensione di Dark Rider