Mag 292011
 

Con gli Occhi dell’Assassino (Los Ojos de Julia): Regia di Guillem Morales, con Belen Rueda, Boris Ruiz, Daniel Grao, Francesc Orella, Joan Dalmau, Lluis Homar, Pablo Derqui.Spagna, 2010 – Durata 112 min.

★★☆☆☆

Da una decina di anni a questa parte la Spagna ha dettato i nuovi criteri stilistici del Cinema Thriller ed Horror, contribuendo in larga misura alla ridefinizione estetica del genere.

Autori di valore come Balaguero, realizzatore dell’inquietante “Darkness”, o come il grande Amenabar di “The Others”, coprodotto con Usa e Francia, suggestiva storia di fantasmi che riprende il capolavoro di Jack Clayton, quel “Suspence”, rimasto nella storia del Cinema Gotico, come lo stesso Alex de La Iglesia, che con “El Dia de La Bestia” vira decisamente sul grottesco, o come Juan Antonio Bayona, autore del bellissimo e visionario “The Orphanage”, e molti altri hanno creato opere originali ed avvincenti.

In questo nuovo cupo film di Guillem Morales, dal titolo originale “Los Ojos de Julia”, molto più appropriato della traduzione italiana, prodotto dal visionario regista messicano Guillermo del Toro, il tema centrale è la cecità. Pur non trattando un tema nuovo (si ricorderà lo splendido “Gli Occhi della Notte” interpretato da un’intensa Audrey Hepburn) l’opera è efficace ed avvincente.

Julia e Sara sono due sorelle gemelle, entrambe affette da una progressiva malattia genetica che le porta alla cecità.

Julia viene trovata impiccata nello scantinato della sua casa; prima di ciò, le agghiaccianti scene che descrivono la sua morte nel buio locale, infestato da malefiche presenze, sono veramente da antologia.

La sorella Sara (la bellissima Belen Rueda), non credendo alla tesi del suicidio, tenta di scoprire cosa è realmente avvenuto, anche se l’emozione accelera il suo cammino verso la perdita della vista.

Lo stesso marito, legatissimo a lei, cerca di tutelarla dalla scoperta della verità, come se la ritenesse potenzialmente sconvolgente, oltre che gravemente nociva per la sua salute.

Il film rispetta gli stilemi del thriller classico, ma ha il merito di lasciare lo spettatore in dubbio circa la presenza o meno di eventi soprannaturali; spesso si avvertono presenze di ombre, l’atmosfera è allucinatoria e rarefatta, e la progressiva perdita della vista della protagonista è descritta con improvvisi oscuramenti, che rendono con efficacia lo sconcerto e l’angoscia di lei.

La donna attraversa drammatici avvenimenti vedendoli con occhi sempre più deboli, la realtà sfuma lentamente nelle tenebre, e quando si rende conto del pericolo mortale che sta vivendo, avendo avuto la prova che la sorella è stata uccisa, sembra essere totalmente in balia del suo destino, sino all’imprevedibile colpo di scena finale, in realtà forse un po’ forzato.

Ovviamente la validità di un film di questo genere, claustrofobico, onirico, fortemente ansiogeno, si misura dalla identificazione che lo spettatore elabora nei confronti dei pericoli che corre la protagonista.

Bisogna dire che da questo punto di vista l’opera funziona, collocandosi intelligentemente nella grigia zona di confine tra thriller ed horror di buona qualità. La convinta recitazione di Belen Rueda, l’appropriata scelta delle musiche, pur convenzionali, l’atmosfera opprimente, il sapiente gioco di luci ed ombre, contribuiscono al successo di un’opera originale che stilisticamente, per certi versi, costituisce un riuscito incrocio tra la “Ghost Story” ed il modello hitchcockiano.

Recensione di Dark Rider

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