La luce sugli oceani, scritto da Derek Cianfrance, diretto da Derek Cianfrance. Con Michael Fassbender, Alicia Vikander, Rachel Weisz. Produzione: Usa, Regno Unito, 2016. Durata: 132’
Tom Sherbourne (Michael Fassbender) ex veterano della Prima guerra mondiale trova lavoro come guardiano del faro sull’isola di Janus Rock. Motivato dal voler scacciare i fantasmi del fronte bellico che lo perseguitano, Tom accetta la solitudine del suo impiego ma quando conosce e si innamora di Isabel Graysmark (Alicia Vikander), decide di rompere l’isolamento sposando la ragazza. Nonostante la felicità raggiunta che lo alleggerisce dal passato, la vita coniugale è funestata da due aborti spontanei di Isabel. L’idillio dei due sembra crollare finché un giorno Tom avvista una piccola imbarcazione alla deriva sulla quale trova il cadavere di un uomo e una neonata. Desiderosa di avere un figlio Isabel convince Tom a non segnalare l’accaduto. Ma dopo qualche anno i due scoprono che la piccola ha una madre, Hannah Roennfeld (Rachel Weisz), la quale cerca ininterrottamente il marito e la figlia dispersi in mare.
Tratto dall’omonimo romanzo di esordio di M.L. Stedman, La luce sugli oceani (The Light Between Oceans, 2016) è la quarta regia del talentuoso Derek Cianfrance. Abbandonate momentaneamente le derive annichilenti dei sentimenti mostrati in Blue Valentine (id., 2010) e i drammi dell’America di provincia al centro del capolavoro Come un tuono (The Place Beyond the Pines, 2012), il regista statunitense, tuttavia, si concentra ancora una volta sull’analisi dell’animo umano, su quegli episodi dell’esistenza che portano a riflettere sul confine che separa il giusto dall’ingiusto. In simil modo ai precedenti Come un tuono e Blue Valentine, La luce sugli oceani pone l’attenzione sul dilemma di quanto sia possibile spingersi oltre pur di ottenere l’agognata felicità, che prende le forme in quel qualcosa ancora mancante nella propria vita. Se la coppia Gosling/Williams in Blue Valentine cerca di mantenere salda l’unione coniugale facendosi carico di colpe altrui, mentre la coppia Mendes/Gosling di Come un tuono si scontra con l’incapacità di mantenere una famiglia, il duo coniugale di La luce sugli oceani formato da Michael Fassbender e Alicia Vikander, sembra ereditare in toto lo stesso e identico destino dei loro predecessori cinematografici.
Diversamente dagli altri due lavori Cianfrance rende ancora più palese e sentito lo scontro interiore e morale che divora i due protagonisti di La luce sugli oceani: il Tom di Fassbender è un uomo segnato dalla sua carriera militare, dagli orrori visti e vissuti nelle trincee tra il fango, il freddo e il filo spinato, che vorrebbe vivere una nuova vita lontano dal dolore e solo piena di cose belle. La Isabel di Alicia Vikander, invece, insegue in modo estenuante il suo sogno di maternità che per ben due volte si trasforma in incubo per poi, miracolosamente, mutare nuovamente in un sogno – apparentemente – realizzato. È la reticenza, la volontà di Tom di non privare più nessuno dagli affetti e dalle esistenze che dà il via a l’effetto domino, a un rilascio di indizi che portano ad arresti e finte accuse (in)volontarie pur di restituire, alla madre disperata interpretata con fervore da Rachel Weisz, ciò che il destino (e l’ottusità del genere umano) le ha tolto.
La luce sugli oceani è uno scontro di anime, di un triangolo esistenziale che si staglia sul panorama (reso eccezionale dall’ottima fotografia e dal sapiente utilizzo della mdp) di un paesaggio immenso e affascinante, ma a volte anche duro, crudele e mirato a mettere alla prova la (r)esistenza di chi lo abita. Se è giusto riconoscere a La luce sugli oceani di essere un’analisi esistenzialista sulla coppia e sul macrocosmo circostante, parimenti il merito va anche al regista Derek Cianfrance che è riuscito, ancora una volta, a costruire dei personaggi tormentati dal passato e anche dal presente, che non riescono a trovare la giusta quiete come l’oceano stesso che, fin dagli albori, “vive” nel e del suo moto perpetuo. La luce sugli oceani è un elegante e toccante dramma il quale, insieme a Blue Valentine e Come un tuono, forma un ideale trittico sulla riflessione dell’esistenza ma che possiede – diversamente da Blue Valentine e in maniera simile a Come un tuono – una marcia in più ovvero quella di offrire una spiraglio sulla capacità di sapere perdonare. Nonostante gli errori, le negazioni e le abiure alle scelte iniziali, nel suo mancato e canonico happy end La luce sugli oceani dà la certezza che la forza del perdono arriva dirompente come le onde.
recensione di Francesco Grano