Gen 102013
 

La Bottega dei suicidi, di Patrice Leconte. Titolo originale Le magasin des suicides. Animazione, durata 85 min. – Francia, Canada, Belgio 2012
★★☆☆☆

La crisi sembra senza fine, la città è un crogiuolo di persone sole, imbottigliate nel traffico, ogni cosa è oggetto di multa, persino il suicidio sulla strada pubblica, tutto è grigio e triste. Solo un luogo è ancora frequentatissimo, colorato e più vitale che mai: la bottega dei suicidi di Mishima Touvache e famiglia. Qui, tra corde, veleni, funghi letali e lamette affilate, ognuno può trovare il modo di scrivere con successo la dolce e rapida fine di una vita fallimentare. E gli affari vanno alla grande, almeno fino a quando Lucrèce Touvache non dà alla luce il suo terzogenito: un bambino che è l’incarnazione inaspettata della gioia di vivere.
La bottega dei suicidi è un film d’animazione tratto dall’omonimo romanzo scritto da Jean Teulé noto romanziere e sceneggiatore teatrale ex fumettista. Il confronto con il cinema di Tim Burton, è quasi scontato, anche se, secondo me, questo film è un’altra cosa. Tim Burton è un visionario: un narratore unico e originale di storie fantastiche, nelle quali mescola il mondo reale con quello ultraterreno farcendolo di fiaba e di poesia. Scopo del gioco è il raggiungimento della felicità, attraverso le forme più paradossali dell’immaginazione, che si materializzano in personaggi fiabeschi, la cui esistenza ci proietta al di fuori del tempo reale, in uno spazio magico che accoglie tutto. E mentre ci assale lo stupore e un fremente orrore per gli scheletri ululanti e i ragni velenosi, le nostre paure si acquietano, cullate da una soave e poetica melodia. I film di Tim Burton danno gioia, brillano di comicità, esorcizzano il male, senza cercare una morale, o il lieto fine, sono a loro modo storie verosimili, tanto quanto appaiono invece esasperati i suicidi dei personaggi disperati di Leconte. Nel film si sente poco il cinismo dei venditori di morte rispetto al grigiore della metropoli e alla disperazione dei potenziali suicidi, soprattutto si ride poco. La morte resta protagonista assoluta della storia, fino alla fine. Tanto che parrebbe celebrata invece di essere ridicolizzata. In quanto parte della vita, la morte si presenta con le sembianze degli spiriti defunti e si mescola ai vivi, che scoprono nella gioia l’antidoto più potente alla morte? No al rifiutare la vita. Come a dire, se sei felice ti piace vivere. Io sono d’accordo, ma cosa c’è di nuovo?
La colonna sonora è particolarmente raffinata, anche se le canzoni sono quasi tutte sullo stesso tema e non apportano un giusto ritmo al film, che a tratti diventa noioso. I personaggi della famiglia Touvache, invece sono molto divertenti e ben rappresentati, il disegno animato ha una vera espressività artistica ed è molto bello, a dispetto dell’ormai diffusa animazione tridimensionale.
Complessivamente il film è raffinato e artistico, ma manca di quella spregiudicata ironia che avrebbe reso il film davvero originale.

recensione di Costance

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