Lug 272009
 

Regia di Bent Hamer, con: Bård Owe, Espen Skjønberg, Ghita Nørby, Bjørn Floberg, Henny Moan, Kai Remlov, Nils Gaup, Karl Sundby, Bjarte Hjelmeland, Lars Oyno, Morten Ruda, Peder Anders Lohne Hamer, Peter Bredal, Durata: 90 min – Germania, Francia, Norvegia 2007

★★★½☆

ilmondodihorten.jpgOdd Horten è un macchinista ferroviere che deve andare in pensione. Con il pensionamento la monotona routine della sua vita, che dura da 40 anni, si interrompe. Senza più il suo lavoro si ritrova solo e spaesato e spesso coinvolto in situazioni ed incontri tra il surreale e il paradossale.
Deve raggiungere i colleghi, con i quali ha festeggiato poco prima il suo pensionamento, nell’appartamento di uno di loro ma non riesce ad aprire il portone del palazzo; cerca allora di entrare arrampicandosi su dei ponteggi che si trovano all’esterno ma va a finire nella stanza di un bambino che non sembra per nulla spaventato da questa intrusione.
Va a trovare la vecchia madre ricoverata in un istituto, costretta all’immobilità e non più in grado di parlare e di riconoscere e quindi il suo interloquire con lei è soltanto un monologo. Era stata campionessa di sci, ma le era stato impedito di gareggiare nel salto dal trampolino perché all’epoca non consentito alle donne.
Fa uno strano incontro con uno stravagante personaggio sdraiato in terra sulla strada, che accompagna poi a casa in taxi; una casa che sembra un museo etnografico, pieno di maschere africane ed armi primitive alle pareti. Ad attirare però l’attenzione di Horten sono un paio di vecchi sci di legno appartenuti al padre dello strano personaggio.
Suggestive e significative le scene iniziale e finale del film.
La prima scena vede Horten alla guida del treno nel suo ultimo giorno di lavoro, dove tutto è un susseguirsi di entrate e uscite dalla galleria e quindi un alternarsi di buio profondo e di bianco abbagliante col treno che sfreccia su grandi distese innevate creando effetti di forte contrasto: dentro/fuori (la galleria), angusto/ampio (lo spazio), nero/bianco (il buio e la neve).
L’effetto “contrasto” della galleria lo ritroviamo nella scena finale; vediamo Horten con i vecchi sci di legno, presi nella casa dello stravagante personaggio, avviarsi verso il trampolino. Quello che non era stato permesso alla madre, campionessa di sci, lo fa ora lui che non sa sciare. Con gli sci ai piedi spicca il volo dal trampolino e di nuovo si ritrova dentro il buco nero di una galleria, o piuttosto di un tunnel, il “suo” tunnel. Ma questa volta all’uscita non trova più un mondo buio e cupo o bianco e nero, il mondo di Horten è diventato luminoso e solare.
Le atmosfere sono quelle cupe dell’inverno nordico, sottolineate anche dalla scarsa luminosità sia degli ambienti esterni che di quelli interni cui fa da contrasto il bianco della neve. Questo influisce anche sulle persone, sicuramente su Horten, soprattutto da quando non ha più il suo lavoro e sembra uno spaesato.
Molto eloquente la lunga sequenza delle gallerie dove anche lo spettatore viene coinvolto viaggiando a bordo del treno insieme al protagonista, provando e condividendo le stesse sensazioni, compresa quella finale che si conclude nel “mondo di Horten” ma non in quello reale, bensì in quello che forse lui avrebbe voluto che fosse.

Recensione di Franca

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