Triage, regia di Denis Tanovic, con Colin Farrell, Paz Vega, Christopher Lee, Jamie Sives.
Durata 99 min. Irlanda/Belgio/Spagna/Francia, 2009 – DVD, 2010, Euro 13.99
>Riteniamo senz’altro utile segnalare l’uscita in DVD di questo interessante film che ha inaugurato il Festival del Cinema di Roma nello scorso ottobre: il regista Denis Tanovic fu già notato anni fa per l’avvincente “No Man’s Land”, inquietante ritratto delle assurdità della guerra di Bosnia; la nuova opera trae spunto dal romanzo di Scott Anderson e molte aspettative erano rivolte ad essa, che ha per protagonista un intenso Colin Farrell e per tema il dramma delle infinite guerre del Medio Oriente.
L’inizio del film, che narra le vicende di due fotoreporter di guerra irlandesi che si recano nel Kurdistan per realizzare lo scoop della loro carriera, è avvincente: David (Jamie Sives) è un esteta che ricerca la bellezza delle forme persino nei momenti più drammatici, mentre Mark (Colin Farrell) cattura con l’obiettivo ogni atrocità senza risparmiare nulla alla visione.
Risulta decisamente efficace la descrizione della perenne incertezza dei due amici sul da fare in mezzo al campo di battaglia, della paura che li attanaglia insieme a tutti coloro che vi si trovano, ed è da antologia la narrazione dell’attività di un medico che, in un improvvisato accampamento, si vede costretto ad eliminare i feriti gravi per mancanza di mezzi di cura. L’agghiacciante crudezza della guerra, la sua palese mancanza di senso vengono descritte sapientemente, con poche agghiaccianti sequenze.
Sono altresì intensamente descritti il disperato tentativo di Mark di salvare l’amico ferito a morte da una granata, la sua successiva drammatica perdita di coscienza ed il disperato ritorno a Dublino senza di lui.
La parte centrale del film delinea con tratti appropriati il disagio psicologico del fotografo che non riesce ad accettare la morte dell’amico, quasi si sentisse divorato da sensi di colpa ed il difficile rapporto con la propria compagna di origine spagnola (Paz Vega).
Successivamente entra in scena il padre della ragazza, Joachim (Christopher Lee), psicoterapeuta non accettato dalla figlia per il suo passato franchista, rigidissimo e moralmente ambiguo ma efficace nel far rivivere a Mark le sue drammatiche esperienze al fine di redimerlo e di aiutarlo a scacciare, almeno in parte, i suoi incubi.
Il film si salva per la prima parte in cui la narrazione è tesa e nervosa, le immagini di guerra fortemente coinvolgenti, ma in parte si perde nel prosieguo, per la scarsa capacità registica di descrivere in maniera coerente la psicologia dei personaggi, in particolare quella del protagonista, che presta comunque un’efficace maschera allucinatoria. Quasi pleonastica la figura dello psicoterapeuta interpretato dal mostro sacro Christopher Lee, che risulta scarsamente credibile e quasi stucchevole nell’indicare una via di una redenzione al protagonista.
Ed è un peccato, perché in certi momenti Tanovic, capace di evocare notevoli passaggi d’incubo e forte senso del pathos, realizza un bell’esempio di cinema verità.
recensione di Dark Rider
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