Quadrophenia, Regia di Franc Roddam, con Phil Daniels, Leslie Ash, Philip Davis, Mark Wingett, Sting – DVD SPECIAL EDITION 2 DISCHI: Euro 12,49
Questo storico film, imperdibile nella splendida edizione in doppio DVD, rappresenta un pilastro della cinematografia inglese inerente le sottoculture giovanili degli anni sessanta; esso si ispira abbastanza fedelmente alla magnifica Rock Opera realizzata dagli Who nel 1973, forse ancor più di Tommy il vero capolavoro del gruppo, che con grande senso di lirismo e di pathos narrava le gesta del ragazzo Jimmy, disadattato in famiglia, probabilmente affetto da schizofrenia (da cui il titolo Quadrophenia, che si riferiva al possesso di quattro diverse identità, ciascuna delle quali rispecchiava quella di ogni singolo componente degli Who), membro di una banda Mod con la quale effettuava scorribande notturne in lambretta nella Londra dell’epoca.
Il fenomeno Mod (abbreviazione da “Modernist”) affonda le sue radici nell’Inghilterra della fine anni cinquanta, quando le culture giovanili ribelli nacquero per sfociare poi nei grandi movimenti collettivi degli anni sessanta, che investirono politica, cultura, arte, musica e stili di vita.
Esso nasce essenzialmente nell’ambito della Working Class londinese, in cui per le difficili condizioni di vita cova la ribellione, ma il “Modernismo” è sin dall’inizio attitudine alla ridefinizione estetica della vita, interesse per ciò che è nuovo e vicinanza alla cultura afroamericana, soprattutto a livello musicale, nel quale si afferma il “Modern Jazz” che conferisce il nome al Movimento.
Ed è appunto sullo stile di vita che nasce e si qualifica l’attitudine Mod a concepire il tempo libero e l’espressione artistica. Fortemente propensi ad uno stile nel vestire sobrio, ma raffinato ed elegante sino all’ultimo dettaglio, i Mods, con le loro giacche a due colori, le loro polo, le loro camicie bottom down, le loro Clarks, si ispiravano in particolare agli stilisti italiani e francesi, allora egemoni nel mondo, aggiungendovi quel pizzico di ribellione in più secondo lo spirito dell’epoca, sino a diventare veri maestri di stile, con le loro splendide vespe o lambrette di fabbricazione italiana, abbellite con specchietti aggiuntivi, molto più eleganti delle insipide e rozze motociclette di fabbricazione inglese. Per dirla con Paolo Hewitt, autore di un ottimo libro sul fenomeno, “il loro stile di vita ruotava 24 ore su 24 intorno a moda, musica, pillole e stile” (da Mods – L’Anima e lo Stile).
Va comunque rilevato che la loro rivolta non divenne mai aperta contestazione politica del sistema, ma fu puramente esistenziale: essi si limitarono a marcare una forte differenza di gusto e di stile di vita, sbeffeggiando e mandando a farsi friggere l’establishment.
Certamente The Who, The Jam successivamente, ma anche molti altri gruppi, come The Small Faces, The Kinks, The Spencer Davis Group, Brian Auger and The Trinity, ed in particolare altri della scena musicale di Soho, che si esibivano al Marquee in Oxford Street, rappresentarono l’anima di questo movimento che conobbe alla fine degli anni settanta un forte revival, in particolare con le Ska Bands The Madness e The Specials, ma che tuttora in Inghilterra, così come in Italia, trova i suoi pallidi epigoni.
Ma ai Mods piaceva anche molto l’energia iniziale dei Rolling Stones, tanto è vero che una rissa in cui furono coinvolti lanciò il successo planetario Live delle Pietre Rotolanti, mentre, pur ammirando qualche aspetto nell’abbigliamento dei Beatles, consideravano la loro musica priva di forza.
L’opera di Frank Roddam, non priva di una certa elegiaca nostalgia, rappresenta quasi un manifesto filmico di quell’atteggiamento verso la vita e la creazione artistica ed a seguito della sua presentazione, si sviluppò nel Regno Unito un vero e proprio Mod Revival; essa è splendidamente accompagnata dalle canzoni dell’album, che le conferiscono un’aura di poetica e visionaria intensità.
Attraverso le traversie di Jimmy il film descrive il suo crescente disagio esistenziale, mai risolto dai suoi inutili colloqui con l’analista, il prete, i genitori, che lo porta pur controvoglia ad atti di teppismo che lo allontanano dalla famiglia e ad assumere stupefacenti, sino al drammatico disincanto per la perdita della ragazza che amava e per l’isolamento sociale dalla banda dei Mods.
Il regista descrive la vita della Londra anni sessanta in maniera ironica e sapiente, sottolineando le incomprensioni generazionali, lo strisciante autoritarismo ed il feroce antagonismo presente tra le bande giovanili.
In particolare lo scontro violento tra Mods e Rockers, i loro antagonisti per stile di vita e concezioni musicali, realmente avvenuto sul Lungomare di Brighton nel maggio 1964, viene illustrato con dovizia di particolari e grande senso scenico, quasi con taglio documentaristico, mettendo in campo nella sua prima apparizione cinematografica Sting, nella parte di un aspro e ribelle capo mod, vero punto di riferimento del protagonista, che subirà un violento schock quando si renderà conto che il suo idolo non è altro che un facchino in un grande albergo.
Contemplando dal litorale di Brighton l’immensità del mare, il protagonista vedrà lo specchio della sua inquieta interiorità, delle sue speranze e dei suoi fallimenti e finirà per maturare nel dolore una tragica scelta, fortunatamente incompiuta.
Fortemente lirica, drammatica, ma anche ironica, l’opera di Roddam termina con la splendida scena della scogliera, corredata dallo splendido brano degli Who “Love Reign o’er me”, vera cascata di suoni ed emozioni, dalla quale Jimmy, deluso per la caduta degli ideali Mod, nei quali aveva riposto speranze di riscatto sociale ed umana solidarietà, medita di gettarsi con la moto rubata all’ex sodale Sting, in un ultimo e fatale moto di ribellione. Ma sarà solo quest’ultima a precipitare dalla scogliera, dando forse a Jimmy un’altra chance.
Con questo drammatico finale, così suggestivamente riproposto nella versione filmica, aperto forse a qualche speranza, Peter Townshend, autore in gran parte della rock opera, sembra simbolicamente e mirabilmente voler rappresentare la fine dei sogni dell’adolescenza coincidenti con le illusioni degli anni sessanta, e la dolorosa acquisizione da parte del protagonista della necessità della maturazione interiore.
Recensione di Dark Rider
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