Hunger, regia di Steve Mc Queen, con Michael Fassbender, Stuart Graham, Laine Megaw, Brian Milligan, Liam McMahon, Karen Hassan.Musiche: Leo Abrahams & David Holmes. Gran Bretagna/Irlanda, 2008, 96 minuti.
Arriva finalmente in Italia dopo il successo di “Shame” anche il film di esordio del talentuoso regista Steve Mc Queen, Visual Artist già noto dagli anni novanta nel mondo dell’avanguardia londinese.
Questo duro, scioccante film che vinse la “Camera D’Or” a Cannes 2008 ed ebbe numerosi altri riconoscimenti internazionali, forse ancor più di “Shame”,rappresenta un vero pugno nello stomaco per lo spettatore, perché rappresenta con estremo rigore un percorso drammatico e vertiginoso nella degradazione fisica del corpo di un uomo, usato come unica, estrema arma di lotta.
Ulster, prigione di Maze: i detenuti irlandesi appartenenti all’IRA mettono in atto varie forme di lotta per ottenere il riconoscimento di prigionieri politici, tra cui il rifiuto di indossare le uniformi, inscenando la “protesta della coperta”, di lavarsi, sporcando le celle di escrementi, ed infine di mangiare. Lady Thatcher (la cui vera voce si ascolta nel film) nega risolutamente questo diritto, assimilandoli ai criminali comuni; ad ogni azione risoluta di lotta corrisponde una violentissima reazione delle guardie carcerarie, che picchiano brutalmente i detenuti, in un clima di odio e contrapposizione totale. Il film parte dalle prime proteste, che avvennero nel 1976, descrive minuziosamente la vita quotidiana dei detenuti e la violenza dei secondini, mostrandocene in particolare uno che ha le mani costantemente ferite per le percosse che infligge e che poi viene brutalmente ucciso dall’IRA.
E’ in questo contesto di estrema violenza dello stato britannico che nel 1981 inizia lo sciopero della fame Bobby Sands, militante dell’IRA Provisional; subito dopo di lui altri prigionieri. Il film ha una straordinaria forza nella messa in scena; il linguaggio filmico è tanto brutale quanto essenziale. Senza indulgere in momenti didascalici o ideologici, la disperata lotta del patriota irlandese e dei suoi compagni di detenzione viene vivisezionata, analizzata nei dettagli.
La decomposizione del suo corpo è mostrata senza veli nella sua crudezza, grazie ad un’altra magistrale interpretazione di Fassbender, l’attore feticcio di Mc Queen, anche in questo film straordinariamente aderente alla parte, al punto di sottoporsi ad un massacrante digiuno che lo porterà a perdere sedici chili in quattro mesi, ed a confessare di avere superato una prova recitativa durissima, tale da fargli comprendere la terribile sofferenza di Bobby Sands, la cui determinazione riteneva essere stata al di là dell’umano.
La visione del film è ai limiti della sostenibilità: il corpo scarnificato ed ulcerato del martire irlandese colpisce al cuore ed allo stomaco lo spettatore, così come lo straordinario, intenso piano sequenza che descrive il lungo e drammatico colloquio tra il patriota ed il prete repubblicano, suo amico personale, che vuole dissuaderlo, inutilmente, dal compiere quell’atto che porterà dolore alla sua famiglia, ed a quelle degli altri che lo seguiranno, risultando probabilmente inutile. In realtà i patrioti irlandesi, dopo che nove di loro morirono, ottennero parziali risultati tra cui quello di poter indossare i propri abiti e la fermezza della Lady di Ferro fu in parte piegata.
Il londinese Mc Queen ha affermato che quando da bambino vide la foto di Bobby Sands, il suo equilibrio etico, la sua visione della democrazia ne furono sconvolte, scoprendo la drammatica violenza del potere e l’orrore nello scorgerne le ombre sinistre, al di là delle tante affermazioni di principio. Ora, forse, i tempi sono davvero mutati, considerato che il film è stato realizzato in coproduzione da Irlanda e Gran Bretagna.
Come già in “Shame”, il corpo di Fassbender è assunto a cifra stilistica dell’opera; il Regista, geniale Visual Artist, riesce a trarre immagini pittoriche persino dai muri delle celle cosparsi di escrementi, ed a raggiungere momenti di aspra poesia nella descrizione di Sands, che ormai morente si rivede in sogno ragazzo aggirarsi attonito in un bosco.
Per una volta l’estetica della violenza e del degrado umano viene trasfigurata in uno stile asciutto, essenziale, come forse solamente i performers d’avanguardia sono in grado di fare.
Recensione di Dark Rider