Finché c’è prosecco c’è speranza, di Antonio Padovan, con Giuseppe Battiston, Teco Celio, Liz Solari, Roberto Citran, Silvia D’Amico, Babak Karimi, Gisella Burinato, Rade Serbedzija. Italia, 2017, durata: 101 min.
Un territorio, quello tra Conegliano e Valdobbiadene, che si tinge di giallo. Il giallo paglierino del prosecco che si intreccia col giallo della trama di questo film, esordio nel lungometraggio di Antonio Padovan che porta sullo schermo l’omonimo romanzo di Fulvio Ervas (qui nella veste di co-sceneggiatore) dando vita a un’opera notevole, fresca e frizzante ma anche intensa e corposa, proprio come i requisiti caratteristici del vino in questione. La storia narra di una serie di omicidi, cui l’indiziato principale è un morto. A indagare sul caso un commissario veneto di origini persiane (l’immenso, in senso figurato e non, Giuseppe Battiston) che, seppur goffamente, risulta essere l’unico depositario delle chiavi per svelare questo mistero essendo dotato di ottimo intuito, inversamente proporzionale alla propria conoscenza in campo di vino. Una serie di personaggi che caratterizzano in maniera esemplare la scena fanno da cornice a un film dalle atmosfere suggestive, che mette a fuoco le problematiche legate alla cultura della sostenibilità ma senza cavalcare l’onda fin troppo sfruttata dell’enogastronomia, piuttosto facendoci riflettere in termini qualitativi sull’essenza delle nostre vite. In uno scenario che si dipana tra i filari delle colline del Trevigiano, tra borghi suggestivi e decadenti resti di ville sfarzose ancora fieramente in piedi come a sottolinearne i fasti del passato in contrapposizione a chi quel territorio tende a mortificarlo in nome del guadagno e dell’industrializzazione selvaggia. Un luogo ancora (e per quanto?) lontano dai riflettori del business e del turismo, carico di umanità e valori, dove il tempo sembra aver rallentato il suo corso e dove le persone sembrano uscite da una storia di altri tempi, con tanto di confraternite e matti del paese, poliziotti e bottegai, belle ereditiere e fedeli governanti, un’umanità eterogenea ma con fortissime radici piantate (o da piantare) tra questi filari. D’altronde nel monologo iniziale dell’altro personaggio chiave, il fascinoso conte e produttore vinicolo Desiderio Ancillotto (interpretato dal bravissimo Rade Serbedzija), è racchiusa tutta l’essenza della storia “Quando un giorno questa terra sarà tua, ricordati che anche tu sarai suo”. Un film insomma che si lascia guardare con estremo piacere, arricchito anche dalla ricercata colonna sonora (che vede, tra gli altri, la collaborazione di Teho Teardo) e che come un buon prosecco risulta, seppur senza pretese, un prodotto raffinato e di qualità.
ps. la citazione della locandina ai gialli Mondadori non poteva passare inosservata a chi, come la sottoscritta, fa della grafica una professione.
Claudia Giacinti