E ora dove andiamo?, di Nadine Labaki, con Claude Msawbaa, Leyla Fouad, Antoinette El-Noufaily, Nadine Labaki. Durata 110 minuti. Francia/Libano 2011.
Si può raccontare una guerra di religione facendo sorridere, usando l’ironia e la fantasia di passi di danza in visite al cimitero? Si può se la regista ha il coraggio e la bravura di Nadine Labaki che, dopo la sua opera prima “Caramel”, sceglie il Libano rurale di un villaggio dove con-vivono cristiani e musulmani. Nel piccolo cimitero un sentiero nel mezzo divide le tombe degli uomini delle due religioni, morti negli scontri per difendere la supremazia della propria fede. Le donne raggiungono come un fronte compatto il cimitero, condividendo il nero delle proprie vesti, la foto del proprio caro, i passi scanditi nella polvere, per poi spezzarsi nella ricerca della tomba. Questa divisione è solamente formale, le donne, Takla, Afaf, Saydeh, Amale, Yvonne, restano unite nel dolore della perdita e nel loro ruolo di madre. Non a caso la regista dedica questo film proprio alle madri. Le donne sono madri prima di tutto. Sanno cosa può o potrebbe significare perdere un figlio e non importa che si tratti di un cristiano o di un musulmano. Non possono permettere che questo accada ancora, nessuna madre dovrà mai più perdere un figlio. L’equilibrio del piccolo villaggio ha i primi cedimenti quando alcuni ragazzi riescono a far funzionare una vecchia televisione che porta le notizie degli scontri interreligiosi che avvengono nel resto del paese. Il piccolo manipolo di madri coraggio sabota la televisione ed argina i primi dissidi. Ma gli uomini del villaggio non riescono a sfuggire al proprio ruolo di dominatore e, dopo alcuni episodi casuali ma considerati di vandalismo ai danni sia della Chiesa che della Moschea, cercano di organizzarsi per tornare all’uso delle armi. Per distoglierli dai loro intenti le donne assoldano addirittura alcune ballerine ucraine che fanno arrivare al villaggio con un espediente. Continuano così, le donne, cercando di distrarre gli uomini mettendo in campo ogni possibile pretesto, dal finto miracolo all’hashih nei dolci, per evitare che il “gioco” della guerra diventi una tragica realtà che alla fine irromperà comunque. Ed allora, dove andiamo? Le donne o meglio, le madri, nel colpo di coda finale, sovvertono l’ordine precostituito, ricoprono con la loro unica grande fede comune, quella dell’amore di madre, quel sentiero che li divide. Nadine Labaki gioca per tutto il film con vari registri, dalla commedia al dramma con incursioni calibrate nel musical con la bella colonna sonora di Khaled Mouzanar, riuscendo a mantenere un equilibrio non facile. Non dà una risposta al suo titolo e scopriamo perché proprio nel finale. La cosa più importante è avere il dubbio, chiedersi dove andare, superando l’integralismo di qualsiasi fede e ricordarci che anche il proprio oppositore più accanito è un figlio, come ciascuno di noi.
Recensione di Ingrid