Diabolik, dei Manetti bros. Con Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea-. Italia, 133 min.
I Manetti bros tornano con un lungometraggio dedicato allo storico ladro ideato dalle menti delle sorelle Giussani negli anni ’60, indubbiamente uno dei fumetti italiani di maggior successo di sempre.
In questo film osserviamo un Diabolik che terrorizza la fittizia città di Clerville da qualche mese e che incontrerà la bellissima Eva Kant nel corso della trama, di cui si innamorerà e con la quale inizierà a fare squadra nell’attuare i suoi piani, per l’appunto, diabolici.
Il film ha avuto un effetto insolito su di me: se appena terminata la visione mi aveva lasciato piuttosto poco convinto, a mente fredda posso ricordarlo sotto una luce più positiva, seppur critica sotto molti aspetti.
Problemi ce ne sono e sono abbastanza oggettivi. La prima parte è decisamente troppo lenta e il film soffre di un ritmo gestito molto male. La recitazione forzata e fumettistica degli attori, in una narrazione così dilatata, diventa qualcosa di veramente pesante da fruire per lo spettatore.
Il secondo grosso problema è l’interpretazione di Marinelli, che veste i panni di un Diabolik piatto, monocorde, la cui personalità fa fatica ad emergere e risulta pertanto poco intrigante, il che rende difficile empatizzare con lui in quanto protagonista.
Mastandrea nei panni dell’ispettore Ginko l’ho trovato piuttosto fuori luogo. La sua interpretazione ha poco mordente e non conferisce carisma all’antagonista principale di Diabolik. Più in parte invece Miriam Leone, seppure il suo personaggio soffra di una certa scrittura superficiale e poco approfondita.
La trama è piuttosto semplice e porta a termine il suo obiettivo di intrattenimento, anche se come detto prima il ritmo è gestito male.
Non si può però non apprezzare l’impegno nel ricreare fedelmente le ambientazioni, l’atmosfera e il modo di fare dei personaggi del fumetto: le scenografie, i costumi e i dettagli sono curati molto bene e fanno un buon lavoro nel calare lo spettatore nella surreale città di Clerville.
Anche un paio di colpi di scena, seppur non impossibili da prevedere, danno una scossa al film e rendono la seconda metà abbastanza godibile.
Un film in definitiva riuscito a metà, con molti problemi da digerire durante la visione ma che lascia tutto sommato un ricordo discreto a distanza di giorni.
Il cinema italiano ha bisogno di film sperimentali come questo che escono dai canoni della solita commedia leggera o del solito dramma.
recensione di Kevin Mc Nally
la fittizia città di Clerville
Gli uomini guardano all’amicizia come a un pallone da calcio che puoi calciare come preferisci. Le donne guardano l’amicizia come un bicchiere di cristallo e la rompono in pezzi. E l’intero punto https://igds.tube/azione/ è nel film…