Capri Revolution: di Mario Martone, con Marianna Fontana, Reinout Scholten Van Aschat, Antonio Folletto, Jenna Thiam, Lola Klamroth, Eduardo Scarpetta, Gianluca di Gennaro, Ludovico Girardello, Maximilian Dirr, Donatella Finocchiaro. Sceneggiatura: Ippolita di Majo. Italia, Francia, 2018 Durata 122 min.
Mario Martone, valente autore di teatro, anche nell’ambito del cinema ha costantemente realizzato opere considerevoli, rivelandosi, da almeno due decenni, come una delle risorse più rigorose e coerenti dello spettacolo di approfondimento storico culturale nel nostro paese.
A partire dall’opera prima, che lo rivelò alla critica ed al pubblico, “Morte di un Matematico Napoletano”, i drammatici ultimi giorni di vita di un valente docente di matematica, idealista, nipote di Bakunin, abbandonato da tutti a seguito di disturbi psichici, l’autore partenopeo ha sempre seguito percorsi di nitida e suggestiva drammaturgia.
In “L’Amore Molesto” Martone metteva in scena la ricerca esistenziale di una donna, che, a seguito della morte violenta della madre, era costretta ad interrogarsi circa il suo passato, il suo presente, il suo futuro, in una livida Napoli, perfetta rappresentazione del suo disagio esistenziale.
E veniamo all’opera odierna. Già, secondo parte della critica, visione folgorante alla scorsa edizione del Festival di Venezia, la nuova realizzazione del regista partenopeo appare capace, tra teatro e schermo, di cogliere oltre il tempo la contemporaneità. Così ci apparve il difficile, aspro Risorgimento di “Noi Credevamo”, o l’inquietudine leopardiana, il suo trepido estremismo esistenziale, mirabilmente rappresentati ne “Il Giovane Favoloso”. Così appare in “Capri Revolution”, che mette in opera il talento di uno sguardo, originale e complesso.
Il film narra della pastora Lucia, che portando le capre al pascolo, si imbatte in una comunità alternativa, di “hippies” ante litteram (siamo nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale), formata da un gruppo di giovani del Nord Europa, coordinati dal pittore filosofo Seybu, unitisi in comunità sull’isola di Capri, dove ritengono di aver trovato il luogo ideale nel quale sperimentare una ricerca sulla vita e sull’espressione artistica, attraverso la musica, la danza, la poesia, la letteratura. A casa i fratelli dettano legge, la madre non sa opporsi, il padre è ormai morente. Siamo nella Capri ove ancora si attende l’arrivo della elettricità, mentre la guerra appare imminente ed ineluttabile. C’è il giovane medico dell’isola, socialista, che vede nel conflitto l’opportunità di rovesciare le classi sociali, mentre il giovane artista tedesco rappresenta la vera guida spirituale di una comune dove si vive insieme cercando, non senza contraddizioni, di rompere i tabu’ consolidati inerenti la coppia, la famiglia, la sessualità, l’affettività.
Il corpo diviene strumento di ribellione, se ne fa uso politico e poetico; la liberazione dagli abiti, dalle ipocrite convenzioni sociali e costrizioni diventa gesto panico di spessore artistico e di pura sovversione, rivolto ad una società utopica di là da venire.
Lucia, intrepida e curiosa, dapprima diffidente entra nel gruppo e ne condivide esperienze ed emozioni, entrando in dura rotta di collisione con la sua famiglia, e l’intera comunità isolana, di per sé molto tradizionalista. Canti, musiche (un po’ troppo moderne per l’epoca, molto simili per stilemi e suono all’Avanguardia Contemporanea) sfrenate danze notturne dionisiache nel bosco, a volte in netta sintonia con le avanguardie (si menziona Mary Wigman), a volte addirittura deviate verso rituali demoniaci. Questa tensione rivolta alla liberazione è la medesima che esploderà negli anni settanta, in una drammatica commistione di performance artistica e ribellione.
Bisogna sottolineare che l’Autore ha sempre raccontato figure di donne, ma nessuna ha mai avuto lo spessore e la forza di questa ragazza dai capelli scuri, interpretata da Marianna Fontana, vera eroina in un film fortemente libero, che esprime l’amore, fisico ma anche spirituale, visto vieppiù al livello ancestrale, come le montagne che si stagliano maestose e selvagge sul mare dell’isola, cui il regista rende omaggio con grande suggestione visiva. La percezione della donna si evolve, si emancipa, la sensuale corporeità si arricchisce di contenuti esoterici e spirituali (bellissima la scena della levitazione).
Appassionato il dibattito su Scienza e Natura tra il fondatore della comunità naturista, Seybu ed il giovane medico socialista, sostenitore del progresso scientifico. La natura, per Martone, si coniuga alla Storia, attraverso il confronto e l’antinomia tra l’immaginifico esoterismo del leader della comunità e gli ideali socialisti del medico del paese, fortemente razionalista, mentre iniziano i primi flussi migratori, con un mondo che va verso la rovina bellica, che il pacifismo non riuscirà a salvare, ma che le immagini elegiache di un Autore impregnato di Umanesimo, fiducioso nell’umano ingegno, rappresentano in una nuova speranza, in una nuova Utopia, rivolta alla difficile, inquieta contemporaneità.
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