Tra i numerosi coccodrilli preconfezionati e (ahinoi!) pronti all’uso, quello relativo a Tomas Quentin Rodriguez Milian era probabilmente situato in un hard disk di qualche rivista di cinema e magari senza godere di eccessiva considerazione. D’accordo, l’età c’era e che il fisico fosse stato compromesso dagli stravizi e dall’inclemenza delle stagioni non era il segreto di Pulcinella. Ma Tomas Milian se n’è andato a causa di un ictus in quel di Miami, pochi giorni dopo aver compiuto ottantaquattro armi, e tornando al famigerato coccodrillo c’è da ipotizzare che il suddetto articolo non fosse un colpo propriamente in canna come quelli che sparava il suo Vasco di Vamos a matar companeros o dell’idealistico Espedito di O’ Cangaceiro. Ed allora, per evitare di cadere nel pietistico o di crogiolarsi nel filosofico cinematografico spicciolo sarà bene sgombrare il campo dagli equivoci. Già, perché in primo luogo con Tomas Milian se ne va un grande attore. D’accordo, è morto Er Monnezza. E quella sorta d’immortalità televisiva giustamente gliel’ha conferita il ruolo sboccato e banditesco di quel Sergio Marazzi evolutosi in Nico Giraldi, maresciallo prima ed ispettore in seguito, con un physique du role dall’iconografia inconfondibile resa popolana e popolare dai capelli lunghi, la parlata romanesca con tanto di barba ispida e cappelli improbabili, un mix di ingredienti pronti ad innestare la miscela esplosiva dalle fattezze nazional popolari rese immortali dall’immanente accento romanesco di Ferruccio Amendola, scelto proprio da Milian che mai ha nascosto quanto fondamentale fosse stata l’intuizione di affidare il proprio alter ego alle corde vocali di colui che doppiava De Niro o Stallone. Milian, cubano di nascita ma americano d’appartenenza nonché romano d’adozione, dopo un’adolescenza problematica decide di dedicarsi dapprima al teatro e conseguentemente alla settima arte. Gli esordi nel cinema d’autore aprono all’attore le feconde porte del belpaese dell’immediato dopoguerra. Inizia con Bolognini che lo scrittura per La Notte Brava e successivamente per Il Bell’Antonio, proseguendo con cineasti anticonformisti quali Citto Maselli o Lattuada, senza dimenticare collaborazioni con maestri come Zurlini oppure il Lizzani di Banditi a Milano, prima di ritagliarsi un ruolo di fondamentale importanza nello spaghetti western che impera sul finire degli anni sessanta, dando volto a personaggi memorabili come il peone rivoluzionario di Tepepa (a fianco di Orson Welles) e lavorando con registi specialisti del genere come Sergio Corbucci o ancora con Giulio Petroni, che gli cuce le fattezze del suo Provvidenza. Ma i gusti del pubblico cambiano rapidamente, ed il passaggio al fiorente sottobosco del poliziottesco è cosa fatta grazie all’incontro con Umberto Lenzi, che prima lo dirige nel rude Milano odia: la polizia non può sparare, e successivamente gli taglia addosso il protagonista de’Il giustiziere sfida la città, uno dei migliori prodotti del periodo con Milian che si a chiamare Rambo ben prima della celeberrima trasposizione di First Blood, invadendo lo schermo con un antieroe il cui nominativo si tradurrà di lì a poco in uno dei personaggi più amati della storia del cinema. Dopo Roma a mano armata (ancora con Lenzi), collauda la formula che lo renderà popolare sul grande schermo, garantendogli un successo mai acquisito in precedenza: nasce Er Monnezza con La banda del gobbo, mentre Corbucci l’anno precedente aveva inaugurato la saga di Nico Giraldi con Squadra Antiscippo, spalancando le porte della definitiva consacrazione al divismo di un Tomas Milian anfitrione delle borgate romane tanto care all’attore, le stesse dove conobbe lo stuntman Quinto Gambi al quale Monnezza/Giraldi è volutamente ispirato per fisionomia e parlata eufemisticamente verace. E’ questa la forza comunicativa del Milian attore, in grado di compiacere il pubblico sia interpretando un criminale dai metodi spietati come il Gobbo, che rivestendo i panni del più svagato Monnezza. Quando la trasformazione del personaggio diventa effettiva e nasce Nico Giraldi, stavolta stabilmente dalla parte della legge, il genere vira in direzione burlesca e la maschera di Milian si trasforma in una versione folkloristica del poliziotto risoluto ma guascone, spegnendo gli ultimi focolai di cinema poliziottesco ed affidandosi sempre maggiormente alla caricatura ed alla battuta salace e sboccata, perdendo in ritmo ed avanzando a grandi passi nel sobborgo della commedia italica dalle venature poliziesche (e non poliziottesche, che è tutt’altra storia). Nascono così personaggi come Ballarin, Gargiulo e la memorabile spalla del ladruncolo-informatore Venticello impersonato dal mitico Bombolo, con la saga delle Squadre (Antiscippo, Antifurto, Antitruffa, Antimafia ed Antigangster) seguita da quella dei Delitti (A Porta romana, Al ristorante cinese, Sull’autostrada, In Formula uno ed Al Blue gay) dove il maresciallo Giraldi è promosso ispettore (anche se i flani sbagliano spesso descrivendo Giraldi come commissario…) concludendo così la propria carriera di poliziotto sopra le righe e dai metodi spicci. E’ questa la vetta della notorietà cinematografica di Tomas Milian, la stessa che col senno di poi finirà per imprigionare l’attore cubano in un cliché dal quale diverrà impossibile affrancarsi negli anni a venire, rischiando di cancellare le tracce dei primi passi mossi nell’ambito del cinema d’autore, offuscando in parte le eccellenti interpretazioni del periodo d’oro del western nostrano, genere dove la mimica milianesca eccelleva e che lo riportava spesso e volentieri a misurarsi con le proprie radici ispaniche. Ma dopo essere stato abbagliato dai luminosi baluginii della ribalta, arriva il buio. Esauritasi la spinta propulsiva di Gobbi, Squadre e Delitti, la carriera dell’attore cubano sembra essere giunta al capolinea. Probabilmente a causa della schematica convinzione da parte degli addetti ai lavori, persuasi di un Milian capace di esprimersi al meglio ormai solamente nei panni del borgataro dai modi trucidi, ma anche per dabbenaggine del buon Tomas, che cade e ricade nelle grinfie dell’alcol e delle droghe, come lui stesso racconta onestamente nella recente biografia Monnezza amore mio, la cui gestazione durata qualche anno di troppo è culminata con un risultato non certo memorabile. Fatto sta, che per tornare a vedere Milian nell’ambito del cinema mainstream bisogna attendere le partecipazioni ad Havana di S. Pollack (1990) o di Traffic di S. Soderbergh, prima delle ultime ospitate all’interno di qualche programma televisivo dedicato ai revival, dove colui che fu Er Monnezza compare minato nel fisico ma non nell’animo, anche grazie all’intelligenza derivante dalla propria ruspante genuinità ed alla quale non ha mai dimostrato di voler rinunciare. E proprio in Italia avrebbe voluto trascorrere ancora qualche anno, in quella Roma che lo aveva adottato e che ne aveva decretato un successo cinematografico assurto a vera e propria icona cult, sacrificando in verità un indiscusso talento relegato all’interno di una confezione che garantiva fama e visibilità, eleggendolo a nume tutelare del cinema di genere, ma lasciando in penombra le grandissime qualità da teatrante eccellente, oltre che di interprete di assoluto livello in quel cinema dai contorni impegnati con il quale aveva esordito. Molta, moltissima della notorietà Tomas Milian l’aveva acquisita appunto nella capitale, ovvero in quella città eterna dove sperava un giorno di tornare. Non ha fatto in tempo, ed è morto dall’altra parte del mondo con Roma nel cuore. E Roma indubbiamente non dimenticherà mai la sua faccia, sotto la quale ruggiva il timbro inimitabile di Ferruccio Amendola. Poi, se la maggior parte della critica preferirà ricordare solamente er Monnezza e Nico Giraldi, è un’altra questione. Fortunatamente esistono i Dvd e le care, vecchie VHS, oltre ai canali you tube, dove poter ammirare un Milian imberbe lontano anni luce dai fasti dei B movie che tanto ci divertono e con cui spesso ci sollazziamo. A prescindere dal genere, potremo continuare ad apprezzare il grande attore che è stato Tomas Milian. Avercene…!
Fabrizio’ 82.
Complimenti per l’articolo, perché mette in luce tante verità. Aggiungo che Tomas Milian, quando giunse in Italia, era anche un gran bel ragazzo, una bellezza latina e un po’ tenebrosa.
Dei tanti bei film interpretati all’inizio della sua carriera, vorrei ricordare “La banda Casaroli”, in cui Milian ha una parte importante e recita molto, molto bene. Peccato che certi film non vengano mandati in onda in tv.