Mostra Internazionale del Film di Fantascienza e del Fantastico, Roma, Auditorium Conciliazione – Casa del Cinema Villa Borghese – Nuovo Cinema Aquila, 9-19 giugno 2011
Il Fantafestival, antica tradizione di Roma, ormai da anni riconosciuto a livello internazionale, dopo un lungo periodo di appannamento, ha tentato quest’anno un rilancio a tutti gli effetti, rinnovando le location ed individuando nel cinema Nuovo Aquila, nel cuore del Pigneto, la sala più aperta alle sperimentazioni del nuovo cinema gotico e fantastico italiano.
Ed è in questo ambito che abbiamo avuto l’opportunità di assistere alla proiezione di alcune pellicole e di avere diversi colloqui con registi nostrani di nuova generazione. È innegabile che dopo i fasti degli anni sessanta e settanta, soprattutto a causa dell’avvento delle produzioni televisive, il nostro cinema di serie B, tanto amato da Quentin Tarantino, si è quasi estinto.
Grandi artigiani come Bava, Freda, Margheriti, Argento e Fulci, o sono morti od hanno perso smalto e originalità, sino al declino di un genere che è stato florido e pieno di artigianale creatività, e che è stato a suo tempo osannato dalla critica di mezza Europa e degli Stati Uniti, sino a diventare uno dei tratti distintivi del nostro cinema.
Negli anni sessanta e settanta, accanto ai western spaghetti, di enorme successo nel mondo, ed i poliziotteschi, a suo tempo snobbati dalla critica o considerati fascistoidi, ma che il tempo ha consentito di rivalutare e che rivisti oggi sembrano un interessante spaccato della società di allora, vennero prodotti straordinari film gotici, ormai considerati veri e propri cult movies, come “La Maschera del Demonio”, “Danza Macabra”, L’Orribile Segreto del Dr. Hitchcock”, “ Lo Spettro”, “Operazione Paura”.
La Rassegna, diretta da Adriano Pintaldi e Alberto Ravaglioli, ha voluto celebrare l’omaggio al cinema fantastico comico italiano, attraverso la riscoperta di vecchie pellicole come l’Arcidiavolo ed Il Papocchio, o Volere Volare di Maurizio Nichetti, ma anche il cinema italiano fantastico più “serioso” con “Diabolik”, film cult di Mario Bava, o “La Decima Vittima” di Elio Petri, e molti altri. Numerosi dibattiti di grande interesse si sono tenuti, in particolare quelli coordinati da Luigi Cozzi, già Autore di culto e scrittore di molti volumi di approfondimento del cinema di genere fantastico-horror.
Ma l’attenzione si è decisamente rivolta, nelle proiezioni organizzate nel Nuovo Cinema Aquila, al cinema italiano del presente, a cominciare da due “Zombiemovies” Bloodline” di Edo Tagliavini ed “Eaters” di Luca Boni e Marco Ristori (prodotto dal regista di culto tedesco Uwe Boll).
Abbiamo avuto l’opportunità di assistere alla proiezione di alcune di queste nuove pellicole, di produzione indipendente, non prive di interesse, di cui tracciamo un breve profilo.
Demon’s Twilight, regia di Federico Lagna, con Gabriele Dil Dell’Aiera, Elisa Lombardo, Linda Messerkilger Produzione: Italia, 2010
Quest’opera, pur seguendo le tracce dei grandi Autori, come Bava ed Argento, possiede una sua originale, sottile inquietudine, soprattutto per la speciale fascinazione prodotta dalla descrizione suggestiva di ambienti esoterici, realizzati a Torino e ad Asti. Un ricercatore della Università di Torino richiede ed ottiene l’incarico di indagare nel campo delle possessioni demoniache, a puro scopo di documentazione antropologico-culturale. Unitamente ad alcuni amici comincia ad immergersi nel mondo dell’occulto torinese, cercando contatti e testimonianze dirette. Questa è la parte più riuscita del film, quando il dubbio e l’inquietudine si fanno strada nell’animo dei protagonisti, tutti piuttosto scettici, soprattutto ascoltando le testimonianze di una ragazza posseduta in passato da forze oscure, la quale, dapprima riluttante, si fa poi coinvolgere nell’avventura, proponendosi come cavia per gli esperimenti.
Una Torino cupa, minacciosa, a tratti onirica, ove il monumento esoterico di Piazza Statuto, che la leggenda asserisce essre una delle Porte dell’Inferno, diviene addirittura, con una lunga sequenza, quasi parte simbolica della narrazione. Il film delude proprio nel finale, estremamente convenzionale, ed in linea con le produzioni “mainstream” più note del genere.
Abbiamo avuto modo di intrattenerci, dopo la proiezione, con il Regista Federico Lagna, sottolineando la nitida scelta di una fotografia cupa ed inquietante, con l’uso in senso psicologico depressivo del colore, e l’originalità dell’assunto di un’opera, che pur realizzata con scarsi mezzi, riesce ad inchiodarti alla poltrona, soprattutto quando lascia intuire e non mostra, in questo debitrice del grande cinema di Bava e Freda.
La Progenie del Diavolo, regia di Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenca, con Emiliano De Magistris Produzione: Italia, 2010
Questo film nasce da alcune leggende popolari, nella fattispecie quella marchigiana del “Seme di Dio”, e nutre anche esso ambizioni di ricerca folklorica.
Narra la storia dello scrittore di successo Emiliano Saudato, che si reca in un paesino sperduto delle Marche per documentarsi su alcuni eventi avvenuti nel dopoguerra al fine di scrivere il suo nuovo best seller. Sin dall’inizio viene scoraggiato dagli abitanti del luogo, e viene invitato a non trattenersi: essi sembrano nascondere un segreto. Lo scrittore continua le sue indagini, che prendono le mosse da una terribile carestia che nel ’45 aveva ridotto alla povertà l’intero paese, e si snodano nella figura quasi mitica di un sacerdote che, con la sua devozione, e le sue preghiere, avrebbe salvato, dopo molti mesi, la comunità, ed è pertanto tuttora venerato come un santo.
Addentrandosi sempre di più nel mistero, per una serie di coincidenze, lo scrittore scoprirà la terribile verità nascosta:tra le pieghe della leggenda del “Seme di Dio”: la natura demoniaca del sacerdote, il figlio segregato frutto dell’incesto, l’omertà degli abitanti, sino ad incontrare, in un casolare diroccato, il suo destino.
Il riferimento più appropriato per questo film è senza dubbio “La Casa dalle Finestre che Ridono” di Pupi Avati; stesso clima malsano, stesse atmosfere stranianti, sino al colpo di scena finale, che, pur non mancando di una certa efficacia, ricorda nettamente “The Blair Witch Project”.
La pellicola è sgranata, il taglio è totalmente underground, ma la capacità registica di compiere un salto nell’ignoto, nell’inconoscibile, creando un’atmosfera di una certa suggestione, ed evitando inutili effetti “splatter”, c’è. Gli stessi Autori, nella presentazione del film, si sono riconosciuti debitori della tradizione gotica italiana, in particolare di Lucio Fulci e Pupi Avati, della quale si sono detti intenzionati a rinverdire la tradizione.
Eaters, regia di Luca Boni e Marco Ristori, con Alex Lucchesi, Guglielmo Favilla. Produzione: Italia, 2010
Altra produzione indipendente in cui è coinvolto addirittura il regista di culto tedesco Uwe Boll, anche in veste di promoter, questo “Zombie Movie” italiano va segnalato più per l’efficacia della tensione e dei colpi di scena che per l’ambientazione, piuttosto convenzionale.
Post Apocalisse: la terra è invasa dai morti viventi. Due militari, preposti al controllo di un fatiscente laboratorio, dove uno scienziato folle compie terribili esperimenti di accoppiamento tra zombie ed esseri umani, per combattere una terribile infertilità femminile, si ribellano, e, con l’aiuto di una ragazzina, uno tra i pochi esseri umani ancora in vita, dopo essere fuggiti, ed avere affrontato orde di morti viventi, tornano per eliminarlo, per continuare poi l’improbabile battaglia per la sopravvivenza.
Il film tra i suoi meriti ha quello di essere dotato di una fotografia livida, da apocalisse postatomica, certamente ben realizzata.
Gli effetti “splatter” sono particolarmente privi di misura, dando alla narrazione una visività spesso orripilante. Non manca comunque all’opera una certa ironia, in particolare nella descrizione di una banda di nazisti (con uno spregevole Hitler in miniatura a capo), che utilizza gli zombies e che verrà sgominata dai nostri (anti)eroi, che si imbattono persino in un prete assassino.
La lotta tra il “Male”, che sembra sovrastare la Terra, e quello che rimane del “Bene” vuole permeare l’opera, mostrando una umanità residuale formata da “Freaks”, ma l’ironia cade talvolta nell’assurdità e nel ridicolo. Comunque il film si lascia vedere per la professionalità registica e per l’efficacia di alcune scene.
E’ innegabile constatare come nel nostro Paese da anni non ci sia più alcuno spazio per il cinema “indipendente”, in particolare per il genere “Horror”; tratto comune della maggioranza dei nuovi Autori italiani è la ricerca di un lancio delle loro pellicole all’estero, mentre per l’Italia si pensa al mercato Home Video.
Delle difficoltà produttive e distributive, la cosiddetta “censura del mercato” che ormai esige solamente opere televisive e patinate, o quanto meno di Registi riconosciuti a livello internazionale, abbiamo avuto occasione di parlare con il più anziano dei nuovi registi, il cinquantenne Roberto di Vito, nostra antica conoscenza, talentuoso realizzatore di molti backstage cinematografici, nonché di molti cortometraggi e mediometraggi autoprodotti, premiato in molti festival, che ha presentato nella rassegna romana l’ottimo “Bianco”, che non abbiamo avuto l’opportunità di vedere, storia di un rapimento fatto per errore, che diviene drammatica parabola esistenziale, che ha avuto unanimi riconoscimenti critici.
A lui ed agli altri più giovani Autori auguriamo successo, nella speranza di ritrovare i passi perduti del glorioso Cinema Gotico e Fantastico Italiano.
Recensione di Dark Rider