E sebbene in inferiorità numerica (otto contro nove) rispetto al The Holy Body Tattoo, i Godspeed You! Black Emperor allestiscono un contraltare musicale straordinario e sorprendente, certo non inaspettato per chi conosce le trame sonore e le esibizioni live del collettivo canadese
Il Flaminio ribolleva quando l’intro di “Where the streets have no name” risuonò forte e chiaro. Aspettavamo questo tour, ci erano giunte voci di cosa sarebbe stato, non c’era internet, ci affidavamo ai racconti e ai giornali musicali. Tutto era da scoprire, ma tutto ci apparteneva e ce lo tenevamo stretto. Un Bono senza voce lottò per tutto il concerto, fino a buttare il microfono sul palco con gesto di stizza. Ma che concerto, che senso di unione con il pubblico. Durò si poco, ma rimase come ricordo indelebile.
E’ rimasto famoso come il concerto del terremoto per i settaggi del basso di Adam, ma terremoto fu quello che suscitò in noi il fatto di vederli finalmente con noi in un abbraccio collettivo. Bono nel suo italiano stentato ci conquistò cosi :«Questo posto è grande… ma noi e voi… siamo più grande»
Erano gli U2 che con le loro citazioni rileggevano tutto il catalogo del rock cosi ecco che sul loro palco si agitavano i fantasmi di Marley, Jim Morrison, arrivava anche Van Morrison con i Them, e gli onnipresenti Beatles, con “Help” che fu anche un grido di aiuto di Bono “La gente di Roma avrebbe cantato per me”.
Buongustaio il caro Eddie, a passare per la perla della Sicilia, l’amore per il mare lo ha sicuramente guidato..
La strada è veramente lunga , tutta una Long Road quella che porta a Eddie,l’emozione si vede nelle facce delle persone che incontri per le viette che portano al teatro Greco..facce nuove, facce conosciute solo per i social che diventano poi un abbraccio e una voce una volta che si trova ..facce vecchie, di amici che vedi solo ogni 3 /4 anni quando i ragazzi passano per la nostra bistratta Italia .
Una jamily , come ci piace definire , una famiglia quella dei fans dei Pearl Jam.
Una cosa è certa: lui fa esattamente ciò che vuole fare. La sua figura si staglia sul palco, nonostante le scarse luci e l’abbigliamento completamente nero, circondato da una band che sa il fatto suo e che, con un sound travolgente e contagioso, riesce a tenere a fatica le persone presenti ferme nelle anguste sedie che l’organizzazione ha pensato bene di allestire per un concerto come questo.
Scenografia semplice, un telo con un cielo stellato, tappeti e oggetti vari legati a leggende si ogni tipo.
Quello che Vedder si trova davanti è un mare di persone, quasi 50.000 persone accorse da tutto il mondo (si ho scritto bene, ai live di Eddie e dei PJ ci trovate tutto il mondo!) per ascoltare lui, da solo, senza i Pearl jam.
Solo con la sua voce e i sui strumenti fra cui l’amato Ukulele: “Domani ci saranno su questo palco i miei amici System of a down e Prophet of rage, salutatemeli tanto ! Ed oggi ci sono io con l’ukulele !” dice con una voce da cartone animato a prendere in giro quello strumento cosi piccolo,ma che ci regalerà insieme alla sua voce qualcosa di indimenticabile.