Avvincente e senza neanche un attimo di noia nei momenti più placidi e introspettivi, Triple Frontier è la prova della maestria e del talento di J.C. Chandor il quale, in passato, è riuscito a deliziare lo spettatore con i già citati A Most Violent Year e All Is Lost e che qui, avendo virato verso un genere a lui nuovo, dimostra di come sia possibile portare a compimento determinate sfide cinematografiche.
Tra le mura domestiche – (apparentemente) al sicuro dall’esterno – Malorie e il resto della sua “famiglia” improvvisata mettono in piedi il fortino di tanto cinema, horror e non, di sopravvivenza. E qui non manca di certo l’imprinting filmico e cinefilo del grande Maestro John Carpenter, il maggior esperto di lotte tra assediati e assedianti.
Quella posta in essere nella storia di Lontano da qui è la disillusione di una vita migliore, priva del grigiore della ripetitività e dal germe del rammarico che si scontra, inevitabilmente, con la dura certezza che nel mondo di oggi esiste così tanta bellezza ma, il vero, arduo problema è saperla vedere e coglierla nel momento giusto,
Tra approfondimento psicologico e messa a nudo dell’animo umano, First Reformed si trasmuta in presa di coscienza dell’uomo condannato all’isolamento nonostante faccia parte della società, collettività relazionale e interattiva in cui, purtroppo, a volte vige la più totale indifferenza verso l’altro da sé.
Hot Summer Nights non è solo il resoconto di una calda estate vissuta tra hit musicali, droga, alcol, sballo e rischio bensì qualcosa di più: dopo un incipit in medias res, l’opera prima di Bynum (ri)costruisce – pezzo dopo pezzo – il modo in cui si arriva al distruttivo punto di non ritorno della propria esistenza.