Le Mura di Roma si conferma per l’ennesima volta tappa obbligata per artisti dell’area folk/country/americana di passaggio nel nostro Paese. Stasera il club di San Lorenzo ospita la tappa finale del lungo tour italiano di Andrea Ramolo fascinosa artista italo canadese di origine molisane (Sarà proprio lei in ottimo italiano a confermarci che “Si, il Molise esiste”) che presenta…
È in arrivo nelle sale italiane, distribuita da Officine UBU, Un profilo per due, la tenera e divertente commedia francese diretta dal regista e sceneggiatore Stéphane Robelin (E se vivessimo tutti insieme?) e interpretata dall’icona del cinema d’oltralpe Pierre Richard (La capra, Lost in Paris), Yaniss Lespert e Fanny Valette.
Anche se un po vecchiotto (ma la musica si sa non invecchia mai, anzi migliora con il viverla, con il consumarla, con l’indossarla) vale assolutamente la pena di cercarlo. Ecco i veronesi The Shape e il loro “Lonely Crowd” Eleggo la loro “Sunshine” uno dei pezzi da ascoltare senza tregua, ma non solo di estate.
Il Flaminio ribolleva quando l’intro di “Where the streets have no name” risuonò forte e chiaro. Aspettavamo questo tour, ci erano giunte voci di cosa sarebbe stato, non c’era internet, ci affidavamo ai racconti e ai giornali musicali. Tutto era da scoprire, ma tutto ci apparteneva e ce lo tenevamo stretto. Un Bono senza voce lottò per tutto il concerto, fino a buttare il microfono sul palco con gesto di stizza. Ma che concerto, che senso di unione con il pubblico. Durò si poco, ma rimase come ricordo indelebile.
E’ rimasto famoso come il concerto del terremoto per i settaggi del basso di Adam, ma terremoto fu quello che suscitò in noi il fatto di vederli finalmente con noi in un abbraccio collettivo. Bono nel suo italiano stentato ci conquistò cosi :«Questo posto è grande… ma noi e voi… siamo più grande»
Erano gli U2 che con le loro citazioni rileggevano tutto il catalogo del rock cosi ecco che sul loro palco si agitavano i fantasmi di Marley, Jim Morrison, arrivava anche Van Morrison con i Them, e gli onnipresenti Beatles, con “Help” che fu anche un grido di aiuto di Bono “La gente di Roma avrebbe cantato per me”.
Buongustaio il caro Eddie, a passare per la perla della Sicilia, l’amore per il mare lo ha sicuramente guidato..
La strada è veramente lunga , tutta una Long Road quella che porta a Eddie,l’emozione si vede nelle facce delle persone che incontri per le viette che portano al teatro Greco..facce nuove, facce conosciute solo per i social che diventano poi un abbraccio e una voce una volta che si trova ..facce vecchie, di amici che vedi solo ogni 3 /4 anni quando i ragazzi passano per la nostra bistratta Italia .
Una jamily , come ci piace definire , una famiglia quella dei fans dei Pearl Jam.
Gian Paolo Barbieri ci porterà in un’epoca che pare distante anni luce da quella odierna. Il mondo e l’epoca della foto analogica. Senza filtri, senza inganni, senza photoshop. La foto pensata, studiata, sentita fino dentro le viscere. La foto che viene da un set creato in studio, o con tecniche molto innovative. Passando in rassegna alcuni dei suoi scatti, tra cui quelli per Vogue Italia (fu autore della prima copertina del 1965), Gian Paolo Barbieri ci fa andare con lui dietro gli scatti, nell’ispirazione spesso cinematografica (Hitchcock, il film “Casablanca”, ma non solo), ci fa stare con lui quando racconta del set per Vivienne Westwood ispirato alla Zattera della Medusa, famoso dipinto di Theodore Gericault con 4 modelli che erano dediti a “innaffiare” la scena, con un set veramente immerso nell’acqua.
Ci mostrerà la grazia di Audrey Hepburn, i lavori su le sue Polaroid, tutti artigianali e di grande impatto, i sapori dei set africani e poi di Tahiti con i suoi tatuaggi che decorano corpi scultorei. Tatuaggio come segno di riconoscimento, non come mera vanità. I suoi fiori, i suoi diari dove annotava i suoi set fotografici.
Scenografia semplice, un telo con un cielo stellato, tappeti e oggetti vari legati a leggende si ogni tipo.
Quello che Vedder si trova davanti è un mare di persone, quasi 50.000 persone accorse da tutto il mondo (si ho scritto bene, ai live di Eddie e dei PJ ci trovate tutto il mondo!) per ascoltare lui, da solo, senza i Pearl jam.
Solo con la sua voce e i sui strumenti fra cui l’amato Ukulele: “Domani ci saranno su questo palco i miei amici System of a down e Prophet of rage, salutatemeli tanto ! Ed oggi ci sono io con l’ukulele !” dice con una voce da cartone animato a prendere in giro quello strumento cosi piccolo,ma che ci regalerà insieme alla sua voce qualcosa di indimenticabile.
Si nasce con una separazione. Allora perché non siamo mai abbastanza forti quando la vita ci mette davanti ad altri traumi? Anche i Bee Gees, come del resto la musica in generale, affrontavano nei lontani anni ’70, il tema dei cuori spezzati, nel loro celebre album Trafalgar, la canzone era “How can you mend a broken heart”.