Roma, Palazzo Venezia – 16 novembre 2011 – 5 febbraio 2012
Ancora per un mese, fino ai primi di febbraio, a Palazzo Venezia si possono ammirare 140 dipinti raccolti nella mostra “Roma al tempo del Caravaggio”. L’esposizione curata da Rossella Vodret con il supporto organizzativo di Civita e Munus, è di grande interesse sia per l’oggettiva bellezza di alcune opere che vi trovano dimora, sia per l’operazione culturale che mette in atto. Infatti la mostra si prefigge lo scopo di far emergere alla conoscenza del pubblico dei giorni nostri, decine di artisti molto in auge tra le fine del 1500 e i primi decenni del 1600, ma che ormai oscurati dal genio del Merisi sono per lo più sconosciuti ai non addetti ai lavori.
I committenti di tali capolavori furono quattro Papi e precisamente Clemente VII, Paolo V, Gregorio XIII e Urbano VIII che regnarono a cavallo di un periodo storico che vedeva al suo interno il Giubileo del ‘600 e si godeva l’uscita della Chiesa dalla crisi dello scisma luterano. Roma riprendeva vigore, e la Chiesa per celebrare se stessa commissionava enormi quantità di opere su temi religiosi ad artisti di tutta Italia e non solo, che accorrevano a Roma a quell’epoca capitale culturale d’Europa.
L’esordio dell’esposizione è grandioso e ha il pregio di introdurre immediatamente il fruitore alle atmosfere sacre e carnali della mostra. Si confrontano due quadri coevi di due grandi artisti entrambi raffiguranti la Madonna di Loreto. L’uno è di Annibale Carracci e l’altro è del Caravaggio che solitamente lo si può ammirare nella chiesa di Sant’Agostino a Roma.
Già dalle prime tele che si offrono alla visione dello spettatore si percepisce quanto il genio del Merisi abbia condizionato la produzione artistica di quel periodo o per emulazione o per contrapposizione.
E così camminando tra questi dipinti si possono notare opere in cui è evidente la lezione del Caravaggio ed altre – ma non molte – che invece ostentano un’autonomia stilistica del loro artista.
Numerosi i pittori esposti, tanto per citarne alcuni: Carracci, Gentileschi, Baglione, Guido Reni, Saraceni, Cavarozzi e Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino artefice di uno dei quadri più belli intitolato “ Angelo Custode”.
L’allestimento è audace riferito al gusto dei nostri tempi ma perfetto per ospitare quadri che normalmente alloggiano nelle chiese. Per accogliere ognuno di questi è stata creata un’edicola in materiale ligneo che con grande maestria è stato decorato a marmo. Può sembrare pesante solo ad un osservatore superficiale, perchè questa ambientazione in realtà è ideale per collocare queste opere, spessissimo gigantesche, nell’ambiente per cui sono nate.
Anche l’illuminazione è adeguata, molto poco invadente e atta a esaltare quella luce interna all’opera stessa che nasce proprio dalla lezione del Merisi confluita negli artisti operanti nel suo stesso tempo.
L’unica pecca riscontrata è l’eccessiva quantità del materiale espositivo; un po’ meno quadri da osservare avrebbero reso la visita più facile da memorizzare e tutto il pubblico avrebbe forse gradito anche un Caravaggio in più oltre quello iniziale e il meraviglioso Sant’Agostino di recente e dibattuta attribuzione.
Recensione di Claudia Pignocchi