Roma, Complesso del Vittoriano 6 marzo – 29 giugno 2009
Per la prima volta dopo la grande mostra giottesca del 1937, organizzata nella Galleria degli Uffizi di Firenze, le opere del grande pittore trecentesco sono riunite in un’unica esposizione a lui dedicata. Oltre 150 opere, di cui 20 autografe del maestro, raccontano lo straordinario percorso di Giotto di Bondone a cavallo tra XIII e XIV secolo.
I più recenti avanzamenti della critica storico-artistica in materia hanno permesso di ricostruire, in questa grandiosa esposizione del Vittoriano, l’influenza giottesca su tutta la cultura figurativa del tempo.
Una sezione didattica, dedicata all’Italia di Giotto, è realizzata da “Comunicare Organizzando” con la partecipazione dell’ENIT e delle Regioni Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Campania. Il progetto introduce all’esposizione vera e propria illustrando, attraverso l’ausilio di riproduzioni grafiche e tecnologie digitali, la penetrazione del lessico giottesco in tutti gli ambiti artistici locali con i quali il maestro è venuto in contatto. Giotto, il primo artista-viaggiatore del Medioevo, ha influenzato col suo linguaggio gli artisti che hanno lavorato al suo fianco e quelli che, dopo la sua morte avvenuta nel 1337, sono entrati in contatto con le sue opere.
Pittura, scultura, miniatura e arti suntuarie: tutto il patrimonio figurativo medievale, impostato su basi locali, ha reagito in vario modo alla lezione del pittore fiorentino, aprendo la strada che avrebbe portato al Rinascimento. Giotto conobbe vastissima fama già tra i contemporanei, come dimostrano le numerose fonti documentarie a partire dal primo Trecento e gli scritti di autori quali Petrarca e Boccaccio; percorse e toccò con la sua opera la Toscana, l’Umbria, le Marche, l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Veneto, la Campania e il Lazio; per questa ragione si può parlare di lui come del primo artista “italiano” che influenzò e riunì sotto il suo segno culture figurative anche molto distanti tra loro.
Il rapporto con l’Antico di Giotto, maturato dalle visite nella capitale e influenzato dal naturalismo gotico francese, ha dato inizio alla sua aderenza al reale e ai suoi studi per la resa della profondità spaziale che avrebbero aperto la strada all’invenzione della prospettiva da parte del Brunelleschi. Ma il reale per Giotto non è solo forma: da questo momento in poi la rappresentazione della psicologia e degli stati d’animo dei personaggi diventerà elemento imprescindibile nel dibattito artistico occidentale.
Capolavori di Cimabue, Simone Martini, Giottino, Pietro Lorenzetti, sculture di Nicola, Giovanni e Andrea Pisano, Arnolfo di Cambio, Tino di Camaino, opere di grandi miniatori come il Maestro del Codice di S. Giorgio, oltre a 20 opere autografe del maestro tra cui i Polittici di Badia, della Cappella Peruzzi e di Santa Reparata, raccontano l’incredibile vicenda del maestro che ha rivoluzionato il modo di fare arte in Italia e in Europa.
Il percorso espositivo, introdotto dalla suddetta sezione didattica allestita nell’Ala Brasini e dedicata all’Italia di Giotto, si snoda per le sale ricostruendo la formazione, l’opera e i risultati della lezione dell’artista.
L’allestimento scenografico è caratterizzato da imponenti pannelli che riproducono i grandi cicli di affreschi degli Scrovegni a Padova, della Basilica di S. Francesco ad Assisi e di S. Croce a Firenze, opere che per la loro natura monumentale non è stato possibile trasferire a Roma, ma che con l’ausilio di filmati e moderne tecnologie digitali è possibile analizzare dettagliatamente.
Ai piani superiori del complesso del Vittoriano la vicenda giottesca è raccontata da opere di altissimo rilievo. Si parte con la scultura di Nicola Pisano (già Nicola de Apulia) e Arnolfo di Cambio che con il loro stile classicheggiante, maturato rispettivamente alla corte di Federico II e dai contatti con il Gotico francese, hanno influenzato in senso naturalistico il fare pittorico di Giotto.
Una saletta in penombra accoglie numerosi codici miniati realizzati tra Due e Trecento (da non perdere il Codice di San Giorgio dell’omonimo Maestro), importantissimi tramiti per la circolazione di temi stilistici e iconografici sui quali la pittura giottesca incise sensibilmente. Di forte impatto emotivo è il confronto tra il Compianto sul Cristo Morto di Giotto agli Scrovegni (visibile anche nei minimi dettagli in una riproduzione digitale) e lo stesso soggetto miniato da un maestro napoletano: da Padova a Napoli, fino alla Francia gotica, la poetica del pittore fiorentino viaggia sui binari di questi preziosissimi manufatti che nulla hanno da invidiare alle cosiddette “arti maggiori”.
Il nucleo centrale della mostra, dedicato a Giotto e alla sua bottega, presenta i 20 capolavori di mano del maestro. Assolutamente da non perdere sono il Polittico di Santa Reparata, il Polittico Peruzzi, il mosaico con l’Angelo dalla Navicella di San Pietro e il Polittico di Badia dal museo degli Uffizi, restaurato per l’occasione.
La seconda parte dell’esposizione raccoglie le opere che presentano le reazioni alla lezione giottesca da parte delle scuole pittoriche locali e delle generazioni successive. Interessante notare come il nuovo segno pittorico si ibrida nelle rappresentazioni cortesi dei senesi Simone Martini e Pietro Lorenzetti o nei nervosi graficismi intrisi ancora di cultura popolare della scuola umbra, marchigiana o lombarda. E ancora la scuola riminese, con a capo Giovanni Baronzio di cui viene riproposto per intero lo splendido Dossale di Villa Verucchio, diviso tra la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini. Sulla riviera romagnola il nuovo stile proveniente da Firenze e Assisi incontra i preziosismi bizantini che, da Ravenna e dall’Adriatico orientale, influenzano da secoli il fare artistico di queste terre.
Una considerazione a parte meritano i seguaci definiti da Roberto Longhi “giotteschi di fronda”, artefici del vasariano “dipingere dolcissimo e tanto unito”, che portando oltre gli stilemi medievali gli insegnamenti del caposcuola potrebbero entrare di diritto nel Rinascimento. Tra i loro capolavori spiccano la struggente tavoletta con la Crocifissione dell’assisiate Puccio Capanna e la dolcissima Madonna col Bambino del Tabernacolo di Via del Leone di Giottino. Da sindrome di Stendhal.
Giotto attuando una sintesi della tradizione classica e medievale getta le fondamenta dell’edificio rinascimentale.
Dopo di lui l’arte figurativa non sarà più la stessa.
Recensione by Davide Ricco
ORARI
lunedì al giovedì 9.30 –19.30; venerdì e sabato 9.30 – 23.30; domenica 9.30 – 20.30
PREZZI
€ 10,00 intero; € 7,50 ridotto
Veramente bella la mostra di Giotto! Un viaggio nel Medioevo.
Grazie Davide della recensione veramente completa!