Ago 022008
 

Teatro Romano di Ostia Antica, Roma, 29 luglio 2008
Tetragrammaton, Tetragrammaton, Tetragrammaton ma alla fine Tetragrammaton non c’è stata, se si esclude la possibile stilizzazione grafica con figure geometriche e vari simboli sulla grancassa della batteria. Cercando nella babele digitale che è internet alla parola Tetragrammaton, a parte i noti rimandi religiosi, compaiono pagine in cui ci si richiama alla confluenza tra Magia, Esoterismo, Scienza, Arte, Filosofia, niente altro che la summa dei Mars Volta. Questi concetti richiedono una particolare condizione della mente umana che prevede un netto distacco dal reale e la proiezione verso nuove dimensioni, la qual cosa provoca spesso alterazioni della percezione della realtà e/o dello stato di coscienza.
Signori e signore state dunque per assistere ad una evento psicotico di gruppo, un esperienza nemmeno lontanamente comparabile con la recente, tristissima, droga digitale I-Doser. Tutto è a favore: assenza di vento, serata appiccicosa quel tanto che basta a proiettarci sulle coste del Mexico sud-occidentale.
È già scuro quando si spengono le tenue luci pre-concerto lasciando come uniche note di chiarore le millenarie colonne Romane spruzzate alternativamente di rosso e blu ad incorniciare il palco.
È presente anche un piccolo striscione che invita il “ragazzo a prepararsi” (“Niño Preparate”) per eseguire Cygnus, che però dovrà aspettare più di un’ora. Gli otto si presentano sul palco introdotti, come di consueto, dalle note di “Per un Pugno di Dollari” di Ennio Morricone che ben si accompagnano alle due bandiere del Mexico appoggiate alla consolle del tastierista (Isaiah Ikey Owens). Qualche secondo per prendere posizione e si comincia subito con “Goliath” dall’ultimo album “Bedlam in Goliath”. Tra occhi chiusi e teste oscillanti e piccoli passi dondolanti, il brano, o meglio ciò che ne è rimasto, preso-cambiato-distrutto-fatto rinascere, rimane sulla scena per moltissimo tempo (31 minuti, quasi 5 volte in più rispetto alla versione in studio) con duetti tra Omar Rodríguez-López e il nuovo batterista Thomas Pridgen. Forse troppo, visto che alla fine ruberà la scena ad altri pezzi schedulati ma mai suonati. Si prosegue quindi con “Viscera Eyes” dal penultimo lavoro Amputechture e qui il Trip entra nella sua fase più matura, i Marziani sotto al palco hanno quasi tutti gli occhi chiusi, o assonati, o assentati e si muovono chi lentamente in una sorta di oblio mistico, chi rapito da alcune frequenze più sfrenate, forsennatamente, quasi imitando le mosse di Cedric. Non un cenno della band verso il pubblico, non una pausa, si continua con altri pezzi dall’ultimo album “Wax Simulacra” “Ouroboros” e “Ilyena”. Thomas Pridgen è un prodigio della natura, picchia come un forsennato sulla batteria, ininterrottamente, cambia ritmo continuamente in maniera naturale, forse a volte indugia un po’ troppo nell’autocompiacimento, con qualche assolo di troppo, ma ha talento e bicipiti da vendere. Cedric non riesce ad entrare completamente in partita, un po’ pesce fuor d’acqua, un po’ sottotono. Non trova cavi dove appendersi o balaustre da arrampicare, che sia intimorito dalle vestigia millenarie che lo circondano?? Finalmente arriva il turno di “Cygnus Vismund Cygnus” ad accontentare la richiesta dei fan in prima linea, seguita da una versione ridottissima di the “Widow”, uno dei brani meno recenti suonati. Omar esegue come in trance, in perfetta simbiosi con il suo pubblico, tutti i pezzi, ritornando alla realtà solamente quando duetta con la batteria.
Per non smentire l’aura di eclettismo sopra le righe che li contraddistingue ed in continuità con il deciso accorciamento del brano precedente, l’ultimo brano del concerto, “Aberunkula”, viene dilatato enormemente fino a chiudere il concerto. Unica concessione al pubblico una timida camminata di Omar verso un fan che gli chiedeva ardentemente un plettro, la tenerezza della richiesta, scritta pennarello a caratteri giganti su di un foglio formato A4 rimediato chissà dove, quasi costringe il chitarrista dei Mars Volta a cedere il suo plettro al feticista fan, minacciato da milioni di altre braccia.
Solamente 2 ore ?? La lamentazione più diffusa tra mani invocanti brandelli di scalette o plettri personalizzati arancioni e bianco. Solamente due ore?? Si perché i Trip, o meglio, i concerti dei Mars Volta durano solitamente molto di più. Nonostante questo, nonostante un Cedric non in ottima forma, il concerto ha regalato momenti altissimi, confermandoci che i Mars ogni Volta che suonano esprimono un concetto stupefacente.
Recensione by Magister

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Scaletta del concerto

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