Ott 252010
 

Roma, Circolo degli Artisti, 21 ottobre 2010

★★★½☆

Dopo cinque anni di congelamento tornano con un nuovo tour i One Dimensional Man, storico trio veneto che fonde un sostrato di marcio blues con forti influenze punk, noise e a tratti persino grunge. Il periodo di inattività della band è stato dedicato dal cantante e bassista Pierpaolo Capovilla e dal chitarrista Giulio Favero al nuovo progetto Il Teatro degli Orrori, ormai un’importantissima realtà della scena indipendente nazionale e che musicalmente può essere in parte visto come un’evoluzione proprio dell’Uomo A Una Dimensione. E le analogie non si fermano qui: per entrambe le band un nome impegnativo, uno preso in prestito da Herbert Marcuse, l’altro ispirato dal “Teatro delle Crudeltà” di Antonin Artaud, e per entrambe le band la voglia di suonare una musica non banale (se il termine non fosse abusato diremmo “alternativa”) e di forte impatto. I One Dimensional Man mostrano però un approccio alla musica più semplice e divertito, quasi scanzonato, e cantano in inglese, mentre per Il Teatro degli Orrori Capovilla scrive complesse e furiose liriche in italiano.
I One Dimensional Man sono tornati insieme, sull’onda del successo de Il Teatro degli Orrori, per 10 concerti in giro per l’Italia in cui suonano per intero il loro terzo album, “You Kill Me” del 2001, probabilmente il più significativo della loro discografia, più una manciata di pezzi tratti dagli altri tre dischi del trio (“One Dimensional Man” del 1997, “1000 Doses Of Love!” del 2000 e “Take Me Away” del 2004). Per l’occasione si è unito a Favero e Capovilla il batterista Luca Bottigliero dei napoletani Mesmerico, con il quale dopo il breve tour il gruppo entrerà in studio per registrare un nuovo album. Aprono il concerto gli Speedy Peones, punk-garage da Padova, sinceramente non un granché.
Nella mezz’oretta di cambio palco il Circolo degli Artisti, semideserto durante l’esibizione del gruppo spalla, si riempie completamente per i One Dimensional Man che senza dire una parola e senza soluzione di continuità sparano uno dietro l’altro i brani di “You Kill Me”: suoni perfetti (merito anche del nuovo impianto del Circolo) e potenti, il basso distorto e cavernoso, la chitarra tagliente e metallica, la batteria possente (si vede che a Luca piace Dave Grohl). Si va dall’andamento buffo e allegro di “Saint Roy” alla velocità di “This Man In Me”, dall’arpeggio noise di “No North” ai ritmi quasi shuffle di “The Old Worm”. I tre suonano benissimo e mostrano un ottimo affiatamento, ma va detto che rispetto alle performance del Teatro degli Orrori il comunque bravissimo Pierpaolo Capovilla risulta un po’ sacrificato, dovendo nascondere dietro il basso le sue doti di folle frontman ed essendo chiamato ad un ruolo più tradizionale di cantante e non invece a sputare le feroci invettive che del Teatro degli Orrori sono un indubbio punto di forza. Anche Giulio Favero ha mostrato una presenza scenica meno incisiva rispetto a quando lo abbiamo visto imbracciare il basso nei live della band sorella (da cui è uscito all’inizio del 2010 continuando comunque a collaborare come produttore), e a tratti dava l’impressione di essere lì quasi per caso.
Quasi tutti i pezzi non raggiungono i tre minuti di durata (alla fine saranno ben 24 brani in poco più di un’ora di concerto) e si muovono intorno a sonorità simili senza discostarsi troppo l’uno dall’altro, ma non per questo mancano momenti davvero notevoli come la lenta “Sad Song”, con un arpeggio degno dei migliori Jesus Lizard, seguita dalla ironica “Lovely Song”. Gli ultimi tre brani sono la splendida “You Kill Me”, che alterna arpeggi puliti a esplosioni di distorsione fino alla sfuriata finale con la chitarra carica di delay, il blues di “Oh! Oh!”, con tanto di assolo di chitarra, e soprattutto la finale “Broken Bones Waltz”, che Capovilla introduce denunciando la mancanza tutta italiana di una legge che punisca la tortura proprio nel paese dove capitano fatti come quelli del G8 di Genova del 2001, e che viene cantata in un inglese improbabile e dalla pronuncia volutamente sgangherata.
Dopo una breve pausa i nostri tornano sul palco per suonare sei brani da “1000 Doses Of Love!”, a cominciare dai rabbiosi stop-and-go della title track e proseguendo con qualche altro noise-blues-shuffle, come “Drink The Poison” o la furiosa “Annalisa!”, fino a chiudere il concerto con “Tell Me Marie”, singolo estratto da “Take Me Away” che vira verso un rock più tradizionale e che potrebbe ricordare persino i primi Foo Fighters, “Marianne”, il brano forse più punk del repertorio, e la nervosa e schizzata “Best Friend”, queste ultime tratte dal primo omonimo disco della band. C’è spazio anche per un secondo bis, chiesto a gran voce dal pubblico, la lenta e pesante “Girl”, ancora estratta da “One Dimensional Man”.
I One Dimensional Man sono un pezzo pregiato della scena indipendente italiana, e un loro ritorno sui palchi non può che essere gradito, anche perché dimostrano di essere in gran forma. Mostrano però anche qualche limite: le influenze troppo evidenti e marcate, dai già citati Jesus Lizard ai loro progenitori Scratch Acid, dagli Shellac di Steve Albini ai Birthday Party di Nick Cave, fino agli immancabili Melvins, per quanto risciacquate nel blues, fanno dei One Dimensional Man una (comunque valida, sia chiaro) succursale italiana del noise americano di scuola Touch & Go. Per questo motivo, oltre che per quanto detto in precedenza, il trio veneto esce sconfitto nell’inevitabile paragone con i vicini di banco del Teatro degli Orrori: questi ultimi infatti, pur partendo dalle medesime influenze e senza affatto nasconderle, hanno saputo finora creare uno stile più personale e riconoscibile, a partire dai testi in italiano e merito anche della straordinaria bravura del chitarrista Gionata Mirai. Tutte queste considerazioni ovviamente non scalfiscono il valore assoluto di un’ottima band che ha offerto al pubblico del Circolo degli Artisti un gran bel concerto.

Live report e foto di Andrea Carletti

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