Roma, Cavea Auditorium, 29 giugno 2010
Ogni sera ne inventano una nuova. E da 30 anni riescono sempre ad essere originali. Ai loro esordi, e fino alla partecipazione al Festival di Sanremo del ’96, il loro elemento di originalità erano i testi umoristici, spesso sboccati, ma sempre divertenti, che spaziavano dal demenziale al satirico. In seguito Elio e le Storie Tese hanno arricchito anche l’elemento musicale, riuscendo a ricoprire quasi tutti i generi: il rock, il rap, la disco, l’opera, il metal, la canzone anni quaranta e chi più ne ha più ne metta. A volte i diversi generi si mescolano tra loro e sono accompagnati a testi inusuali per quei determinati tipi di musica. Il risultato è quasi sempre geniale.
Le due anime del funambolico complesso si fondono ad ogni loro concerto, e così è avvenuto anche nella notte di San Pietro. Al Teatro Auditorium, il cantante Elio, il chitarrista Cesareo, i tastieristi Rocco Tanica e Jantoman, il bassista Faso e lo scatenato batterista Christian Meyer, accompagnati dall’”uomo-immagine” Mangoni e dalla voce femminile Paola Folli, si sono presentati vestiti da antichi romani, ed hanno aperto la serata suonando i Pink Floyd. Dopodiché è partita la scaletta. Una scaletta inedita, che conteneva pezzi raramente eseguiti live dagli Elii, come “Born to be Abramo”, “Presidance” e “Tonza Patonza”.
Il passato era rappresentato dai classici “Servi della gleba”, sui due di picche collezionati dai giovani, “Tapparella”, la storia del ragazzo escluso dalla festa delle medie, e l’omaggio al pornodivo “John Holmes”. La “new era” è invece costituita dallo spettacolare prog di “Plafone” (musicalmente eccellente, e nella versione studio impreziosito dalla voce di Antonella Ruggiero), il boogie di “Tristezza” (sui cantanti che lucrano sulle canzoni tristi), i rock di “Lo stato A, lo stato B” e, appunto, “Il rock ’n’ roll”, il rap de “La visione”, e la fantastica “Heavy Samba”.
Il tema della serata sono gli argomenti ingiustamente trascurati dalle masse, e allora via a cantare le discussioni coniugali riguardo la meta della vacanze estive (“Ignudi tra i nudisti”), il possibile ritorno alla religione politeista (“Pagano”) ed il problema delle tonsille asportate (l’orecchiabile “Gargaroz”).
Ma c’è spazio anche per l’affondo politico: infatti, oltre all’esecuzione di “Parco Sempione” (il pezzo che classifica i consiglieri della giunta di Milano come figli di buona donna), non sono risparmiate battute sul premier, sul Ministro della Cultura e sul sindaco di Roma.
Ogni canzone degli Elio e le Storie Tese, anche se risalente a più di un decennio fa, suona tremendamente attuale, e, come se non bastasse, il gruppo talvolta modifica i testi originali per adeguarli alle notizie di attualità contemporanea. E così, in “Pagano”, l’antica Roma, rappresentata da Caio Voluseno, viene rimpiazzata da quella moderna, rappresentata da Tullio Anemone; in “Servi della gleba” il protagonista piange perché gli è andata non “una bruschetta nell’occhio” (come recita il testo originale) ma “una statuetta del duomo in bocca”; in “John Holmes” si allude alla disfatta azzurra contro la Slovacchia; mentre ne “Il rock ’n’ roll” i versi che parlano di jazz e fusion vengono sostituiti da altri riguardanti Apicella e Povia.
Meritevole citazione anche per l’ “artista a sé” (come recitano i libretti dei CD) Mangoni, l’anima puramente demenziale del gruppo: coreografie esilaranti, look improbabili, entrate in scena inattese. L’architetto Mangoni offre uno spettacolo parallelo a quello dei sei amici, con il quale, comunque, si fonde alla perfezione.
Un live più che mai piacevole, reso ancora più potente dall’affiatamento con il pubblico, che riesce a servire ad Elio battute su piatto d’argento e ad animare la serata anche durante la pausa (con l’ormai leggendario coro “Forza Panino!”).
La musica italiana di qualità è ancora viva!
Recensione di Andrea Longobardo
foto di mimmo aprile