Riti della Settimana Santa di Sessa Aurunca (CE) 29 marzo – 04 aprile 2010
Anche se il giorno di Pasqua il mondo cristiano festeggia con una grande festa gioiosa la rinascita di Gesù Cristo gli eventi che si rievocano nell’antecedente Settimana Santa sono fortemente drammatici. In tutto il mondo cattolico, e in Italia soprattutto nel sud, c’è un vastissimo patrimonio di tradizioni popolari che li rievocano e riflettono sul lato umano e doloroso degli eventi luttuosi e terribili accaduti a Gesù negli ultimi giorni della sua vita terrena. Tra tutti i solenni rituali ancora oggi vivi e sentiti da moltissime persone un posto importante ce l’ha Sessa Aurunca , comune di 20.000 abitanti in provincia di Caserta, dove il significato della morte dell’uomo Gesù Cristo viene annualmente rivissuto e partecipato da tutta la comunità.
Per questo motivo insieme a un gruppo di studio guidato dall’etnomusicologa Giovanna Marini mi sono recata quest’anno proprio a Sessa Aurunca per ascoltare le antiche musiche della tradizione orale caratteristiche delle molte funzioni rituali della Settimana Santa, ma anche per capire cosa può significare oggi ripetere questo genere di tradizioni, per certi aspetti anacronistiche. E una volta calati in una realtà così coinvolgente e particolare abbiamo scoperto che qui questo rituale è intimamente sentito da tutti a livello emotivo in maniera molto spontanea: questi momenti di intensa religiosità popolare ci hanno totalmente ammaliato col loro fascino unico che, passando attraverso tutti i nostri cinque sensi , hanno stregato anche noi, cittadini moderni e disincantati, con la spontaneità di sentimenti semplici e veri.
Ancora oggi a Sessa Aurunca la Passione è una serie di riti e rievocazioni a metà tra la sacra rappresentazione medievale e la liturgia commemorativa; il tutto ha ben poco della moderna religiosità portata nel mondo temporale dalla Chiesa ufficiale, ma è al contrario molto più legata a riti precedenti il Concilio Vaticano del 1965, quando la liturgia della parola era ancora in latino e la comunicazione non passava solo attraverso canali razionali.
I riti a Sessa Aurunca sono officiati dalle antichissime sei confraternite, rigorosamente laiche e maschili, che sono ancora attive e si dividono, con un disegno preciso la cui origine ormai si perde nella notte dei tempi, i compiti di preparare tutto l’anno e poi gestire ed organizzare gli eventi della Settimana Santa: la Confraternita del Santissimo Crocifisso si occupa dell’Ufficio delle Tenebre il Mercoledì Santo e della processione notturna del Venerdì Santo, quella che propriamente rievoca la passione e la crocefissione di Gesù, mentre la Confraternita di San Carlo Borromeo e quella del Santissimo Rifugio organizzano la processione del Sabato Santo, una processione fatta di giorno con una grande partecipazione di donne vestite a lutto (molte delle quali scalze) che portano dei grossi ceri accesi, come a voler rischiarare i giorni in cui Gesù è morto e grande dolore patiscono sua madre e i suoi amici che ancora non hanno speranza della sua resurrezione. Le altre confraternite presenti sono quella di San Biagio, della SS. Concezione e della Vergine del Rosario che officiano le processioni penitenziali che nei giorni di Lunedì e Martedì Santo portando i loro stendardi dalle rispettive sedi in Cattedrale per l’esposizione e l’adorazione del Santissimo Sacramento. A queste antiche confraternite, eredi di un sistema corporativistico di stampo medievale, sorte tutte tra i secoli 16° e 17° con compiti assistenzialistici per ridare vigore spirituale alla religiosità popolare in pieno fermento controriformista, si deve oggi il maggior merito riguardo la conservazione e la tutela delle tradizioni locali, compito di cui tutti i confratelli si sentono orgogliosamente e gelosamente investiti.
Molti dei canti che abbiamo ascoltato sono in latino come il Miserere , un canto antichissimo, polifonico, sui versi del Salmo 50 di Davide, tramandato solo oralmente e cantato rigorosamente solo da un trio di confratelli più anziani della Confraternita del Santissimo Crocifisso e solo durante la processione dei Misteri del Venerdì Santo; un canto di una bellezza arcaica e struggente che tocca le corde più profonde della nostra anima con i suoi accordi e modulazioni particolarissime, dalla sonorità talmente antica da sembrare stravagante alle nostre orecchie moderne, quasi esotica, sicuramente stupefacente.
Ed è proprio la processione penitenziale del Venerdì Santo l’evento che ha sollecitato di più tutti i nostri sensi, quando vengono portati in processione per le strette strade del centro storico della città, appositamente oscurate e rischiarate solo da piccolissimi lumini rossi, i Misteri, cioè le statue che rappresentano le varie fasi del supplizio di Gesù; le statue di cartapesta, molto antiche e piuttosto pesanti, vengono portate a spalla dai confratelli del Santissimo Crocifisso vestiti e incappucciati col saio nero in segno di penitenza che camminano in avanti, ma spesso anche all’indietro, facendo un tipico passo ondulatorio chiamato la “Cunnulella”: è un passo alternato ed accentuato sulle due gambe che serve a scaricare il forte peso portato in spalla; i piedi però non procedono in linea retta ma descrivono un piccolo arco di cerchio orizzontale, come se stessero danzando…….. L’effetto estetico è straordinario poiché le statue del corpo martoriato di Gesù o della Madonna insieme alle donne alluttate ondeggiano, sembrano danzare e muoversi nell’aria al ritmo della musica triste e struggente della Banda di Sessa Aurunca , che suona delle bellissime marce funebri). E’ così che la nostra vista è catturata in questo vortice di emozioni, in un turbinio di immagini così insolite e stralunanti. Ma naturalmente è la musica che pervade l’aria e subito cattura il nostro udito ci culla e ci accompagna dondolando i nostri corpi, insegnando anche ai nostri piedi cittadini a muoversi al passo della Cunnulella. Pigiati come siamo tra tutti quelli che partecipano alla processione il nostro corpo è sollecitato in più punti e quindi anche attraverso il tatto partecipiamo a questa curiosa esperienza; ma presto ci troviamo in uno spiazzo dove, come da tradizione, grandi falò di sterpi, legni e rami di olivo sono dati alle fiamme rischiarando la notte e sollecitando il più restio dei nostri sensi: anche l’olfatto ormai è contagiato dal fumo e dall’atmosfera che si spande nell’aria e che ci porta indietro nel tempo. E naturalmente siamo in Campania e quindi già da appena arrivati il nostro gusto non ha smesso un momento di partecipare ai tanti sapori di questa terra, come con il dolce pasquale per eccellenza la pastiera di grano, un ingrediente che anche simbolicamente ricorda la rinascita della vita.
A notte fonda la processione finisce riportando i Misteri nella chiesa di San Giovanni a Villa, da cui tutto era partito; le strade si svuotano e i fuochi sono spenti ma l’odore di bruciato rimasto nell’aria lascia qualcosa anche dentro di noi; una traccia arcaica, forse qualche risposta ai tanti lati oscuri di questa festa di cui all’inizio non capivamo il significato e il senso, calati come siamo in un’epoca di abitudini tanto distanti dai gesti che abbiamo visto qui e che queste persone ripetono immutati da secoli. Quello che ci rimane è la sensazione di aver partecipato anche noi (che all’inizio guardavamo tutto con occhi curiosi ma estranei, sicuramente un po’ sconcertati e forse con un po’ di spocchia da intellettuali, studiosi e concettuali) a questo rito comune e condiviso che da sempre unisce persone totalmente diverse, di tutte le età, di vari strati sociali, vecchi compaesani che oggi vivono anche in tutt’altre parti del mondo, ma si ritrovano apposta per celebrare la “loro” Settimana Santa:in questa atmosfera di dolore collettivo, di stretta comunanza, ognuno dei presenti ha espiato un po’ del proprio dolore, forse un lutto recente, sicuramente qualche paura e magari un po’ di solitudine…….
Nel procedere tutti insieme ondeggiando avanti e indietro al ritmo lento della processione siamo tutti usciti dal tempo ma anche dalle nostre singole esperienze umane e abbiamo fatto capolino in un magma antico e semplice in cui tutta la comunità attraverso la partecipazione ad un rituale si ritrova vicina e nel riconoscersi esprime ed elabora sentimenti dolorosi collettivi; non si sa come ma alla fine ci si sente meglio, consolati, come se mettendo insieme i propri dolori e le proprie ansie si trovasse una riconciliazione comune con se stessi e con la propria vita.
Reportage e foto di Susanna