Provate a immaginare The Great Gig in the Sky senza i vocalizzi di Clare Torry. Che effetto farebbe? Senza rendersene troppo conto la cantante inglese chiuse in bellezza il “Lato 1” di The Dark Side of the Moon, mitico album dei Pink Floyd del 1973. Eppure in tanti abbiamo a lungo ignorato il suo nome pur sapendo a memoria ogni palpito di quei quattro minuti stellari. Con un genere completamente diverso, qualche anno prima si era affermata in Italia una vocalist (anche lei dal nome poco noto) che sarebbe diventata celebre grazie alle colonne sonore dei nostri più grandi compositori, primo fra tutti Ennio Morricone. La vocalist di C’era una volta il West o Giù la testa, a cui Sergio Leone dedicò un giorno queste parole: “A Edda Dell’Orso, che dona poesia ai miei film”.
Nata a Genova il 16 febbraio 1935, fin da bambina l’amore per la musica riempie i sogni di Edda Sabatini, che esordirà nel mondo artistico con il cognome del marito, il compositore e direttore d’orchestra Giacomo Dell’Orso. Ancora adolescente si trasferisce con la famiglia a Roma e nel 1956 si diploma in pianoforte presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Poco più che ventenne prende anche lezioni di canto da Italo Brancucci (già maestro di Ferruccio Tagliavini e Renata Tebaldi), che utilizza una didattica molto innovativa rispetto alle metodologie più tradizionali. Dopo l’improvvisa scomparsa del maestro interrompe gli studi lirici, ma la formazione ricevuta (e un talento sorprendente) le basterà per diventare nei decenni successivi un’interprete prodigiosa.
Così tanto avvincente da suscitare un insolito gesto d’ammirazione da parte di un divo come Warren Beatty, che un giorno le si inginocchiò davanti e le sfiorò con un bacio il piede dopo aver assistito alla registrazione della colonna sonora di Love Affair – Un grande amore (1994). “Pensavo mi volesse prendere in giro”, confesserà quest’artista schiva e riservata che ha realizzato tanti dei suoi sogni all’interno di una sala d’incisione: turni di tre ore; uno spartito appena consegnato su cui leggere la musica; vocalizzi in armonia con un’orchestra fino a settanta elementi. Poche prove. Tutto in diretta.
Nei primissimi anni ‘60 entra a far parte dello storico gruppo dei “Cantori Moderni” di Alessandroni che vanta un fortunato sodalizio artistico con Ennio Morricone, all’epoca compositore e arrangiatore presso la RCA. Quando è già mamma di due figli, non ci mette molto a imporsi come vocalist solista e poi a immortalare il tema di C’era una volta il West (1968). Da sempre interessato alla sperimentazione sonora, Morricone ha scritto una partitura proprio per lei piuttosto che per un flauto, una tromba o un violino. Intuizione geniale, la voce umana come strumento, soprattutto se quella voce possiede un’estensione vertiginosa, tecnica ineguagliabile e una grazia cristallina.
Nel 1969 esalta il leitmotiv di Metti una sera a cena (Giuseppe Patroni Griffi), dopo essersi spinta a evocare l’estasi di un amplesso nel film di Vittorio Caprioli Scusi, facciamo l’amore? (1968). Pare che per questa prova Caprioli avesse in mente un’interprete sensuale come Ornella Vanoni, invece Morricone l’affidò a lei: la sua performance riesce a rendere perfino quello che non risulta scritto tra le note del pentagramma. Sia che risalti in primo piano oppure emerga in contrappunto, per oltre trent’anni Edda Dell’Orso rappresenterà per Morricone l’inconfondibile cifra stilistica di gran parte della sua sterminata produzione.
Dalla seconda metà degli anni ’60 “quella voce” diventa sempre più protagonista, pur continuando a non avere volto e nome, eccetto nell’ambito strettamente artistico. Del resto la visibilità non l’ha mai troppo interessata e solo nel corso del tempo si accorgerà di quanto i suoi assoli abbiano contribuito a emozionare il grande pubblico, di pari passo alle gesta di tanti eroi, compresi James Coburn e Rod Steiger nel celeberrimo Giù la testa (1971). Tutti film che raramente va a vedere al cinema, aspettando magari un passaggio televisivo perché, come lei stessa dirà: “Ho amato molto più la musica che il cinema. Sono felice di essere una vocalist anche se mi sarebbe piaciuto interpretare classici americani, magari quelli di Sarah Vaughan o Judy Garland. Una volta ci sono riuscita, in un piccolo teatro romano”.
Al di là dei western di Leone, rivedendo oggi qualche film di quel periodo è facile distinguere la sua voce, come in certi momenti de Il gatto a nove code (Dario Argento, 1971), nel tema struggente de Il maestro e Margherita (Aleksandar Petrovic, 1972), o in quello bellissimo di Cosa avete fatto a Solange? (Massimo Dallamano, 1972). E non di rado compare in film non troppo celebrati dai più selettivi dizionari di cinema, tipo Una lucertola con la pelle di donna (Lucio Fulci, 1971) o Vergogna schifosi! (Mauro Severino, 1968). Eppure, soprattutto riguardo ai cosiddetti B-movies, i critici non possono fare a meno di citare l’estro inesauribile di Morricone e i suoi vocalizzi.
Nel corso della carriera lavora con altri illustri maestri come Piero Umiliani, Luis Bacalov, Stelvio Cipriani o Bruno Nicolai. Numerose le collaborazioni con Armando Trovajoli e Piero Piccioni (basti citare, rispettivamente, “Il tema di Giuditta” da Nell’anno del Signore e “Magic castle” da Fumo di Londra). Nicola Piovani la sceglie per abbellire il finale de “Il suonatore Jones”, inserito nell’album di Fabrizio De André Non al denaro, non all’amore né al cielo (1971), di cui Piovani ha curato gli arrangiamenti e poi la richiede ancora per “Military Music”, brano incluso nella colonna sonora da lui composta per Marcia trionfale (Marco Bellocchio, 1976).
Verso la fine degli anni ‘70 sembra passato un po’ di moda l’impiego di cori e vocalist all’interno delle partiture per il cinema. Dal 1964 al 1980, comunque, Edda Dell’Orso ha già all’attivo oltre novanta titoli. Un’infinita galleria di generi (brillanti, thriller, commedie sexy, horror, poliziotteschi, comici o drammatici), accompagnati dalle partiture più variegate che lei impreziosisce con slanci, modulazioni e fraseggi ogni volta diversi. E il suo tema preferito?: “Mi piace molto “In un sogno il sogno”. Senz’altro è tra quelli che ho amato di più. Era incluso nel film La donna invisibile”. Diretto da Paolo Spinola nel 1969 e tratto da un racconto di Alberto Moravia, rappresenta un altro di quei casi in cui la colonna sonora supera per qualità il film stesso.
Attratta da nuove esperienze, con il regista-attore Salvatore Martino mette in scena una serie di spettacoli riproponendo brani di Edith Piaf, Marlene Dietrich e Mikis Theodorakis, arrangiati dal marito Giacomo con cui negli anni proseguirà un’intensa attività concertistica, insieme a quella di docente di canto presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, l’Università “La Sapienza” e il Saint Louis College of Music di Roma. Ma il cinema non tarda a reclamarla. Alle soglie dei cinquant’anni il suo canto accarezza l’amore impossibile di Noodles (Robert De Niro) per Deborah (Elisabeth McGovern), in C’era una volta in America, ultimo film diretto da Sergio Leone prima della sua prematura scomparsa, nell’aprile del 1989.
Il “Tema di Deborah” non poteva non lusingare Celine Dion che nel 2007 ne ha inciso una versione con testo in inglese (“I Knew I Loved You”). Anche stavolta, quell’incanto di voli sospesi era stato scritto per lei. Voce umana come strumento: il suono del più raro Stradivari. Lo stesso Morricone dichiarerà: “Non credo esista un talento così alto come quello di Edda Dell’Orso. La sua tensione sulle note e sul suono è inarrivabile, anche rispetto alle partiture più complesse o più contemporanee”.
Né le bravissime interpreti che si cimentano oggi con i temi immortalati da Morricone ed eseguono quegli stessi vocalizzi riescono a eguagliare la grazia assoluta dell’originale, neppure quelle che, a differenza sua, possono contare sul completamento degli studi lirici. In omaggio a Ennio Morricone nel 2008 viene pubblicata la raccolta Edda Dell’Orso Performs Ennio Morricone, (etichetta “GDM Music”): 2 CD per 35 brani che propongono una summa delle loro più significative collaborazioni.
Nel 2013 figura tra le mirabili voci femminili che arricchiscono la colonna sonora di La migliore offerta (Giuseppe Tornatore), altra eccelsa partitura di Morricone, e nello stesso anno incide alcuni pezzi compresi nell’album Registrazioni al buio di Alex Puddu, compositore, batterista e polistrumentista romano trapiantato a Copenaghen nonché grande cultore di colonne sonore del cinema italiano degli anni ’70. Inevitabile per lui avvalersi del suo prezioso contributo per il successivo In The Eye Of The Cat del 2016 (etichetta “Schema”) e affidarle brani dove riecheggiano sonorità e atmosfere riconducibili al più tipico stile seventies.
Anche in queste recentissime performances Edda Dell’Orso conserva intatto il fascino degli esordi. Del resto per lei il canto è vita, senz’altro più del cinema. Eppure è soprattutto grazie al cinema che continua a tramandare le più grandi emozioni. Non per niente un gruppo punk rock come i Ramones e uno heavy metal come i Metallica hanno aperto per anni i loro concerti con “L’estasi dell’oro” (da Il buono, il brutto, il cattivo), e sulle stesse note dei suoi vocalizzi ha cantato una folla oceanica di giovani provenienti da ogni paese. Anche se non avrebbero saputo dire il nome di “quella voce” che li aveva resi così leggendari.
Ornella Magrini
Leone dedicò un giorno queste parole: “A Edda Dell’Orso