Caracas, Ghost Tracks
(2017 Materiali Sonori )
Le Ghost Tracks, sono da sempre nascoste nei meandri più bui degli album, croce, delizia e dannazione di ogni appassionato dalle orecchie buone. Una traccia fantasma (ghost track o hidden track) è un brano di un album, la cui esistenza non viene indicata nella lista delle tracce sulla copertina o sul libretto.
La presenza di queste tracce è considerabile come una sorta di sorpresa da uovo di pasqua del gruppo o artista in questione, il quale decide di inserire nei propri dischi registrazioni che, per vari motivi, si preferisce non inserire nella tracklist ufficiale. Un tempo le tracce fantasma potevano manifestarsi in forma di suoni, discorsi o vere e proprie canzoni nascoste alla fine o all’inizio dei vinili e dei cd: si trattava magari di b-side che non si uniformavano concettualmente al resto del lavoro, o al contrario piccoli particolari che in qualche modo lo completavano. E ancora rumori, messaggi da decifrare, suoni strani e voci lontane. Era una comunicazione intima, un punto di contatto segreto (e per questo ancora più prezioso) tra musicista e ascoltatore, in tempi in cui non esistevano ancora i social network ad aprire le finestre sulle vite e le menti degli artisti. Fino a un po’ di anni fa funzionava così…poi è arrivato l’ascolto liquido e il gioco è diventato palese, nascondere le tracce praticamente impossibile, le ghost tracks si sono volatilizzate…
Quello dei Caracas in ogni caso è un concetto di ”ghost tracks” molto diverso…Valerio Corzani e Stefano Saletti hanno pensato a questo titolo perché l’avventura del loro secondo album è partita da una rivisitazione fertile dei dieci brani del primo. Mettere le voci su brani che erano usciti sul primo album eponimo praticamente strumentali; affidare ogni brano ad un cantante diverso (l’idea iniziale era quella di affidare tutto al flow di rapper italiani, poi il gioco gli ha preso la mano e il parterre stilistico si è allargato parecchio…) per far sì che i brani prendessero un’altra veste, un altro profilo, un altro mood, insieme affine e diverso. Per questo “ghost tracks”… perché è come se questi brani con le voci addosso, aleggiassero già nelle pieghe più nascoste del primo album e ora si fossero rese esplicite per dare a quei brani una seconda giovinezza e perfino una nuova verginità espositiva.
In Giamaica di solito fanno il contrario… prendono un brano cantato e lo disossano di voci e timbri per trasformarlo in pezzi dub, dilatati e visionari. Nel caso dei Caracas si è partiti invece da brani che avevano già un sapore dub strumentale e, affidandoli alle invenzioni di una decina di cantanti diversi li si è trasformati in canzoni. Canzoni tout court, sia pure “deviate” dall’attitudine obliqua della poetica dei Caracas, con il levare a far da frangiflutti. Anche gli arrangiamenti hanno spesso cambiato registro, il consueto taglia e cuci dei Caracas ha avuto in questo caso un doppio binario operativo: da una parte alleggerire certi passaggi per far posto alle nuove melodie vocali, dall’altra irrobustire alcune ritmiche per dare più pompa a brani che con la voce avevano preso un mood più energico e muscolare.