Eddie Vedder & Glen Hansard: Firenze Rock, Visarno 24 giugno 2017
“The tour of good hope”.
Ho chiamato cosi questo tour europeo di Eddie Vedder, un tour che lo ha portato in Italia, qua da noi, per la prima volta. Da solo senza la band.
Un tour peraltro iniziato in uno dei periodi peggiori per la musica. La dipartita di Chris Cornell, un’uscita di scena nel peggiore dei modi, fra mille domande, dubbi, ricordi, lasciando nel buio più assoluto quelli che col grunge ci sono cresciuti, che hanno perso pezzo per pezzo un mondo.
Vedder poteva mollare, per molti doveva mollare.
Invece si è caricato sulle spalle l’ennesima perdita, probabilmente quella più dura, più atroce, se l’è caricata sulle spalle, preso per mano dal suo amico Glen, ed è corso da noi.
Città dopo città, sin dalle lacrime di Amsterdam, quando con il viso trasfigurato dal dolore Vedder tiene botta e va avanti, fra silenzi, pause e ancora lacrime. Chi c’era ha detto che un paio di volte sembrava non farcela, ma anche se “Without you something’s missing” (su “Long road”) con tutti che sanno, ma nessuno dice mai, Eddie è andato avanti arrivando a Firenze, in una bollente Firenze, ospite di un Festival si acerbo, ma che ha la bravura di accaparrarsi nomi enormi del Rock come Aerosmith, Placebo, e System of a Down.
Un festival con mille turbolenze in fatto di line up. Le defezioni last minute dei Cigarettes after sex per impegni legati alla promozione del nuovo disco e dei Cranberries, per problemi di salute di Dolores, fanno partire il carrozzone delle lamentele all’italiana, richieste di rimborsi e rimpiazzi discutibili (Eva Prevarello prodotto di X Factor seppur molto brava fa storcere il naso ai più, e la scelta di Samuel, che senza Subsonica fatica a far saltare il pubblico come i vecchi tempi, è decisamente fuori target).
Sui vari social e forum abbondano considerazioni su questo e sul fatto che sia sbagliata la location per un concerto acustico finora ospitato in teatri o spazi indoor, ma che si concluderà in un luogo che lascia senza fiato come il teatro greco di Taormina (data che molti preferiranno a Firenze).
Pochi minuti alle 21, con ancora un sole fioco alle spalle del pubblico provato dalle temperature bollenti del giorno, e sale sul palco Glen Hansard.
Per chi non lo sapesse l’amicizia fra i due nasce da un evento a dir poco tragico: durante un live di Glen insieme ai Swell Season in California un uomo si suicidò gettandosi letteralmente da una impalcatura sul palco a pochi metri da Glen dopo l ‘esibizione di “When your mind’s made up”.
Il giorno dopo Glen riceve una telefonata: “Ciao Sono Eddie Vedder, canto in un gruppo i Pearl Jam, volevo sapere come stai”.
Eddie aveva vissuto una tragedia simile durante il concerto al Roskilde festival, durante il quale 9 ragazzi persero la vita schiacciati dalla folla in transenna a causa del fango accumulato dopo una giornata di pioggia.
Fu dura per lui, cosi sapendo cosa potesse passare Glen gli offrì la sua spalla, cosi lontano, ma cosi vicino nella tragedia che li unì.
E chi più di lui poteva ricambiare il favore, offrendo la sua di spalla dopo la tragedia di Chris?
Una esibizione intensa quella di Glen, la vera sorpresa di questo Tour per i più che non lo conoscevano.
“Abbiamo scoperto che l’Italia ama Glen Hansard” dirà Eddie durante la sua esibizione a Taormina..ed è cosi! Ad ogni intervento del rosso irlandese, il pubblico si scatena in applausi e urla e mani scroscianti. Visto lo spazio molto grande di Visarno, Firenze Rock vedrà l’unico concerto di Glen con band dell’intero tour. Molto divertente il tweet di Glen alla ricerca di un trombonista a Firenze.
Dopo il suo grande live set e dopo una attesa pazzesca per via dei ‘fochi di San Giovanni’,appena percepiti dall’arena, ecco che arriva lui verso le 22, 45 col suo taccuino in mano.
Scenografia semplice, un telo con un cielo stellato, tappeti e oggetti vari legati a leggende si ogni tipo.
Quello che Vedder si trova davanti è un mare di persone, quasi 50.000 persone accorse da tutto il mondo (si ho scritto bene, ai live di Eddie e dei PJ ci trovate tutto il mondo!) per ascoltare lui, da solo, senza i Pearl jam.
Solo con la sua voce e i sui strumenti fra cui l’amato Ukulele: “Domani ci saranno su questo palco i miei amici System of a down e Prophet of rage, salutatemeli tanto ! Ed oggi ci sono io con l’ukulele !” dice con una voce da cartone animato a prendere in giro quello strumento cosi piccolo, ma che ci regalerà insieme alla sua voce qualcosa di indimenticabile.
Il concerto inizia con l’amata “Elderly woman behind a counter in a small town”,scelta spesso come primo pezzo, secondo me per il ritornello in cui dice “I just want to scream HELLO” sempre urlato al pubblico e dal pubblico, felici entrambi di rivedersi!
A seguire alcuni pezzi della storia dei Pearl jam come “Wishlist”, “Immortality”, alcune cover tra cui “Trouble” di Cat Stevens, che Ed sa fare sua come pochi altri, passando poi per i suoi pezzi da solista come “Setting forth”, la meravigliosa “Guaranteed” e “Rise.”
Fra una canzone e l’altra Ed tira fuori i suoi aneddoti come quando incontrò la bella Jill a Milano e lei gli disse “amami”e così fu per sempre.
La serata decolla da subito, il pubblico è coinvolto in una magia unica sotto le stelle in una città magica come Firenze.
Sulle note di una versione di “Black” epica, presentata con’ “We are many ..we are one..and probably all of us in one time have been through the Black ‘…..il pubblico è rapito, in religioso silenzio, commosso, e quando sulle note finali Eddie si lascia andare in un ‘come back” il megaschermo immortala il suo viso che cambia espressione con una grossa lacrima che lo attraversa… il pensiero corre a Chris.
Una rabbiosa “Lukin” ci riprende per i capelli.
Si continua con “Porch”, e una “Comfortably numb” all’organo “del mio amico Roger Waters che io andrò a rovinare..”
La magia è totale, e la certezza arriva alla fine di “Imagine” dedicata a Yoko Ono e a John Lennon.
Mi viene da pensare in un momento come questo che siamo arrivati al punto in cui per andare a un concerto devi passare attraverso i metal detector.
Ma sulla nota finale di “Imagine” con tutte le mani alte a illuminare il cielo con accendini (e cellulari ahime), alle spalle del palco una enorme stella cadente taglia il cielo in due frammentandosi in due lasciando tutti senza fiato.
“E’ Chris!!” urla una ragazza vicino a me, ma noi romantici l’avevamo pensato tutti.
Si prosegue senza sosta con “Better man”, con la bellissima e struggente “Last Kiss” andando avanti fino a richiamare sul palco l’amico Glen per una dolcissima “Falling Slowly” e “Song of good hope” (entrambi brani di Glen) questa ultima cantata da Eddie in mezzo al pubblico, arrampicato sulle transenne, pazzo come quando a 20 anni si gettava dalle impalcature.
Cantando col cuore e stringendo mani guardando le persone negli occhi Eddie dice “And take your time babe, it’s not as bad as it seems, you’ll be fine babe”..
Io sono una ultraromantica, la scelta di questa canzone per me è stata una cura, una mano a cui aggrapparsi per risalire, è indubbio che questo tour sia segnato dall’inizio alla fine dalla tragica fine dell’amico Chris Cornell e lo cogli in ogni sfumatura..
In lacrime e sfiniti dalle emozioni, andiamo verso la fine saltando e ballando fra le note di “Smile” (una perla rara ai live dei Pearl jam), per poi la doppietta finale: l’inno di Uncle Neil, “Keep on rocking in a free word” e “Hard Sun”, quel sun che ci ha bruciato nell’attesa di uno dei concerti più intensi di sempre di Eddie Vedder, con buona pace di chi è rimasto a casa scettico per la location.
Ci vediamo a Taormina!
Live Report di Milari