Ott 012015
 

Sopravvissuto – The Martian, di Ridley Scott, Con Matt Damon, Jessica Chastain, Kristen Wiig, Mackenzie Davis, Kate Mara. Durata 130′ USA 2015

★★★☆☆

The_Martian_LocandinaMarte, il desertico pianeta rosso, ed un uomo, abbandonato in uno dei posti più inospitali che si possa immaginare. È questo l’incipit della trama di “Sopravvissuto – The Martian”, l’ultimo film fantascientifico di Ridley Scott. La sceneggiatura, tratta dall’ormai famoso romanzo “L’uomo di Marte” di Andy Weir, è come la si può immaginare: per lo più scontata e priva di eclatanti colpi di scena. Ma la prevedibilità della trama non toglie certo il gusto di un film molto ben fatto, soprattutto dal punto di vista tecnico. Il regista, già noto agli appassionati di fantascienza per capolavori come Alien e Blade Runner, ha dato prova di non aver perso la capacità di riprodurre ambientazioni spaziali con un’accuratezza quasi maniacale. Marte è rappresentato in modo ultra-realistico, partendo dal suolo, ottenuto miscelando opportunamente ben tre tipi diversi di terreni terrestri, fino alle tempeste di sabbia e ai cosiddetti “dust devils”, piccoli tornado sabbiosi. Per la realizzazione del paesaggio marziano è stato usato il più grande schermo verde mai assemblato: 95 metri di lunghezza e 20 metri d’altezza, per un totale di quasi 2000 metri quadrati. E quando non siamo su Marte, il regista dà sfoggio della sua maestria nel rendere lo spazio, i veicoli spaziali e tutte le scene ad essi connessi, più che verosimili. Sono queste le scene che ci ricordano le piacevolezze visive e sonore del Gravity di Alfonso Cuarón, film in cui però parecchie inadeguatezze scientifiche ci avevano fatto storcere il naso. Ciò non accede, tranne che per qualche piccola “caduta” sul finale, in The Martian. Scott e la produzione, infatti, avvalendosi di importanti consulenze tecniche, evitano di cadere in strafalcioni e ci mostrano una realtà futura, che non è poi così lontana.
Ma andiamo alle note dolenti. Se vi aspettate di andare al cinema e provare lo stesso trasporto emotivo provato guardando “Apollo 13”, vi anticipo che rimarrete parecchio delusi. Il film è la fredda trasposizione di fatti, senza alcun accenno di introspezione psicologica. Che questa sia una caratteristica ereditata dal romanzo da cui il film è tratto è fuor di dubbio, ma credo che sia anche lecito aspettarsi un certo tipo di coinvolgimento emotivo. Quando vedo un film non voglio raccontata una storia, voglio vivere una storia! E di certo questa di storia si sarebbe prestata molto bene nel rendere lo spettatore protagonista, abbandonato per un lungo periodo a milioni di chilometri dall’essere vivente più vicino. Ciò non accade! Matt Damon è una sorta di super-uomo. Non si abbatte mai, risolve sempre tutti i problemi che ha con neanche troppa difficoltà, e anche quando la fortuna gli volta le spalle e lo lascia apparentemente senza alcuna speranza, la sua appena accennata disperazione non appare poi così sentita. Tale caratteristica si manifesta già nelle prime scene del film. Qualunque essere umano si sentirebbe disorientato e disperato appena realizzato l’abbandono senza risorse in un pianeta desertico e ostile, dove l’aria non è respirabile e la terra, priva di qualsiasi batterio, ne impedisce la coltivazione. E invece, il super Matt, rapidamente realizza la sua situazione e si mette immediatamente all’opera per costruire/adattare ciò che ha a disposizione per la propria sopravvivenza a lungo termine. Neanche dopo anni di permanenza in queste condizioni di isolamento più assoluto mostra alcun segno di cedimento. E così anche gli ormai ex compagni di missione, dopo mesi e mesi chiusi dentro una “scatoletta” in viaggio nello spazio non mostrano la minima tensione. Per tutto il film si ha l’impressione che i protagonisti siano solo al primo giorno della loro avventura.
Assenza di caratterizzazione psicologica la si percepisce anche negli addetti al salvataggio sulla Terra. Coloro che dovrebbero passare le notti in bianco alla ricerca di un modo per salvare il malcapitato astronauta, spesso sembrano più preoccupati di trovare la battuta giusta per strappare un sorriso ai colleghi (o agli spettatori). Sorriso che in questo contesto ha l’effetto di smontare del tutto quel poco di pathos che si stava cominciando a percepire.
Per finire, la colonna sonora non aiuta affatto. Una base musicale anni ’80/’90 accompagna molte scene. E se questa potenzialmente potrebbe essere un’interessante trovata, spesso finisce per risultare fuori luogo.
Se dovessi dare un voto complessivo a “Sopravvissuto – The Martian” avrei enormi difficoltà perché se da un lato mi ha entusiasmato la fotografia e la regia dal punto di vista tecnico, una sceneggiatura scontata, incapace di trasmettermi emozioni, e con qualche piccola caduta di stile (vedi comicità fuori contesto) mi ha fatto uscire dalla sala con l’amaro in bocca.
Se mi sento di consigliare la visione di questo film? Certamente sì, ma senza la pretesa di sentirsi un “Sopravvissuto”!
recemsione di di Giuseppe Sindoni

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