Traindeville: Shadows and Lights
The Music Room, 2015
Dopo il demo-CD ‘Canzoni da Viaggio’ con brani della tradizione folk, è appena uscito un album di canzoni originali ad opera del duo composto da Ludovica Valori, già con Ardecore e BandaJorona, e Paolo Camerini, fondatore dei Cyclone e delle Nuove Tribù Zulu. Si tratta di canzoni di genere ed atmosfera molto varia che rappresentano un’ulteriore apertura dei Traindeville ad orizzonti sonori più ampi, seppur profondamente legati alla tradizione folk. Brani in inglese e italiano, ma anche spagnolo e romanesco, ballate e sapori balcanici, rumba, country e irish folk si susseguono con il comune denominatore della ricerca e della voglia di raccontare il lungo peregrinare in Italia, in Europa ed in India dell’instancabile coppia di viaggiatori sonori.
Tra i brani maggiormente rappresentativi ci piace segnalare l’aperutra di The Traveller, in cui sono evidenti i rimandi all’esperienza di vita tra i bambini di Goa, poi l’originale cover in chiave unplugged di Love Will Tear Us Apart dei Joy Division, protagonista Fabio Magnasciutti leading vocalist degli Her Pillow. La malinconia latina di Tiempo de Andar con un azzeccato assolo di trombone di Ludovica Valori viene seguita dalla Fatica romanesca che sembra il seguito ideale di Bolero alla Romana della BandaJorona. Malinconia e gioia di vivere, la poesia di Dorothy Parker e l’urgenza di viaggiare come tema ricorrente ed imprescindibile ci portano alla title track, quasi un manifesto programmatico dei Traindeville, le cui atmosfere acoustic indie rock annunciano che è giunto il tempo di spiegare le ali e volare via, tra luci ed ombre nelle notti scure e splendenti di una vita non ordinaria in cui cercare la luce del sole dietro le nuvole. Il disco si chiude con Memoria, un insolito e altamente significativo brano-collage dedicato alla Resistenza ed alla lotta per la Liberazione, Mai come oggi è necessario ricordare e far ricordare uomini, donne ed avvenimenti che hanno fondato la nostra storia repubblicana.
Un disco importante, ben suonato, denso e sincero, emozionante e significativo, che verrà presentato prima all’estero il prossimo 19 giugno in Lussemburgo, nell’Auditorium ARCA di Bertrange e il 21 in Germania, a Homburg, nell’ambito della Festa della Musica.
Per maggiori info anche sulle successive date italiane www.traindeville.com www.facebook.com/traindeville
Abbiamo avuto il piacere di incontrare i Traindeville nella loro casa-studio all’ombra della torre Capocci, ecco il resoconto della nostra chiacchierata.
S.: Disco ‘fatto in casa’, parliamo di questa scelta…
P.: Abbiamo organizzato un home studio, per poter gestire le cose in maniera più rilassata e meno asettica, con gli altri musicisti che ci sono venuti a trovare ed hanno inciso qui da noi, avendo la possibilità di riascoltare con calma i brani senza dover troppo guardare all’orologio. Molti brani sono nati nelle stanze o negli spostamenti durante i nostri viaggi e ricondurci a quelle situazioni ci ha consentito di catturare meglio lo spirito che aveva dato origine alle idee delle singole canzoni, allontanandosi dalla ritualità della sala di registrazione più convenzionale.
S.: Da cosa nesce l’idea di un CD autoprodotto, come pensate di gestire la diffusione e la distribuzione del vostro album?
L.:Ogni disco ha la sua genesi e la sua storia. Noi per questo lavoro abbiamo scelto la strada dell’autoproduzione: ci troviamo a navigare nell’ambiente musicale da tanti anni e la nostra esperienza ci ha fatto capire che in questo momento di crisi ma soprattutto di grosso cambiamento nel campo discografico e più in generale dell’industria musicale, di messa in discussione dello stesso supporto CD, in cui già l’etichetta stessa a cui proponi il tuo lavoro ti fa ben presente che ogfgi i CD non si vendono, gli artisti, grandi o piccoli che siano, fanno spesso da soli, e si veda a tale proposito l’enorme crescita del crowdfunding nel nostro ambito, anche da parte di artisti importanti e conosciuti,(i Gang, oppure Barbara Eramo ndr). C’è un problema di ridiscussione dei canali di distribuzione dei supporti. Se devo andare da un’etichetta e portare un lavoro che ho già prodotto a mie spese e la prima risposta che, non a torto, ricevo è “non possiamo farti arrivare nei negozi”. A questo punto, come si dice, fatto trenta, faccio trentuno, visto che l’etichetta se mi produce poimi fa comprare i dischi e alla fine qual è il mio guadagno? Inoltre la tecnologia ci consente di fare da soli anche la distribuzione; noi utilizzeremo ad esempio CD Baby, uno dei possibili e più diffusi siti creati allo scopo, con offerte molto vantaggiose. Questa scelta comporta oltre ad essere compositore ed esecutore, anche imprenditore, cosa che trovo interessante e stimolante.Si evita così il rischio per cui ti ritrovi in una bolla, oppure tra le nuvole, mentre credo che sia importante per gli artisti stessi controntarsi con il cambiamento in corso, non è vero che la crisi è solo crisi, può essere anche uno stimolo, per arrivare anche pià preparati al momento in cui il CD sparirà, esisterà solo la distribuzione digitale, oppure tramite chiavette, chi lo sa?
S.:Fermo restando che la vostra intensa attività live vi potrà permettere di utilizzare il concerto come occasione per vendere il vostro album, come avviene per molte band che da tempo vendono più CD nei concerti che tramite negozio...
P.:Infatti ormai il disco va considerato una specie di biglietto da visita, che fai per venderlo ai concerti, dove è diverso, il pubblico magari non va più nei pochi negozi rimasti, ma poi se gli è piaciuto il concerto è più motivato ad effettuare l’acquisto, quasi a testimonianza di una serata da ricordare, suggellando il momento in cui il pubblico incontra il musicista e lo apprezza comprandone il CD (tra l’altro pagandolo anche meno ndr).
L.: A tale proposito abbiamo deciso con questo nuovo album di unire al CD alcuni oggetti abbinati alla vendita, come ad esempio un album di disegni da colorare, per adulti e bambini. Questo album raccoglie i disegni e gli schizzi da me effettuati in maniera estemporanea in fase di missaggio del disco, ispirati quindi alle atmosfere dei brani e quindi strettamente connessi col disco. In questo modo la persona che assiste al nostro concerto può conoscere la nostra storia in vari aspetti e se ne torna a casa non solo col supporto fonografico ma con alcuni alrri ‘accessori’ che in un certo modo completano il nostro racconto. Sia Paolo che io siamo anche artisti visuali, veniamo da esperienze di pittura, lui viene dall’istituto d’arte io sono grafica ed illustratrice, quindi rendere la nostra proposta più completa e non limitata alla sola canzone, ma estesa all’esperienza che c’è dietro la canzone.
P.: Oggi chiunque può fare un disco, la tecnologia consente di realizzare in casa un prodotto che non ha nulla da invidiare a molte produzioni con anni di carriera alle spalle. Ovviamente il live poi può meglio determinare il livello artistico della proposta e questa serie di ulteriori supporti (disegni, poesie) può ulteriormente marcare la differenza. Non escludo di ritirare fuori miei vecchi disegni di tanto tempo fa, legati ad un mio studio specifico sul segno legato al suono, che penso possa essere interessante proporre dopo tanti anni, riuscendo tra l’altro a non soggiacere a determinate regole del mercato e dare maggiore spazio alla creatività.
S.: Parliamo meglio di cosa dice questo album, quale musica contiene…
L.: E’ un disco poco in italiano, il progetto è nato durante il nostro lungo soggiorno in India, dove nei tanti concerti effettuati laggiù ci venivano chiesti più pezzi in inglese che in altre lingue, quindi è venuto da sè che la maggior parte dei brani sia stata composta in inglese. Poi ce n’è uno in romanesco, così le radici sono salve, uno in italiano ed uno in spagnolo, per finire con un collage di memorie (il brano conclusivo si intitola appunto Memoria Ndr) che rappresenta la nostra parte “resistente”, ovvero la nostra parte che si occupa della memoria di Roma, della Resistenza: ci teniamo moltissimo a questo aspetto, che fa davvero parte di noi, La scelta dell’inglese, come già detto non è stata studiata o deliberata, infatti i nuovi brani che stiamo ora componendo sono fatalmente in italiano, avendo trascorso tutto l’inverno qui. A Goa ci siamo confrontati con persone di tutte le nazionalità, quindi era inevitabile che all’epoca cantassimo (e quindi componessimo) maggiormente nella lingua con la quale ci esprimevamo. Il fatto di cantare in varie lingue è una nostra prerogativa, La canzone a volte ti arriva con un certo ritmo, sia io che Paolo componiamo molto basandoci sul ritmo, e per certi ritmi funziona magari meglio il dialetto, o più in spagnolo, quindi non è che siamo poi tanto noi a decidere, poi ovviamente se sono sei mesi che ti trovi in Italia è più probabile che il brano venga fuori in italiano.
P.: Poi ho la fortuna che Ludovica canta in molte lingue diverse….
L.: Non so quale scrittore affermasse che ogni nuova lingua che impari è un’anima in più che acquisisci, ed io lo trovo molto vero, anche se poi non parlo tutte le lingue in cui canto, ma mi piace molto entrare in anime diverse, anche se alcune fanno parte delle mie radici, il romanesco, lo Yiddish perché mia nonna era ebrea; per me si tratta di aprire nuove porte, non ci piace essere confinati in un’unica lingua, etichettati sotto un unico genere musicale, anche se questo a volte ci crea dei problemi, non sapendo in effetti cosa rispondere alla domanda “che musica fate?”. Folk, ma anche un po’ indie, il disco ha anche dei momenti molto rock, come ad esempio nella cove di un brano dei Joy Division (Love Will Tear Us Apart, NdR), che fanno parte comunque della nostra tradizione, soprattutto di Paolo…
P.: Infatti a livello compositivo, pur avendo anch’io un retroterra folk, soprattutto con le Nuove Tribù Zulu che hanno anche basi più rock, la mia estrazione mi porta su altre strade, Ludovica rappresenta invece l’anima più strettamente folk..
S.: A tale proposito mi domandavo come nascono i vostri brani, se cìè una suddivisione dei ruoli, chi scrive i testi, ecc.
P.: I testi li scrive sempre Ludovica…
L.: Ma con una supervisione da parte di Paolo, o comunque con una revisione fatta insieme; ci sono delle canzoni che arrivano proprio così, altre su cui abbiamo lavorato di più, con un suo contributo al testo per aggiungere cose, rinforzare concetti…
P: spesso si parte da un mio giro di basso, oppure dalla fisarmonica, spesso in India è avvenuto così, registriamo al volo con un portatile poi ci domandiamo, di che cosa deve parlare questo brano e a volte succede che le nostre idee coincidano ed entrambi abbiamo pensato allo stesso argomento ispirato da una melodia o più in generale ad una base musicale, ci troviamo spesso in sintonia anche sul tema del testo, che poi viene elaborato da Ludovica.
S.: Trovandoci a ridosso del 25 aprile, sono molto incuriosito dal brano finale…di cosa si tratta e cosa significa per voi la trasmissione della memoria, visto che molti dei testimoni diretti sono scomparsi o destinati a scomparire a breve tempo…
L:Inizio il discorso riferendomi ad una nostra esperienza di un paio di anni fa: ci capita di comporre anche colonne sonore di film e documentari,e abbiamo partecipato a questo progetto che si chiama ‘Bimba col pugno chiuso’, una bellissima intervista ad una partigiana, quasi centenaria, Giovanna Marturano che l’anno scorso ci ha lasciati, un personaggio meraviglioso che ha reso questa nostra partecipazione particolarmente bella e significativa; questo documentario ha vinto dei premi e continua a partecipare a vari festival, a dimostrazione dell’importanza del discorso sulla memoria.Le nuove generazioni vogliono sapere, non è vero che non siano interessati, va però raccontato in un certo modo, non in maniera scolastica: la vera sfida è proprio questa. Man mano che i testimoni diretti non ci sono più sta a noi raccogliere questi racconti e riportarli di nuovo in vita, un po’ come avviene con le canzoni folk, quando andamo a recuperare un brano della tradizione romana, o balcanica oppure klezmer, noi lo interpretiamo, rinnovandola ed evitando un discorso troppo filologico, piuttosto uniamo la nostra esperienza a quella che ci ha preceduto e che ci va di rivitalizzare, reinventando la tradizione.Il brano in questione è un collage che unisce brani radiofonici dell’epoca, da Radio Londra a Radio Bari Liberata, iniseme ad un’improvvisazione nata in occasione un reading fatto in una celebrazione di un Giorno della Memoria, di cui questa improvvisazione di contrabbasso con l’archetto e trombone faceva da introduzione. Abbiamo provato a dare al brano una connotazione ancora più forte utilizzando questi frammenti, proprio per evidenziare il ruolo importane svolto all’epoca dalla radio, ruolo che ritengo tuttora molto importante, grazie alle nuove tecnologie , creando un’unione tra pasato presente e futuro, per questo guardiamo alla radio con particolare interesse, è un veicolo ancora molto forte di divulgazione e comunicazione. Tornando al brano, sarà interessante e stimolante riproporlo dal vivo, dobbiamo ancora decidere come, probabilmente a partire dalle commemorazioni previste a fine maggio/inizi di giugno presso il Museo della Liberazione di via Tasso.
S.: A proposito di spettacoli dal vivo, prevedete la presentazione del CD, qualche showcase già programmato nelle prossime settimane..
P.: La programmazione dei locali in vista della stagione estiva va ormai esaurendosi, per la promozione vera e propria nsiamo di muoverci in maniera più intensa dopo l’estate, possibilmente con la partecipazione dei musicisti che hanno collaborato all’album, a partire da Adriano Dragotta al violino, il chitarrista Emiliano Maiorani, che suona anche con gli Evi Evan, poi il percussionista e batterista delle Nuove Tribù Zulu Roberto Berini, grande amico sin dai tempi del liceo artistico…
L.: Poi gli Her Pillow, miei vecchi compagni di strada, con i quali ho suonato per tanto tempo, ospitando Fabio Magnasciutti che canta il brano dei Joy Division, ed è stato divertente rifarlo in versione acustica,,sempre rock, ma con fisarmonica ed il bouzuki di Roberto Magnasciutti. Il tutto tra marzo 2014 buttando giù le prime idee tornando dall’India, poi dall’autunno scorso fino a poco fa per completare il lavoro. Il disco riporta molta della polvere delle strade che abbiamo calpestato in questi anni, una specie di diario di viaggio, non solo in India, ma a Berlino, in Polonia e la musica trasuda le nostre esperienze e le influenze che abbiamo assorbitto e rielaborato, rimescolandole e ‘ruminandole’ nel tempo per arrivare al risultato finale.
Recensione, foto e intervista di Fabrizio Forno